EDITORIALE – Buona la prima, ma è solo la prima
Di Aldo Macchi
Sorrisi, applausi, umore alle stelle. Dopo una giornata di campionato siamo primi, imbattuti, in Europa, con tre punti di vantaggio sul Milan e con una difesa che non prende gol. Tutti bravi, tutti belli: è il potere del primo giorno di scuola, quello dove fai tutti i buoni propositi, dove decidi che non farai mai secchiate il giorno prima ma studierai volta per volta, che questo è l’anno buono per diventare il primo della classe. Un entusiasmo giustificato da un rigore tecnico tattico che non si vedeva da tempo. Mazzarri nel post partita lo ha detto chiaro e tondo: “Tutto è andato come lo avevamo preparato e pensato”. Ma è giusto analizzare tutto per quello che è.
FORMAZIONE – L’11 iniziale dell’allenatore livornese vede una certa propensione alla copertura, con un solo vero attaccante, se si può considerare Palacio prima punta, e un Kuzmanovic titolare a sorpresa. Tutto questo in casa, contro una squadra che ha come obiettivo la salvezza. Ma il motivo di questo è presto detto, il primo obiettivo del nuovo allenatore dell’Inter, non era quello di vincere immediatamente, ma quello di recuperare i suoi giocatori, sbloccarli mentalmente, dimostrargli che dopo quattro mesi senza vittorie in casa, si poteva tornare ad alzare la testa, a non subire l’avversario, ma a gestire la partita con personalità e ripartenze. Sono bastati 45′ senza subire gol e senza mai soffrire davvero per dare fiducia ai suoi, per poter tornare a osare. E allora dentro Icardi, non in perfette condizioni e per questo utile a gara in corso, quando anche gli avversari potevano accusare cali di energie. Un discorso valido anche per il rientro in campo dopo lo stop in ritiro di Kovacic. Un Alvarez messo a correre nella posizione che più predilige solo nel secondo tempo, quando anche il centrocampo, con Kovacic e Taider, poteva supportare eventuali ripartenze avversarie provocate da possibili giocate sbagliate del fantasista argentino. Tutto è andato come era stato preparato, una recita, la prima di Mazzarri dove i giocatori hanno sbagliato qualche battuta, ma che, visto il risultato tondo a fine partita, dona più serenità per migliorare.
CARATTERE – Il discorso psicologico è sempre stato un cavallo di battaglia di Mazzarri fin dal primo giorno. Il suo obiettivo, prima ancora del “lavorare, lavorare e lavorare” era il parlare con tutti i giocatori della sua rosa. Un dettaglio fondamentale per instaurare un rapporto umano coi propri giocatori, quell’essere educatore oltre che allenatore proprio dei condottieri. Poi i giocatori li devi anche conquistare, non basta parlarci, e solo il tempo dirà quanto davvero l’ex Napoli sia riuscito a far breccia nei cuori dei nerazzurri. Ma vedere portati sugli scudi gente come Alvarez e Jonathan fa già capire che davvero la fiducia, il lavoro e il supporto possono giocare a favore di tutti. Per informazioni chiedere a Hamsik, dal Brescia all’olimpo degli dei Napoletani, Cavani, da attaccante che non segna mai a 60 milioni di euro, Zuniga, dalla lotta per la salvezza a Siena ad essere il giocatore più ambito del mercato italiano. Questi solo alcuni esempi di giocatori che hanno solo seguito il lavoro fatto di corsa e carattere dell’allenatore nerazzurro.
MERCATO – Il tutto fatto senza parlare di mercato, discorso sempre estraneo alle parole di Mazzarri che ha sempre solo parlato di ciò che ha a disposizione, lasciando però trasparire una richiesta di ulteriori rinforzi. Perchè anche su questo argomento è stato molto chiaro. Una vittoria, per una squadra seria come l’Inter, non basta a far cambiare discorsi e progetti in atto che mirano a successi ben più ampi. Mazzarri lo sa, vincere subito è importante, fa morale, aiuta a smaltire meglio le tossine dei carichi di lavoro pesanti, ma se si vuole andare lontano serve qualcuno che dia la svolta. Perchè di fronte c’era comunque il Genoa, una squadra che appunto ha l’obiettivo di salvarsi e non quello di entrare in Europa. Nelle prossime settimane ci saranno formazioni ben più ambiziose e lì qualche bastone tra le ruote alle partite come le ha pensate l’allenatore nerazzurro sarà più probabile. Eto’o è il nome suggestivo che riscalda i tifosi, ma non va dimenticato che è due anni che gioca un calcio ben diverso da quello italiano, con preparazioni atletiche differenti e fatte in altri periodi dell’anno. Sarà un giocatore da rieducare, così come Anelka a Torino non ha praticamente mai visto il campo dopo solo sei mesi di “calcio” extra europeo.
PAZIENZA – Così, mentre il popolo nerazzurro commosso ha salutato Stankovic e forse anche Moratti, la nuova stagione ha preso il via con una vittoria, meritata, conquistata, ottenuta e vera. Ma ora nessun proclamo, nessun fasto. Siamo la stessa squadra che le ha prese da tutti qualche settimana fa in America, la medesima che gli stessi tifosi interisti vedevano a lottare per non retrocedere. Dunque forse è il caso di parlare meno, godersi i primi passi di una realtà che sembra prendere la forma giusta ma che è troppo fragile per essere caricata di aspettative e aspettare qualche ultimo innesto di valore, che possa definitivamente cementificare l’ossatura della squadra.