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Bordon e la sua “maledizione”: i miracoli di Mönchengladbach

Spesso si pensa ai portieri, in particolare quelli del passato, come personaggi istrionici e un po’ “matti”. Dei leoni coraggiosi e spericolati per buttarsi tra le gambe di attaccanti molto più possenti e spregiudicati rispetto a quelli attuali. A volte però anche tra i grandi del passato ci sono state delle eccezioni importanti, basti pensare a Dino Zoff. Anche l’Inter però ha avuto un grande portiere timido e silenzioso: Ivano Bordon.

La carriera di Ivano Bordon non è stata semplice, partita in salita: basti pensare che dovettero passare ben 11 derby di Milano, avete capito bene, UNDICI, prima che potesse esultare per una vittoria nerazzurra. Tanto forte tra i pali quanto, per alcuni, fragile, si dice che piangesse spesso sotto la doccia, a partita finita, dopo gli inevitabili errori che un portiere commette in una lunga carriera.

Insicuro e non molto abile nelle uscite, almeno a inizio carriera, il giovane Bordon si trasformava tra i pali, tanto che i compagni finirono per soprannominarlo “Pallottola” per come schizzava da una parte all’altra della porta. Eppure, quel portiere timido ed un po’ fragile, dai “nervi di vetro”, regalò una delle più magiche notti europee all’Inter post Herrera. Una notte che, paradossalmente, per lui fu forse una maledizione.

Siamo a Berlino nella stagione 1971-1972. L’Inter, che l’anno prima ha vinto lo Scudetto grazie ai veterani rimasti della Grande Inter e ad un magico Boninsegna, sta facendo un ottimo cammino europeo. Arriva fino in semifinale contro il temibile Borussia Mönchengladbach, squadra dominante in Germania.

I tedeschi sono una delle squadre più forti d’Europa, la cui stella era Gunter Netzer, centrocampista totale e tra i più vincenti della storia della Germania. La prima andata si gioca in Germania e non andò benissimo. Stiamo infatti parlando della famosa “partita della lattina” in cui una lattina colpi Boninsegna alla testa mentre stava per battere una rimessa laterale. Subito i giocatori del Borussia fecero sparire la lattina rilanciandola sugli spalti. Mazzola chiese a gran voce la sospensione della gara con in mano una lattina presa da dei tifosi italiani, ma l’arbitro fece riprendere il gioco.

I nerazzurri però, innervositi e forse certi di poter ottenere la partita a tavolino, smisero di giocare. Il Borussia banchettò sull’Inter, vincendo 7 a 1, con gli ospiti che persero anche nel finale Jair per infortunio e Corso per un presunto calcio all’arbitro, terminando in 9. Peppino Prisco però affilò gli artigli e preparò il ricorso in tribunale per l’episodio della lattina, riuscendo a far cancellare il 7 a 1.

Niente match a tavolino però: la gara si doveva rigiocare, questa volta a Berlino, non a Mönchengladbach. Prima però c’era da giocare la partita a San Siro e, questa volta, senza lattine di mezzo, fu tutta un’altra storia. L’Inter dominò e vinse 4 a 2. Non era fatta però: bisognava resistere di fronte ad 85 mila tifosi indemoniati in quel di Berlino. Invernizzi fece una scelta azzardata per la porta. Fuori il veterano Lido Vieri, colpevole di almeno 3 dei sette goal del Borussia nella partita annullata, e dentro un giovane ventenne semi sconosciuto, Ivano Bordon. Bordon, tra l’altro, veniva dall’ennesimo Derby perso, in cui aveva preso un goal evitabile su tiro di Rivera. Insomma il biglietto da visita non sembrava dei migliori.

Eppure in quella notte, il portierino dai nervi di vetro, scoprì a sorpresa di averli d’acciaio. Il Borussia attacca a testa bassa, tira di continuo da ogni posizione. L’Inter è in enorme difficoltà, complici squalifiche e infortuni. Eppure Ivano resta indomito, impassibile. Il ragazzino para tutto e in ogni modo: in presa, in tuffo, di pugno. Compie due miracoli ancora oggi difficilmente spiegabili su Muller e Wittkamp. Poi però la possibile svolta: al minuto 85 rigore per i padroni di casa.

Se quel rigore entrasse, potrebbe essere la fine: difficilmente l’Inter riuscirebbe a contenere l’assalto finale del Borussia. Eppure quella è la notte perfetta, i nerazzurri non devono preoccuparsi. Bordon quella notte ha deciso di travestirsi da Superman. Finge di puntare a destra per far abboccare l’attaccante tedesco Sieloff, poi si lancia a sinistra e para anche il calcio di rigore, portando l’Inter in finale di Coppa dei Campioni contro l’Ajax.

Una notte magica per il giovane Bordon, che viene portato in trionfo dalle leggende della Grande Inter. Una notte che però, così luminosa e perfetta, non si ripeterà più. Ivano fece una gran bella carriera, d’altissimo livello, migliorando in ogni fondamentale e arrivando anche a giocare in Nazionale, ma quel picco clamoroso di rendimento non lo raggiungerà più. Anzi, diventerà un peso, un macigno, per certi versi. Tutti a ricordargliela e a chiedergli perché da lì in poi si limitò ad essere “umano”, un signor portiere, certo, ma che parava “solo” il parabile. Una notte da sogno che diventò incredibilmente una maledizione per “l’ignoranza” della gente: non si può essere sempre perfetti. Eppure non tutti lo capiscono. Forse, a volte, è meglio fare una papera in più che una gara tanto perfetta. Forse, col senno di poi, Ivano si è pentito di aver parato anche quel rigore.

Eppure, al di là delle critiche, Bordon all’Inter ha fatto una signora carriera, mostrandosi portiere affidabile, tra i migliori e più completi nella storia del club. In nerazzurro ha giocato 388 partite, di cui 281 in Serie A, vincendo due Scudetti, nel ’70-’71 e nel ’79-’80, e due Coppe Italia, nel ’77-’78 e ’81-’82. Bordon ha ancora tutt’ora il record di imbattibilità tra i pali nerazzurri, con 686 minuti senza subire reti nella stagione del secondo Scudetto vinto. Nel 1983 lasciò i nerazzurri (con la dirigenza che, per evitare andasse alla Juventus, lo illuse sul possibile rinnovo fino all’ultimo) andando a giocare alla Sampdoria, vincendo un’altra Coppa Italia. Resta inoltre, seppur con ruoli diversi, uno dei pochi a poter vantare di aver vinto 2 Mondiali con l’Italia. Nel 1982 da secondo dell’inossidabile Dino Zoff e nel 2006 come membro dello staff dei portieri. Una carriera lunga e prolifica per un portiere galantuomo, serio e fedele. Un numero uno non solo in campo, ma anche se soprattutto nella vita, dove si è sempre contraddistinto per la correttezza.

 

Pietro Magnani

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