15 Giugno 2020

Cercasi esterni per l’Inter, il gioco di Conte passa da lì

A centrocampo il top player è arrivato a gennaio, la scorsa estate in attacco, e sulle fasce?

Avere una mentalità, uno stile riconoscibile e perché no, avere delle fissazioni, può essere importante. Antonio Conte, allenatore dell’Inter, si sa, gioca molto con gli esterni. Il suo punto debole se vogliamo. Una delle sue prime creature fu il Bari, con la promozione in serie A nella stagione 2008/09. Il modulo era il 4-2-4. Tanta corsa sulle fasce e tecnica in attacco al potere. Con l’arrivo alla Juventus, inizialmente il gioco rimase pressoché lo stesso, per poi cambiare virando sulla difesa a 3, con due unici esterni. I terzini diventavano ali e viceversa, per riunirsi in unico ruolo.

All’Inter, Conte ha portato questa sua idea. La difesa a 3 e il gioco sugli esterni. Sulle fasce il tecnico salentino ha dovuto fare affidamento principalmente su Biraghi, Candreva, Lazaro e Asamoah nella prima parte di stagione. Complici l’infortunio del ghanese e la partenza dell’austriaco, a gennaio la società ha operato per portare Moses e Young in squadra. Un vero padrone per le corsie laterali non è stato trovato, e così è da anni ormai. Un problema per chi fa del gioco sulle fasce una prerogativa. Nelle ultime stagioni i terzini più ricordati sono Cancelo e andando ancora più indietro Maicon e Zanetti. Per il resto totale confusione. E il numero elevato di nomi in questi ruoli ne è la prova.

Per ripartire l’Inter ha investito, e continua a farlo, tra attacco e centrocampo. Che sia arrivato il momento di dare una vera e propria scossa anche sugli esterni? Un ruolo tanto bistrattato ultimamente quanto difficilmente colmabile con nomi di alto livello. Marotta e Conte in un solo anno hanno riacceso quell’appeal che all’Inter serviva per tornare ad avere campioni in squadra. Eriksen ne è la prova. A Conte inizia a non bastare il “compitino” in difesa. Sembra non servire più la scorribanda sulla fascia, con tiro alla cieca in porta. Manca il giocatore che salta l’uomo o il “regista esterno”. Per il salto di qualità serve forse qualcos’altro?

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