Boninsegna: “I miei 70 anni ed il ruolo di amante tradito”
Sono 70 per Bonimba, 70 anni per la leggenda dell’Inter e della Nazionale Italiana che, in occasione del suo compleanno, ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport.
Si parte subito con i ricordi legati agli anni trascorsi sui manti erbosi: “Ho subito tanti tradimenti dall’Inter. Ad esempio, dopo essere cresciuto nell’Inter sono sul punto di esordire in prima squadra a Bergamo nel 1963. Herrera però, schiera Di Giacomo ed io vengo mandato in prestito dal Prato, in serie B. A fine stagione torno, sperando di restare, ma Allodi mi spedisce al Potenza. Nel frattempo, l’Inter vince tutto ed io soffro perché avrei potuto essere lì”.
Per Bonimba, tuttavia, non è ancora giunto il momento di tornare alla base: “Dopo Potenza mi mandano al Varese, questa volta in A, ed esordisco contro l’Inter. Dopodiché sono al Cagliari di Scopigno, un’esperienza bellissima. Finiamo secondi nel 1969, ma Scopigno mi dice che è necessario sacrificare uno tra me e Riva. Quest’ultimo non vuole muoversi e, quindi, parto io, ma ad una condizione: solo se torno all’Inter. Mi accontentano”.
Una volta tornato a Milano, “mi sento felice e Corso ripete che con me la Grande Inter avrebbe potuto vincere di più. La gioia più grande è il gol in rovesciata contro il Foggia, nel giorno dello scudetto del ’71. Siamo negli anni della famosa lattina di coca-cola che mi colpisce in testa a Moenchengladbach e della finale di Coppa dei Campioni persa contro l’Ajax di Cruijff. Stava finendo un ciclo, ma io sarei rimasto tutta la vita”.
Inaspettato, tuttavia, arriva quello che Boninsegna chiama secondo tradimento: “Mentre sono in vacanza a Viareggio, Fraizzoli mi telefona per dirmi che mi ha ceduto alla Juve. Io mi rifiuto categoricamente, ma alla fine vado. All’epoca non si poteva rifiutare. Credo c’entrasse Mazzola perché tutti i grandi erano andati via tranne lui. All’inizio è stata. Trovo compagni coi quali ci eravamo menati per anni, ma poi con i gol tiro tutti dalla mia parte, anche i tifosi. In fondo andò meglio a me che ad Anastasi, passato all’Inter al mio posto e poi finito all’Ascoli, perché con la Juve vinco due scudetti e una coppa Uefa. Io sarei rimasto ancora, ma ormai mi ero stancato, perché Trapattoni mi lasciava sempre in panchina. Non ho mai compreso le sue scelte e, ancora oggi, non gli perdono la panchina a Bruges nella semifinale di Coppa dei Campioni del ?78. Stiamo perdendo, ma mi fa entrare soltanto nei supplementari e siamo eliminati”.
Oltre al mondiale perso in finale contro il Brasile, un grande rimpianto: “Non aver mai allenato l’Inter. Per 13 anni ho guidato la nazionale di serie C, lanciando tra gli altri Abbiati, Toldo, Montella, Di Biagio, Toni. Forse sono destinato al ruolo di amante tradito, ma nessun problema: sono sempre interista, anche se non faccio nemmeno l’osservatore. Con Moratti, due anni fa, avevo avuto tre colloqui per fare il team manager. Vengo convocato in sede e mentre sono nei pressi di Mantova, la sua segretaria mi dice che non può più ricevermi. Da allora non l’ho più sentito”.
In conclusione, una considerazione sul nuovo corso dell’Inter: “Col recupero di Milito si può sperare nel terzo posto, altrimenti l’Inter è da quarto-quinto. Thohir? Mi sembra un mistero. Non si può pensare che Ventola venga considerato l’interista preferito”.