FOCUS – Dalle “Cinque giornate di Milano” alle sei giornate nerazzurre: il bilancio della nuova vecchia Inter
Campionato Inter
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Dalle Cinque giornate di Milano all’insurrezione dei tifosi nerazzurri dopo la doppia débâcle Cagliari-Fiorentina il passo è breve. Sono passate, infatti, soltanto sei giornate e il clima in casa Inter è piuttosto infuocato. Sembra essere già arrivato il tempo delle sentenze e dei processi.
Da un momento all’altro, come una tempesta che si manifesta in una giornata con quaranta gradi all’ombra, puntuale è arrivata la bufera in corso Vittorio Emanuele. Senza preavviso, quando le indicazioni del campo sembravano essere orientate in un’altra direzione, invece, ecco il disastro.
Troppo facile fare i conti con gli impegni (se tali possono essere considerati) europei. Troppo facile guardare i 12 gol fatti e la porta inviolata in EL quando gli avversari si rivelano davvero niente più che un allenamento lontano dalle mura di casa e, nonostante ciò, sono stati messi in condizione di essere un pericolo (si ricordino i match contro Dnipro e Qarabag). Le lievi difficoltà di quelle partite sono state per fortuna solo un primo campanello d’allarme, suonato a più non posso nelle ultime uscite e che continuerà a riecheggiare almeno fino alla ripresa delle attività. I tifosi aspettano una reazione forte, nel risultato ma soprattutto nell’atteggiamento, che faccia fede ai “comandamenti” appesi sui muri della Pinetina.
La stagione è iniziata sotto i migliori auspici: finalmente un mercato dinamico per quanto low cost, un’organizzazione della stagione che da tempo non si vedeva, chiarezza negli obiettivi e solo una piccola sbavatura per non aver coperto meglio il parco attaccanti. Nessuna grande promessa, se non quella del lavoro per tornare a sentire la musichetta dell’Europa che conta. La partenza delle concorrenti con il freno a mano tirato e l’inizio da imbattuti e con una sola rete subita nelle prime quattro partite aveva lasciato ben sperare tutti coloro che attendono il ritorno della Beneamata tra le big italiane, gli stessi che domenica sera erano inferociti per l’orrenda prestazione della squadra di Mazzarri. San Siro non è mai stato un ambiente facile e paziente, ma una cosa è certa: c’è sempre stato nel momento del bisogno, specie quando si trova ad essere immagine di un popolo troppo desideroso di riscatto dopo anni bui. Tuttavia, la sosta arriva nel momento più giusto a metabolizzare tutti gli errori e le ingenuità commesse: c’è bisogno di staccare un po’ la spina dall’ormai celebre #MazzarriVattene (che puntualmente riprenderà tra una decina di giorni), ma allo stesso tempo c’è la voglia di rivedere subito all’opera i nostri ragazzi, per capire se saranno capaci di cacciare gli attributi e vincere col cuore e l’orgoglio.
Non bisogna essere catastrofici e non bisogna buttare tutto, perché le note positive ci sono: i giovani su cui si è deciso di puntare molto (vedi Dodò, Kovacic, Icardi) rispondono bene e i nuovi acquisti sembrano essere stati azzeccati in pieno. Però 8 punti in 6 partite restano pochi, pochi per una squadra che ambisce al gradino più basso del podio e pochissimi per una squadra col calendario come quello dei nerazzurri. Torino, Sassuolo, Palermo, Atalanta, Cagliari, Fiorentina: non di certo partite impossibili, almeno quattro nettamente alla nostra portata. Invece no. Si è passati dallo strapazzare il Sassuolo all’essere strapazzati da Cagliari e Fiorentina. Una cosa è certa: la squadra che nelle prime quattro uscite aveva subito solo 1 gol è la stessa che, ahinoi, nelle ultime due ne ha presi ben 7. Pertanto, si potrebbe ipotizzare che il problema di questa squadra sia mentale. Quello che più sembra mancare, infatti, è la reazione quando si va sotto, la voglia di spaccare il mondo e far vedere a tutti che si può cambiare la storia di una partita in qualsiasi momento, facendo prevalere la aggressività sulla tecnica.
La squadra è sinonimo di gruppo nelle vittorie e nelle sconfitte, ma lasciate che esprimiamo i giudizi su alcuni singoli, su coloro che si sono comportati meglio e quelli che, invece, hanno deluso le aspettative. Sicuramente tutti si aspettano molto, molto di più dal vecchio Nemanja, arrivato per diventare un baluardo della retroguardia. Ci dispiace dover sottolineare diversi errori individuali del serbo, che ha alternato prestazioni maiuscole a gaffe clamorose. Ma, probabilmente, è tutta questione di adattamento ad un calcio diverso dalla Premier League. Tutti attendono il ritorno alla forma migliore di Don Rodrigo, un tassello fondamentale per l’undici di Mazzarri, un giocatore di un’intelligenza tattica fuori dal comune, capace di associare il gol alla fantasia, ai movimenti, all’imprevedibilità, quella che purtroppo è mancata. E, soprattutto, tutti vorrebbero sapere che fine ha fatto quel trequartista brasiliano che incantava gli spalti dell’Olimpico: stiamo parlando del Profeta Hernanes, apparso finora solo l’ombra di quel giocatore arrivato a gennaio per l’importante cifra di 20 mln circa. Non può mancare nell’elenco anche Yuto Nagatomo: la concorrenza sugli esterni è tanta, ma la sua ingenuità nel match col Cagliari di più. Un’ingenuità che un Capitano (in quel match aveva la fascia) non può permettersi, o meglio che all’Inter non siamo abituati a vedere dal Capitano…
A proposito di esterni: è da qui che iniziano le note liete. Dodò è sicuramente uno dei migliori terzini sinistri degli ultimi anni. Si è deciso di investire su un giovane, bravo tecnicamente e atleticamente, che non sarà il Maicon dei bei tempi ma che comunque si sta rivelando una pedina importante per WM. Con ritardo sembra essersi svegliato anche D’Ambrosio, il goleador europeo di questa Inter. Sicuramente i problemi di Jonathan hanno giovato al laterale campano, che con i gol decisivi in campo europeo sembra aver trovato la sua dimensione. Cosa dire di Handanovic? Quando il portiere è uno dei migliori, significa che le cose non vanno tanto bene. Tanti ottimi interventi, due rigori parati, si è messo in mostra specialmente nelle ultime due disfatte evitando un peggiore passivo. Medel: quello che il Meazza vuole vedere è lotta, grinta, sudore fino all’ultimo. Il cileno ha subito risposto presente e ci ha messo pochissimo per diventare il beniamino del popolo nerazzurro. Uno che alla garra abbina una elevatissima percentuale di passaggi riusciti. Kovacic: sono arrivati i gol, mentre il talento c’era già. Il popolo nerazzurro aspettava lui, probabilmente l’unico del centrocampo nerazzurro ad essere capace di non dare punti di riferimento agli avversari. Icardi: è sbocciato definitivamente e si sta prendendo l’Inter con i suoi gol da centravanti puro. Con più supporto farebbe ancora meglio. Osvaldo: il capocannoniere dell’Inter in campionato. Accusato di essere incostante, discontinuo e testa calda ha risposto con i gol e si è fatto trovare pronto quando è stato chiamato in causa, cosa tutt’altro che semplice quando sei al corrente di non aver il posto assicurato e che davanti ti parte un ragazzino.
Quello che emerge dai nostri giudizi è che, nonostante siano più i promossi dei rimandati, la squadra nel complesso non funziona. Probabilmente è proprio questo che manca: il carattere di insieme e non soltanto individuale. L’esperienza di trascinatori come Vidic e Palacio potrebbe dare una seria svolta alla stagione dell’Inter. Perché si può parlare ad oltranza di quello che i giovani possono dare a questi colori, ma l’esperienza dei più anziani non si può sostituire e può far girare le partite più di un tacco del 20enne Mateo o di un golazo del 21enne Maurito.
Ci sembra doveroso spendere, infine, due parole sul timoniere di questa Inter, Walter Mazzarri. Il mister non vive un momento facile, è accusato da gran parte della tifoseria di non aver saputo dare un gioco alla squadra, una sua identità, di aver impostato un credo troppo difensivo, di essere in balia degli avversari in ogni partita. I numeri degli ultimi incontri non sono sicuramente dalla sua parte: gli innesti sul mercato ci sono stati e ora sta solo a lui riuscire a tirare fuori il massimo dai suoi giocatori. Lo spirito combattivo del tecnico di San Vincenzo può essere la salvezza sua e soprattutto della squadra. In questo periodo di pausa si dovrà lavorare, oltre che sugli schemi tattici, sulla testa, sulla mentalità, sulla cattiveria agonistica che non si è vista in queste prime sei di campionato. Siamo solo all’inizio e c’è il tempo per migliorare, per risalire la china e lottare per tornare in Champions. Ma servirà una strigliata, una di quelle sonore, che faccia ricordare ogni istante a chi la indossa il valore della maglia della Beneamata, una compagine abituata a far soffrire i propri supporters ma allo stesso tempo a regalare grandi emozioni, nel bene e nel male, pur sempre con il cuore in campo, a volte anche più dei piedi buoni.
Giuseppe Santangelo Follow @PeppeSantangelo