22 Dicembre 2017

Capello: “Zhang è un comandante, intende dominare. L’Inter sarà una grandissima squadra…”

L'attuale allenatore dello Jiangsu ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de La Repubblica

Fabio Capello, attuale allenatore dello Jiangsu, è stato intervistato da La Repubblica ed ha trattato diversi temi, tra i quali anche l’Inter di Zhang. Ecco le sue parole:

Zhang è il proprietario del Jiangsu ma pure dell’Inter…
«Alt. Io e il presidente non abbiamo mai parlato dell’Inter. Ma un’idea me la sono fatta».

Ce la racconta?
«L’Inter sarà una grandissima squadra. Lui ha intenzioni magnifiche, è un uomo che intende dominare, è un comandante vero, stando qui ho avuto la possibilità di incontrarlo spesso e ogni volta è stata importante».

Le ricorda il primo Berlusconi?
«Berlusconi era più fantasioso, aveva una visione da sognatore. Zhang è molto concreto. Ma anche molto duro: è uno che se ha una critica da farti te la fa, è martellante nel farti arrivare le proprie idee, ma sempre con uno sguardo costruttivo. Esci da un colloquio con lui e anche se ti ha strigliato, ti senti arricchito perché hai capito la lezione».

Capello, che ricordi ha del Natale passato in ritiro?
«Un anno, giocavo nella Roma, l’appuntamento per il raduno era all’una di notte del Capodanno all’Hilton. Quella volta il mitico massaggiatore Minaccioni arrivò in ritardo prendendosi una ramanzina: aveva fatto tardi perché era usanza tirare la roba vecchia dalle finestre e le strade erano invase dai cocci. Bucò tre o quattro gomme della macchina: “Mortacci loro”, urlava per tutto l’albergo. Adesso al massimo prenderebbe un mortaretto».

Lazio-Fiorentina all’Olimpico, alle 21 del 26 dicembre. Un boxing day all’italiana che però ha fatto arrabbiare tutti. «È sbagliato l’orario, alle 21 è troppo tardi, significa uscire dallo stadio a mezzanotte, col freddo, con tante persone che il giorno dopo lavorano. Come si fa? Se si decide di giocare in un giorno festivo, bisogna anticipare, aiuterebbe la gente».

È il business…
«Vero, comandano le tv. Ma gli orari vanno studiati, e so che c’è chi lo sta facendo per trovare le migliori collocazioni non solo per la pubblicità. In Inghilterra però l’ultima partita del boxing day si gioca il pomeriggio, importante sarebbe non solo copiare ma migliorare la copiatura. Sennò fai come quelli che all’Università scrivono un libro copiando dal collega».

A ridosso di Natale c’è anche Juve-Roma, che è un po’ la sua partita. Chi vince?
«Sono tornato dalla Cina da 15 giorni, vedere tutte le partite lì è impossibile: bisognerebbe svegliarsi alle tre e mezza di notte. Sospendo il giudizio, voglio prima farmi un’idea».

Come si trova in Cina?
«È stata una scelta voluta. Volevo rispondere sul campo a chi mi accusa di aver allenato solo squadre che potevano vincere il campionato. Invece ho preso il Jiangsu Suning che era penultimo, abbiamo chiuso il girone di andata con 8 punti, in quello di ritorno ne abbiamo fatti 23. Ci siamo salvati con tre turni d’anticipo: esaltante».

Come vincere uno scudetto?
«Una tensione persino superiore. Anche perché le qualità dei singoli, in fondo alla classifica, non ti permettono di sperare nella giocata individuale, non puoi inventarti nulla. Ma abbiamo centrato l’obiettivo. Era una cosa che volevo, un punto d’orgoglio».

Crede che l’Italia l’abbia capita la lezione dopo l’esclusione dal Mondiale?
«Che tristezza. Ma credo che per il calcio italiano possa essere il punto di svolta».

In che senso, scusi?
«Per iniziare a fare qualcosa di diverso, cambiare il ritmo delle cose, che ormai da anni erano sempre le stesse. Non può esserci uno solo che decide, serve un gruppo di persone capaci che conoscano il calcio e lavorino insieme. Qualcuno che voglia perseguire gli interessi del calcio italiano e della nazionale. E non interessi personali».

A chi si riferisce di preciso?
«Dico solo che ci vuole una figura manageriale. In Inghilterra sono stati i primi a vendere i diritti tv in oriente e volevano la diretta di tutte le partite: ci vuole gente con idee e visione d’insieme».

Per la parte sportiva invece si fanno i nomi di Maldini, Costacurta…
«Per le questioni agonistiche, sono i nomi giusti. Ma senza sottovalutare il ruolo di figure con competenza commerciale: l’unica via per valorizzare il prodotto».

Dicono che per la panchina della nazionale invece qualcuno avesse pensato a lei. «Non lo farei mai, ho smesso».

Ma è stato chiamato?
«In ogni caso, sono in Cina».

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