Cambiasso: “Coronavirus? Dobbiamo essere ottimisti. Al Real per inseguire un sogno”
L'ex centrocampista nerazzurro si racconta in diretta su Instagram toccando diversi temi nel suo raccontoIn una diretta su Instagram, l’ex centrocampista nerazzurro Esteban Cambiasso ha scelto di raccontare alcuni particolari della sua carriera, parlando nello specifico delle maglie indossate senza trascurare l’emergenza legata al Coronavirus.
CORONAVIRUS – “Bisogna essere ottimisti e sperare che il peggio sia passato, speriamo che i numeri possano migliorare. Non sappiamo quando uscire di casa, quando si ricomincerà: ci sono un sacco di incognite per ora”
REAL MADRID – “Sono andato alla ricerca di un sogno, abbandonando la mia zona di comfort per il Real Madrid. Difficoltà? L’aspetto personale: non è più o meno difficile allenarsi in un club o nell’altro, ma è farsi la valigia e partire, lasciando tutto, per inseguire un sogno. Fu il primo grande passo della mia carriera. Giocammo il precampionato in Asia, in venti città in pochi giorni. Iniziò a vedersi l’aspetto commerciale nel mondo del calcio, paragonabile solo agli sport americani. Era un’esperienza differente rispetto a tutto”
ALLENATORE – “La verità è che ho sempre pensato anche al punto di vista dell’allenatore, molte volte, anche a sedici o vent’anni. Credo sia naturale, anche perché è qualcosa che hai sempre sotto gli occhi. Dopo essermi ritirato ho studiato per diventare allenatore, preparandomi tra corsi e pratica. Il primo corso l’ho fatto all’Inter, poi all’Olympiakos. Poi mi chiamò José Pekerman per il Mondiale 2018 con la Colombia. Ho iniziato nelle migliori condizioni possibili: con lui ho un ottimo rapporto, è tra i migliori secondo me. In molti hanno lavorato con lui nel suo corpo tecnico. Il Mondiale è come un Master, dormi tre o quattro volte a notte per pensare a come migliorare il club. Poi ho scelto di fermarmi per il Uefa Pro Master ed in questo momento ho il certificato più alto per allenare”
BASKET – “Il basket ha occupato una parte importante quando ero piccolo, fino ai quattordici anni. Credo anche che come sport mi abbia dato tanto sia in termini di visione di gioco sia soprattutto di tempismo sul pallone. Resta uno sport importante per me”
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