Tra i tanti tifosi nerazzurri che non hanno mai smesso di credere nelle potenzialità di Christian Eriksen, ne va menzionato uno assolutamente speciale come Evaristo Beccalossi. L’ex centrocampista dell’Inter, che ha parlato sul numero di questa mattina de La Gazzetta dello Sport in edicola, ha ammesso di aver sempre avuto fiducia nei mezzi del trequartista danese, anche quando lo scorso dicembre veniva praticamente data per scontata la sua cessione, sia per bocca dell’ad Beppe Marotta che del tecnico Antonio Conte. Ma il Becca, a tal proposito, non ha mai avuto alcun dubbio: “Mai perdere la fiducia in Eriksen”.
Beccalossi, ma se a Natale le avessero detto che a marzo Christian sarebbe stato l’uomo della svolta?
“Anche lì ci avrei creduto ma, lo ammetto, è stato un percorso accidentato: il suo valore non poteva mai essere messo in discussione, ma erano evidenti anche le difficoltà di inserimento. Io vedevo da subito grandi qualità, ma non mi capacitavo del fatto che non riuscisse a tirarle fuori. Adesso sono uno dei più felici perché amo i giocatori di qualità come lui: servono al calcio e all’Inter. In fondo, era soltanto questione di tempo…”.
In cosa lo vede diverso ora?
“Nei dettagli. Mi spiego meglio: del derby di Coppa Italia non deve restarci negli occhi il gol su punizione — quel colpo lui ce l’avrà sempre –, ma la festa di tutti attorno a lui. C’è il senso del gruppo su cui lavora così tanto Conte, la spinta dei compagni perché Christian tornasse al top. Anche da questi particolari, psicologicamente, si riesce a trovare la strada giusta. Purtroppo giocava e gioca in un San Siro vuoto: se fosse stato spinto da 70mila persone, tutto sarebbe stato più facile per lui”.
Qualche straniero con cui ha giocato ha fatto un percorso simile a quello di Eriksen?
“Era un altro calcio, con ben altra pressione, ma anche campioni come Herbert Prohaska o Hansi Müller avevano avuto qualche problema all’inizio. Quindi, perché stupirsi adesso del periodo di adattamento di Eriksen?”.
Ma è stato Christian che si è avvicinato a Conte o Conte che si è avvicinato a Christian?
“È stata la vittoria del lavoro e della professionalità, di tutti. Lui si è inserito meglio: ha capito quale percorso fare, ha preso autostima, superato la timidezza iniziale e imparato la lingua. Ma Conte e il suo staff sono stati eccezionali: hanno lavorato sulla testa, sulla tattica, sulla fiducia. Il calcio non è la playstation, serve sempre pazienza per raccogliere risultati”.
Quanto lo hanno aiutato, invece, le difficoltà di Vidal?
“Con soli 11 non si va da nessuna parte, quindi servirà anche lui quando tornerà dall’infortunio… Ma partiamo da un presupposto: quelli bravi giocano prima o poi, a prescindere dagli altri. Non è un caso che ora sia così partecipe e integrato in un centrocampo a 3 in cui tutti sanno fare quasi tutto”.
Ieri era sul mercato, oggi è titolare. E domani cosa sarà?
“È destinato a crescere ancora: vedrete che arriveranno più gol, per esempio. Anzi, voglio augurargli una cosa: che possa ricevere presto l’abbraccio di un San Siro pieno. Gli farà venire i brividi e sentire sempre più sua la maglia che indossa”.
Vede ancora insidie per lo scudetto?
“Tutti sanno che dovranno stare con i piedi per terra. Conte, Oriali e giocatori così sul pezzo sono la garanzia per i tifosi: l’Inter non allenterà la tensione fino all’ultimo secondo. E di questo percorso ora Eriksen è meritatamente protagonista”.
Dica la verità: si rivede un po’ nel danese talentuoso?
“Per l’amor del cielo. Io ero un fantasista di un’altra epoca, ma lui è molto più completo, anche fisicamente. Serve nel giro palla e anche in difesa perché occupa sempre la posizione giusta. Solo sulle punizioni, forse, il Becca potrebbe competere…”.
Le ultime sulle scelte dei due allenatori
Ecco le designazioni della prossima giornata di Serie A
L'attaccante canadese lascerà il Lille
L'attaccante canadese si libera a costo zero