Clari (GdS): “Spalletti prendi nota, così non va. A Bergamo più che un semplice campanello d’allarme”
La squadra nerazzurra è stata letteralmente dominata sul piano del gioco e dell'aggressività dall'Atalanta dell'ex GasperiniSulle colonne de La Gazzetta dello Sport, il giornalista Valerio Clari cerca di individuare le cause del pesante ko rimediato dall’Inter ieri all’Atleti Azzurri nel lunch match della dodicesima giornata di A contro l’Atalanta.
Dominio bergamasco – “Sono stati 45 minuti di spie che si accendevano all’unisono, nella macchina interista. E 45 minuti di concerto che avrebbero attirato l’attenzione di chiunque. Gosens alle percussioni, Zapata agli assolo di tromba, il Papu Gomez con un rumoroso triangolo. L’Inter è stata rintronata, più che risvegliata, ma Spalletti ha preso nota. All’ultima partita del ciclo, fra una sosta e l’altra, la squadra nerazzurra ha ceduto di schianto. Troppi giorni dall’1-1 col Barcellona, troppi cambi nelle rotazioni quasi-scientifiche per pensare a scorie fisiche: un «passo falso» mentale, quasi prevedibile dopo una serie di vittorie consecutive. I cali di tensione sono l’avversario più temuto di ogni allenatore impegnato sul doppio fronte. Spalletti fino a ieri aveva fatto percorso netto: solo vittorie dopo la rimonta col Tottenham, dopo il sacco di Eindhoven, dopo la sconfitta del Camp Nou. Alla quarta, qualcosa è andato storto”.
Campanello d’allarme – “Certo, ci sono i meriti dell’avversario, ma un’Inter almeno accettabile avrebbe potuto perdere, non essere travolta così. Non è suonato un semplice campanello d’allarme, a Bergamo. E allora quell’allarme va lasciato suonare, in queste due settimane che separano da Inter-Frosinone. Perché dopo i ciociari arriverà un altro ciclo, questo sì davvero terribile: a Londra col Tottenham, a Roma coi giallorossi, a Torino con la Juve, col Psv quando possono essere in ballo gli ottavi: 14 giorni, 4 big-match, 3 trasferte. Il coefficiente di difficoltà aumenta, ma lì forse la tensione si terrà alta da sola. L’Atalanta non era abbastanza? Le grandi squadre non fanno differenze. È il passaggio più difficile, ma l’Inter deve farlo, per crescere davvero”.
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