EDITORIALE – Con un Medel in più
Tra tutti i protagonisti, però, ce n’è uno che ha colpito in modo silenzioso, senza scrivere il proprio nome nel tabellino né per un gol, né per un assist ma non per questo è stato meno importante, anzi. Si parla ovviamente di Gary Medel: il cileno era già stato tra i migliori contro il Torino ma contro il Sassuolo, forse non soddisfatto da quanto fatto contro i granata, ha proprio deciso di tenere completamente in mano il centrocampo, ringhiando sulle caviglie di tutti i giocatori emiliani che passavano dalle sue parti e cercando di dimostrare che, se sei un pitbull, l’ubiquità non è proprio una qualità impossibile da avere. Kovacic ha senza dubbio avuto il potere tecnico in mezzo al rettangolo di gioco ma Medel aveva in mano quello emotivo, atletico e mentale. I giocatori ospiti, dopo la prima mezz’ora, hanno infatti quasi smesso di proporre il loro fraseggio al centro, cercando di distendersi unicamente sulle fasce forse proprio per evitare di incappare nel numero 18 del Biscione, inevitabile magnete per qualunque cosa rotolasse da quelle parti (compreso un pezzo di stoffa bianca).
Il cileno non ha la qualità calcistica di Cambiasso né la sua intelligenza tattica ma ha tre volte la gamba dell’ultimo Cuchu e possiede comunque un ottimo senso della posizione, che ha veramente poco da invidiare a quello dello storico numero 19 nerazzurro (in modo anche sorprendente, se si vuole). Inoltre in quest’Inter dalla mentalità operaia e aggressiva sta benissimo, perfettamente calato nella sua parte da “cattivone” del centrocampo e di catalizzatore di sfere vaganti: tanto, che abbiano o meno un proprietario, Medel le prende comunque per sé. Il Pitbull non avrà i piedi raffinatissimi (la percentuale di passaggi riusciti è comunque ben più alta di quanto si possa pensare a un primo acchito) e l’impostazione sarà cosa sua solo in casi estremi, d’accordo, ma se il suo mestiere dev’essere recuperare il pallone il più in fretta possibile, con Kovacic ed Hernanes al suo fianco, può serenamente fare solo quello che poi, al resto, pensano i suoi compagni di reparto più affezionati.
Difensore aggiunto ma anche primo attaccante della squadra, più come attitudine, temperamento e volontà che non come movimenti (ovviamente), anche il lavoro psicologico che Medel può fare per i propri compagni si rivelerà senz’altro preziosissimo lungo tutto l’arco della stagione. Forse non ha i mezzi necessari a fare il leader tecnico della compagine, eppure il buon Gary può senz’altro spronare i suoi con una giocata che sarà sì difensiva ma talvolta può essere esaltante tanto quanto un passaggio filtrante di venti metri e, in questo modo, infondere tanta fiducia a chi sta condividendo il campo con lui. Particolarmente interessante sarà il rapporto sul campo con l’elegante quanto delicato Mateo: Kovacic, si diceva da queste stesse colonne, è un giocatore che ha bisogno di sentire le spalle “coperte” quando gioca, specie nella nuova dimensione ultraoffensiva che Mazzarri gli vuole ritagliare addosso. Ebbene, con Medel può sentirsi libero e tranquillo perché dietro c’è il Pitbull, pronto a prendere tutto ciò che gli scappi.
Se cambia la vita del numero 10, però, cambia anche quella della difesa: con un simile “lucchetto” di fronte non si può temere nulla. E capitan Ranocchia lo sa, perché contro il Sassuolo s’è concesso qui e là vari frizzi e lazzi che, in altri contesti, gli sarebbero forse costati il linciaggio. A un primo momento veniva da pensare che rischiasse simili giocate in virtù del punteggio ma, ripensandoci ora, non potrebbe invece essere che, al di là di Andreolli e Juan Jesus, il numero 23 si sentisse tranquillo guardando un cileno non molto alto che sta qualche metro avanti a lui?
Mazzarri ha avuto il mediano che ha chiesto per un anno e Medel, in cambio, ha avuto la possibilità di vestire la maglia dell’Inter. Si può infine dire che siano tutti molto felici così e chiudere la questione? Per quanto visto fin qui il Pitbull è più che degno della casacca nerazzurra. E vissero tutti felici e contenti.