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Bergomi: “A fine carriera non sapevo cosa fare. I giovani di oggi sono svegli, ma devono avere pazienza”

E’ sempre molto interessante ascoltare i racconti e gli aneddoti dello zio Beppe Bergomi. L’ex difensore dell’Inter, oggi opinionista e telecronista per Sky Sport, è intervenuto in diretta su Instagram con l’AVC Vogherese 1919  per parlare prevalentemente di formazione di giovani calciatori, a partire dalle serie inferiori come quelle dilettantistiche. Bergomi, infatti, dopo aver lasciato il calcio ha vissuto diverse esperienze in alcuni dei più prestigiosi settori giovanili in Italia, come quello dell’Inter o dell’Atalanta. Un’esperienza che, in maniera inaspettata, lo ha coinvolto positivamente.

DOPO IL RITIRO – “A fine carriera non hai ben preciso di cosa fare, io pensavo sempre di fare settore giovanile all’Inter. Ma non è stato possibile perché la vita mi ha portato a fare una cosa che non avrei mai pensato di fare. Ogni sera ho una diretta Instagram, parlo, vado in televisione, prima parlavo pochissimo. Da quando sono in tv è iniziata una nuova carriera. Sono stato 7-8 anni senza far niente, poi mio figlio voleva giocare a calcio. Ha giocare un paio di anni all’Accademia Inter, poi ha smesso. L’allenatore ha avuto un po’ di problemi e sono subentrato io. La cosa mi è piaciuta ed è la cosa che più mi manca. Poi ho avuto la fortuna di girare un po’, soprattutto nell’Atalanta. E’ un mondo che mi piace e continua a piacermi. Allenare una prima squadra? Nei dilettanti non è possibile perché sabato e domenica faccio telecronaca. Ho avuto delle opportunità per allenare i grandi in Serie B o C, ma quello che faccio mi piace, stare in tv forse è anche una zona di comfort. Non sono mai andato oltre”.

GIOVANI – “I giocatori di oggi sono più svegli ma hanno un difetto, vogliono tutto subito. In campo invece bisogna avere pazienza, questo lo dico ai ragazzi di oggi che sono maturi e svegli. Ma devono essere bravi ad andare dentro e tirare fuori il loro meglio, ma devono avere pazienza e aspettare il loro momento. Io dico sempre ai ragazzi: ‘Ma giocare a calcio è un sacrificio?’. Perché per me non è un sacrificio. Per raggiungere un risultato però devi fare fatica, altrimenti non ci riesci. Far fatica e giocare di squadra, è la cosa più importante”.

CORONAVIRUS – “Se noi in questo momento vogliamo fare le cose, abbiamo le potenzialità per farlo. Come il ponte Morandi, o il nuovo ospedale a Milano. Abbiamo delle difficoltà, ma dobbiamo prendere i momenti di difficoltà come possibilità per crescere”.

MONDIALI – “Le mie lacrime a Francia ’98? Il calcio è emozione e le emozioni non le puoi trattenere. Sapevo che sarebbe stato il mio ultimo Mondiale ed è andata così. Si chiudeva il mio percorso con la maglia azzurra. Auguro a tutti di indossarla, dà delle emozioni uniche, sentivo di andare in battaglia contro gli altri. Ogni volta che andavo in Nazionale dovevo prendermi tanto tempo per recuperare, perché davo davvero tutto”.

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Antonio Siragusano

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