EDITORIALE – E adesso… Sotto a chi tocca!
di Giorgio Crico.
Non è la roboante vittoria di domenica, non è l’unico gol subito in quattro partite (cinque considerando la Coppa Italia agostana), non è la resurrezione di Jonathan e Alvarez dalla pastoie dell’aurea mediocritas espressa fino a qualche mese fa, non è la forza di Walter Mazzarri sapientemente fatta trasmigrare dallo stesso mister ai suoi ragazzi.
Niente di tutto questo, oggi, dà al pubblico nerazzurro una convinzione nei propri mezzi che mancava da ormai due anni. Quello che veramente i tifosi dell’Inter coccolano nelle profondità dei loro cuori e che fa credere loro di essere tornati su piazza in modo forse non ancora vincente ma senz’altro convincente è la consapevolezza di avere una vera squadra: quadrata, corta, composta, compatta e precisa. Un’orchestra che finalmente funziona e l’ha dimostrato non solo contro le piccole ma anche contro la Juventus.
Questo concetto è stato magnificamente espresso dal nostro Fulvio non più tardi di ieri (in questo articolo), cogliendo l’occasione per spiegare anche gli ormai famosi sette motivi per i quali il tifoso medio della Beneamata è tornato a crederci.
Quello su cui è invece necessario porre l’accento quest’oggi, passata la sbornia della trionfale (anche se poco impegnativa) trasferta di Reggio Emilia, è quello strano sentimento conseguenza di questa consapevolezza acquisita, quella forza interiore, quella curiosità pallonara e convinta, quella fede praticamente quasi cristallizzata che fa esclamare: “D’accordo, adesso sotto col prossimo avversario. Sono proprio curioso di vedere cosa facciamo contro la Fiorentina…“. Uno stato d’animo ben differente rispetto a una sfida che solo sei mesi fa avrebbe incusso un terrore devastante e con ragione, viste l’evidente disparità tra le squadre nella classifica 2012/2013 e la lezione di calcio impartita agli allora uomini di Stramaccioni dalla Viola tra le mura amiche del Franchi.
E’ la voglia di provare a spingersi oltre, il desiderio di migliorarsi, l’anelito a confrontarsi sempre contro i migliori per capire a che punto si è e, soprattutto, per diventare sempre più forti: “Conoscere sé stessi e conoscere gli avversari vuol dire avere la vittoria in pugno” recita un antico adagio tramandato in Giappone, dove ha conosciuto grande notorietà e popolarità (quindi c’è la garanzia che anche Yuto Nagatomo conosca questa formula ma è del resto noto che il Samurai numero 55 è un combattente indomito).
Quello che pervade i cuori nerazzurri, dunque, è il tipico sentimento che spinge a voler disputare la Champions League: lottare coi migliori d’Europa per capire chi è il più forte o, se va male, quanto manca per diventarlo. La voglia di lottare. Questo è quanto maggiormente colpisce nel Biscione odierno, questo è ciò che fa sognare e ben sperare la platea nerazzurra. Ancora non è la fede incrollabile mourinhana, ancora non è la sicumera condita da una punta di arroganza manciniana, ancora non è la consapevolezza leonardesca di essere stati un po’ appannati ma pur sempre un ottimo gruppo… Solo che tutto questo ormai è finito. Ed è una buona notizia.
Il sentimento di oggi ha infatti un rimasuglio, un sapore antico, di tutte queste epoche ma è anche e soprattutto nuovo proprio perché il gruppo di quest’anno è nuovo: tanti dei ragazzi che giocheranno da qui a maggio, ormai la schiacciante maggioranza, non ha alcun legame con le vestigia di un decennio passato ai vertici e culminato nel Triplete. Vogliamo sapere se queste nuove leve sapranno far dimenticare le vecchie e riusciranno a far rinascere l’Inter come araba fenice dalle ceneri di un passato recentissimo e glorioso per giungere a un nuovo e più splendente onore?
Allora avanti, con fiducia, curiosità e consapevolezza di essere squadra temibile. Non ancora compiuta forse, ma già rispettata e temuta (eccolo che torna, il rumore dei nemici). Ma non solo domani, non solo mercoledì, non solo giovedì: bensì di domenica in domenica, di partita in partita, qualunque sia il risultato finale. Sempre e comunque.
Che si vinca o che si perda l’urlo di battaglia dev’essere: “Noi siamo l’Inter, adesso sotto a chi tocca!“.