De Vrij: “Scudetto? Non ho paura a dirlo. Conte mi vuole più cattivo, vi spiego perché subiamo meno gol”
La prima parte della lunga intervista rilasciata dal difensore olandeseChissà se starà facendo gli scongiuri in questo momento Antonio Conte rileggendo l’intervista Stefan de Vrij pubblicata questa mattina in edicola da La Gazzetta dello Sport. Il centrale dell’Inter, come il compagno Arturo Vidal (del quale ha parlato nella seconda parte dell’intervista), non ha avuto paura a pronunciare la parola scudetto, nonostante fin qui il tecnico leccese quasi l’abbia bandita dal suo vocabolario. Evidentemente, nonostante la strada rimanga ancora in salita, all’interno del gruppo sembra proprio che la consapevolezza della propria forza sia cresciuta. Vediamo così la prima parte delle parole pronunciate da de Vrij:
De Vrij, le piace essere considerato un nuovo “The Wall”?
“Sì, mi piace. Non avevo un soprannome prima in Olanda… Tra l’altro, quando sono arrivato a Milano, nel mio video di presentazione costruivo un muro. Ho avuto la fortuna di parlare con Samuel un paio di volte per qualche evento: è una brava persona e un difensore fortissimo”.
A inizio stagione il muro non era altissimo: troppi gol presi. L’avete corretto solo cambiando modulo o è scattato qualcosa nella testa?
“Entrambe le cose. Si vede che in campo siamo diventati compatti come squadra e questo rende più facile tutta la fase difensiva. Facciamo molta meno fatica per difendere e quindi subiamo molto meno”.
Skriniar-De Vrij-Bastoni è ormai una cosa sola: è lei che aiuta gli altri a giocare a tre?
“Io aiuto loro, ma anche loro aiutano molto me… Siamo un reparto unito e affiatato: ci troviamo bene anche fuori dal campo e questo aiuta. In questo modulo si difende in una maniera differente, con altri concetti, che ormai abbiamo chiari in testa”.
Volete essere la SDB, la risposta alla BBC juventina?
“Sarebbe ‘SVB’, visto che il ‘de’ del mio cognome è solo un articolo. In realtà, queste sigle sono lontane da noi, non ci influenzano. Noi tre non dobbiamo guardare troppo agli altri, pensiamo solo al nostro. E cerchiamo di essere la versione migliore di noi stessi: questo ci chiede il nostro allenatore”.
A Verona ha fatto 100 presenze in nerazzurro. La più bella e la più dolorosa?
“La gioia più grande il derby vinto in rimonta, quello del 4-2, in cui ho segnato dopo aver fatto gol anche l’anno prima: un’emozione incredibile. La ferita è la finale di Europa League persa col Siviglia: a volte ci ripenso, ma subito dopo penso anche che non ha senso tornare là con la testa. Ciò che è stato è stato e dalle sconfitte si può solo imparare”.
E cosa avete imparato dall’eliminazione in Champions?
“Qualcosa in Europa è evidentemente mancato, in tutto il percorso non è bastato ciò che abbiamo fatto in campo. Abbiamo lasciato qualcosa per strada, per esempio il non aver segnato contro lo Shakhtar. Ma anche in questo caso è inutile tornarci troppo su”.
Ma non è che l’Inter è troppo italiana e poco europea?
“No! Stavolta è andata male, ma non perché ci manchi qualcosa per giocare la Champions. L’approccio nostro è uguale indipendentemente dalle competizioni. Avremmo voluto proseguire in Europa, ma ora cercheremo di fare bene in Coppa e campionato: il fatto di poterci concentrare solo su questo può diventare un vantaggio, ma dipenderà solo e soltanto da noi”.
Lei la parola ‘scudetto’ la pronuncia o si morde la lingua come Conte?
“Tutte le parole sono ammesse nel mio vocabolario, anche ‘scudetto’ (ride, ndr). Ma come è inutile guardare troppo al passato, è inutile anche guardare troppo in avanti. Ora siamo lassù e lassù vogliamo arrivare alla fine. Come riuscirci? Vincendo ogni partita, a cominciare dalla prossima”.
In cosa è diverso Conte dagli allenatori avuti finora?
“La bellezza della vita e del calcio è che ognuno è diverso: io ho imparato da tutti i miei tecnici. Conte è un vincente, riversa sulla squadra la sua stessa voglia e cerca di sfruttare tutto il potenziale che ognuno di noi ha dentro. Batte su quello, trasmette passione e mentalità. A me dice che sono troppo buono e che a volte dovrei essere più cattivo: anche grazie a lui su questo aspetto ho fatto dei passi in avanti”.
D’accordo con Conte quando parla di un ambiente interista un po’ negativo?
“La negatività rimane fuori dai cancelli perché dentro siamo uniti, concentrati sull’obiettivo e lasciamo stare quello che si dice di noi”.