Bergomi: “Vi spiego cosa c’era dietro il sorriso di Conte a Bologna. Inter, ora servono 3 acquisti mirati”
L'ex difensore ha individuato tre ruoli che andrebbero ancora rinforzatiUna volta proseguito il percorso che potrebbe portare quest’anno anno allo scudetto, secondo Beppe Bergomi l’Inter dovrà inevitabilmente cercare di pensare subito alla prossima stagione. In quest’ottica, qualora la dirigenza ne avesse l’opportunità, andrebbero messi a segno dei colpi mirati, per rinforzare in particolare tre ruoli in cui l’ex difensore vede ancora ampi margini di crescita della squadra. Innanzitutto un difensore veloce, con caratteristiche diverse dal resto dei centrali attualmente presenti in rosa. Un esterno sinistro con piede educato e abilità nell’uno contro uno, ma soprattutto un centrocampista capace di garantire tra i 6 e gli 8 gol, ciò che Vidal non ha saputo dare alla squadra in questa stagione. Queste l’intervista di Bergomi sulle pagine de La Gazzetta dello Sport:
Anche l’eccellenza si può migliorare. Pure se lo scudetto è già in tasca. O forse proprio perché lo scudetto è in tasca, è giusto pensare anche a quel che sarà.
“E sì che l’ultima giornata ha cambiato le prospettive delle squadre che sono dietro all’Inter. Prendiamo al Milan: prima della Samp poteva pensare di metter pressione ai nerazzurri. Ora la testa dei rossoneri è solo alla Champions. Ecco perché abbiamo visto Antonio Conte sorridere, dopo Bologna”.
Cosa c’era in quel sorriso?
“C’era un uomo felice perché ha raggiunto quello che per ogni allenatore è l’obiettivo massimo. Al di là del risultato, Conte ha infatti costruito un feeling totale con la squadra. Si vede un gruppo coeso, la prestazione di Ranocchia lo dimostra. Antonio è il vero valore aggiunto dell’Inter, ha coinvolto tutti nel suo progetto”.
E dove può essere migliorata questa squadra?
“Partiamo dal modulo. Non si può non pensare al 3-5-2, con Conte devi partire da lì. Non so fino a che punto la società potrà intervenire sul mercato. Ma se vogliamo rinforzare la squadra per renderla competitiva ai massimi livelli anche in Europa, credo siano tre i ruoli da ritoccare. Meglio ancora: forse è più giusto parlare di tipologie di giocatori da inserire nel contesto. Il primo: un difensore veloce. Perché permetterebbe a Conte di alzare il baricentro della squadra, provando a rischiare di più, senza esser costretto ad abbassarsi per concedere poco campo. Per carità: per l’Inter questa è una situazione comoda, tanto in Italia sa che prima o dopo il gol lo trova…ma se pensiamo all’Europa, il discorso è differente”.
E gli altri due interventi?
“Un mancino a sinistra. Perisic ha fatto bene, Young si è dimostrato tutto sommato affidabile. Ma serve uno con un piede sinistro di livello. E infine, un centrocampista con 6-8 gol nelle gambe. Un Matthäus, per capirci. Oppure, per restare ai giorni nostri, un Goretzka. Non è più il caso secondo me di pensare a Kanté. Considero Brozovic e Barella perfetti. È sul terzo nome che andrebbe fatto l’investimento. Ok, c’è Eriksen che sta lì e fa il suo. Ma per fare il salto in Europa servirebbe altro in quella zona. In Champions si gioca un calcio diverso: c’è bisogno di gente di passo, in grado di saltare l’uomo, di fare la differenza nell’uno contro uno. È un’altra storia, un altro torneo. Tutto questo, ovviamente, restando sul 3-5-2 come base di partenza. Anche se a livello internazionale si vince con la difesa a quattro…”.
Ma perché avviene questo?
“Perché la difesa a tre è in realtà una ‘cinque’. E dunque gli esterni sono più difensori che altro. Hakimi ad esempio è nella testa un difensore: va dritto, l’uomo lo salta in velocità, quasi mai puntandolo. Detto che in genere in Italia addestriamo poco l’uno contro uno…ma dove si vincono i duelli individuali? Sulle fasce, soprattutto. Giocando a quattro, gli esterni sono più liberi di cercare la superiorità numerica”.
Torniamo all’Inter. L’asse portante della squadra è formato da giocatori giovani, con un futuro davanti.
“Ed è fondamentale. Penso a Bastoni, a Barella che era già maturo quando lo conobbi ai tempi del Como, ci metto dentro anche De Vrij che è un ragazzo perbene: saranno loro a far capire ai giocatori di domani cosa è l’Inter. Ogni squadra ha il suo Dna: più stai dentro il club, più riesci a trasmettere i valori a chi entrerà nel gruppo”.
In fondo…come faceva Bergomi, no?
“Il capitano non è mica solo quello che scambia il gagliardetto…Mi è capitato con Bergkamp, con Sammer. Pure nella mia Inter c’era un gruppo portante: io, Zenga, Ferri. Ci serviva un campione per vincere. Arrivò Matthaeus, appunto”.