L’Inter, dopo il mezzo passo falso con la Sampdoria, torna a vincere in campionato, arrivando quindi con il vento in poppa alla sfida di Champions League di mercoledì contro il Porto. Ecco, come di consueto, le 5 cose che abbiamo imparato dalla partita di ieri sera.
Lukaku è ancora in “riabilitazione” dopo il lungo infortunio che ne ha pregiudicato la stagione. Big Rom, pur lontano anni luce dal giocatore che avevamo conosciuto nella prima parentesi a Milano, sta carburando e, pian piano, migliorando. I segnali incoraggianti ci sono, ma più che fisicamente, l’impressione è che Romelu vada recuperato psicologicamente.
Lukaku sembra avere paura di forzare la giocata, sensazione confermata dal rigore, dove, di solito sicuro e spavaldo, non ha nemmeno guardato in faccia Silvestri, tenendo sempre la testa bassa. Un sintomo piuttosto evidente delle sue insicurezze che, si spera, possano pian piano svanire aumentando minutaggio e, si spera, goal segnati.
La fase difensiva resta a tratti imbarazzante. Quando la squadra attacca e viene saltato il primo pressing, l’Inter si apre come una scatoletta di tonno, concedendo occasioni clamorose agli avversari. La pecca, che era particolarmente evidente in trasferta, ora si sta vedendo anche in casa. E non solo quando la squadra perde o pareggia e il caos diventa l’unico modo per tentare di riprendere il risultato (“metodo” che funziona più per la qualità dei singoli che altro), ma addirittura quando vince.
L’azione del pareggio dell’Udinese è irreale. Sempre lo stesso errore: sulla palla persa da Lukaku c’erano Brozovic, Dzeko, Dumfries, Dimarco e Mkhitaryan sopra la linea della palla. Come si fa a concedere, sopra di 1 a 0, un contropiede 3 contro 4 su azione manovrata? C’è qualcosa che non va in tutta la fase difensiva di squadra, non solo nel reparto arretrato. Inzaghi ne parla da mesi, ma non si è mai trovata una soluzione concreta: qualcosa evidentemente non quadra.
Finalmente l’Inter ha una alternativa a centrocampo che possa dare qualcosa in più che cartellini, proclami e palloni persi (ogni riferimento a Vidal è puramente voluto). Finalmente i nerazzurri hanno un “dodicesimo uomo” coi fiocchi, sia che parta titolare che dalla panchina. Mkhitaryan unisce esperienza e classe, dando alla squadra esattamente quello che gli serve, che sia un interditore, un rifinitore o un goleador. Personalità da vendere e non solo a parole.
Darmian ha fatto e sta ancora facendo cose straordinarie all’Inter. Contro ogni previsione tra l’altro. Ma il goal preso ieri prova che l’Inter ha bisogno di centrali di ruolo, non adattati. Certo, lo svarione sull’1 a 1 è stato di squadra, non del singolo. Ma la frittata la completa Darmian, chiudendo centralmente una zona già presidiata e lasciando completamente solo contro Handanovic Lovric. Un errore grossolano, figlio di un ruolo non suo. Darmian dove lo metti sta e fa tutto piuttosto bene, ma non può eccellere da braccetto di difesa.
Un segnale che dovrà cogliere soprattutto la società: per sostituire Skriniar, non basterà certo Darmian o un altro terzino arretrato. Serve un difensore vero, di ruolo, per tappare il buco.
Brozovic ha fatto una partita onesta, con qualche pallone perso di troppo ma dignitosa. Però va detto che, al momento, Calhanoglu è un’altra cosa. La squadra con lui in campo gira che è un piacere, va molto più veloce e le occasioni fioccano. Il suo ingresso ha dato nuova linfa ai nerazzurri che non ha caso hanno dominato il finale di gara e vinto la partita. Grintoso, sicuro e propositivo, è più offensivo del croato, spingendosi in avanti con criterio anche quando gioca in posizione di regista arretrato. Verticalizza più rapidamente, fa meno tocchi “inutili” e ha una visione a lungo raggio maggiore.
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