EDITORIALE – Animo, Javier!!!
di Gianluigi Valente
Caro Javier,
troppo spesso abbiamo detto che un segno evidente di quanto sia negativa questa stagione ci arriva dalla famosa pioggia che continua a cadere incessante su un suolo già bagnato. E non ci stancheremo mai di ripeterlo, oggi più che in altri giorni. Noi interisti, lo sai, abbiamo sempre preferito le emozioni forti alle parole pompose, e in questo sei sempre stato in linea con noi: tanti chilometri macinati, come dici tu, con le stesse gomme e la stessa maglia, una infinità di momenti negativi ma anche di gioie, un saliscendi continuo, senza però mai parlare troppo, senza mai una parola fuori posto o un rancore espresso; solo amore sconfinato verso i colori che indossi da ormai diciotto anni. E così quest’oggi anche noi non vogliamo perderci fra mille parole per commentare la più classica delle ciliegine marce su una torta andata a male da tempo: lo scherzo del destino che nessuno degli appassionati di calcio si sarebbe mai aspettato.
Hai sempre dato l’impressione, anche ai tuoi avversari, di essere invulnerabile e la realtà, capitano, è che per ogni interista lo sei davvero. Non ce ne voglia il tuo maledetto tendine d’Achille, al quale rivolgiamo un caloroso e affettuoso saluto, ma non basterà un crac per metterti ko, nemmeno a quarant’anni. Lo crediamo perché i vincenti sono quelli che hanno già combattuto e stravinto le loro battaglie mentalmente, prima ancora di averle iniziate sul campo. D’altra parte anche i medici sostengono che quando l’infortunato ha un atteggiamento positivo verso la riabilitazione, il problema viene superato molto meglio e più in fretta del normale. Sappiamo che sarà così.
Per la verità lo sapevamo già alle 15.20 di ieri pomeriggio: ti abbiamo immaginato nello spogliatoio, con l’armatura e pronto ad affilare le tue lame per ripartire ancora. Ma non vogliamo fare i tonti e per questo non possiamo negare il brivido che ha calcato in quel momento i nostri corpi, protesi verso gli schermi, come è tipico di chi sta assistendo a un evento unico e irripetibile: tu, a terra, con le mani sul volto e nel bel mezzo di una smorfia di dolore. Un tempo eravamo abituati alle tue smorfie, capitano. Quelle dei tempi bui, dei 5 maggio, delle sconfitte in coppa, degli scudetti persi. E quelle, forse, facevano più male. Ma è proprio perché c’eri in quei momenti che è stato ancora più bello vederti piangere di gioia per i grandi successi. Eri commosso come un bambino durante la notte di Madrid, così qualcuno scrisse di te: “Zanetti: troppe delusioni, ecco perché strappava alla sua anima tantissime lacrime“. Consolati capitano, fra vent’anni non ci ricorderemo delle lacrime di ieri, ma di altre, ben più preziose. Perché tu c’eri.
Ma ora basta parlare al passato (quando si tratta di te non ci viene proprio spontaneo!), torniamo ad oggi. Il lunedì ultimamente è sempre una giornata nera, figurarsi oggi, dopo una sconfitta e dopo il tuo infortunio. Forse ti sembrerà paradossale, ma c’è molta più speranza oggi rispetto a un qualsiasi lunedì precedente. Ora, infatti, tra tante aspettative per la prossima stagione ne abbiamo una in più: il tuo ritorno sarà un motivo per perseverare nella convinzione che il lieto fine fa parte di questo mondo. Hai una grande responsabilità capitano, ora più che mai. Ci crediamo tutti. Animo!