Bergomi si racconta: “Tonali all’Inter? Magari, può giocare ovunque. Zanetti nerazzurro da subito”
L'ex nerazzurro racconta alcuni particolari legati alla sua carriera e la sua personale esperienza con il CoronavirusIn diretta su Instagram insieme al comico nerazzurro Giacomo Ciccio Valenti, l’ex bandiera dell’Inter Beppe Bergomi ha parlato della sua esperienza con il Coronavirus e del suo ricco passato con i colori della Beneamata.
CORONAVIRUS – “Ho avuto i sintomi da Coronavirus. Adesso la fortuna è che ho gli anticorpi, ma non ti proteggono al 100% perché il virus muta. Non ho avuto paura però, perché non avevo tosse né febbre alta. Il test venti giorni fa ha detto che sono stato positivo. Guarito? Sono stato in ballo un po’ di tempo, ma non stavo bene. Poi dopo nove giorni il dolore è andato via, ma per 20-25 giorni non sono stato bene”.
SOPRANNOME – “Chi l’ha inventato? Giampiero Marini. La prima volta che sono entrato nello spogliatoio avevo sedici anni, mi siedo vicino a lui. Mi chiede: “Ma quanti anni hai?”. Gli rispondo: “16”. E lui mi fa: “Sembri mio zio”. Mio fratello aveva i baffi e scelsi di tenerli già da piccolino. A 13 anni vinsi il premio di miglior giovane di un torneo, ma per il mio aspetto mi controllarono la carta d’identità due volte”.
NAZIONALE – “Prima della finale di Spagna ’82, mi si avvicina Marco Tardelli e mi dice “Guarda che domani devi marcare il biondo”, ovvero Rummenigge. Sapeva già che avrei giocato, mancava Antognoni, mi disse: “Tu preparati bene”. Giancarlo però voleva provare, sia al mattino che al pomeriggio. Alle cinque però ho saputo che giocavo. Per me è un amico, è un buono”.
BEARZOT – “Il ct era come un padre per me. Anche dopo il Mondiale dell’82 continuò a convocarmi, anche se poi andavo in tribuna. Ricordo un particolare: faccio gol contro l’Ascoli, faccio un’esultanza un po’ esagerata. Poi in Nazionale mi disse che dovevo esultare diversamente, perché gli avversari stavano retrocedendo”.
AVVERSARI – “Con chi mi sono menato in campo non è mai scoppiata un’amicizia. Una volta in campo si poteva fare qualcosa in più rispetto ad oggi con VAR e telecamere. Van Basten è stato il più forte in assoluto che ho marcato. Ma era uno tosto, ti buttava la sabbia negli occhi e partiva”.
COMPAGNI – “Il più forte in squadra con me? Matthaus, aveva una mentalità vincente. Diceva quando si vinceva e quando avrebbe fatto gol. Quello che ha fatto Ronaldo però e la sua tecnica in velocità non l’ho mai visto fare a nessuno. Il primo anno di Ronaldo è stato incredibile. Al primo allenamento, partitella, stop di petto, sombrero, e pallonetto a Pagliuca. Poi era di marmo: gli rimbalzavi addosso. Simoni ci diceva: “Siete tutti uguali, tranne uno. Ronaldo”. Incredibile”.
WEST E CENTOFANTI – “West se era concentrato non ce n’era per nessuno. Però poteva anche far falli da rigore, espulsioni, episodi così. Prima di andare in campo leggeva un pezzo della Bibbia a voce alta. La notte faceva dei casini mai visti: urlava, discuteva, era sempre al telefono. Lo confinammo nel vecchio salone del cinema di Appiano, così poteva far tranquillamente casino lì. Centofanti era un bel personaggio”.
ZANETTI – “Al primo allenamento, facciamo possesso palla e lui non la perde mai. Passaggi sempre perfetti, non sbagliava un colpo. Lì ho pensato: “Questo è davvero forte”. Ha cominciato sin da subito a capire il dna dell’Inter”.
BARELLA E TONALI – “Futuro capitano? Sì, potrebbe esserlo. Ci piace molto e ci piacciono gli italiani. Ho letto di Tonali: se lo prendiamo… Può giocare in tutti i ruoli del centrocampo ed ha un grande cambio di passo”.
PAPÀ BERGOMI – “Purtroppo mio padre è volato via quando avevo sedici anni, ero a Lipsia a fare un torneo giovanile. Nelle mie preghiere ci parlo, lo saluto la sera prima di addormentarmi. Ai Mondiali, quando suonava l’inno, il pensiero andava sempre a lui”.
Anche Conte in questo momento, con Eriksen in rosa, deve evolvere questa squadra.
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