EDITORIALE – Finalmente Ivan Perišić (non solo per colpa sua)
Torna l'appuntamento abituale con l'editoriale del lunedì, oggi dedicato all'uomo del momento Ivan Perišić. Il croato s'è preso la scena con prestazioni di altissimo livello, gol e belle giocate. Può essere che non si esprimesse così anche prima perché si sentiva privo delle certezze che invece adesso ha maturato?Talvolta capita, durante uno spettacolo teatrale, che un attore in particolare si prenda la scena: occhio di bue su di lui, gli altri in silenzio, scatta il monologo. In questi casi l’istrione è chiamato a prendere sulle sue spalle tutta la pièce perché tocca a lui sostenere la baracca. Tanto, se non tutto, del prosieguo della rappresentazione è in gioco: dovrà essere bravo nel dare intensità alla sequela di battute che gli toccano, non far calare il ritmo, dosare alla perfezione il pathos e, ovviamente, trattenere l’attenzione dello spettatore.
Traslando il concetto al campo di calcio e, specificatamente, al contesto Inter, questo è esattamente quanto ha fatto Ivan Perišić nell’ultimo mese. Il croato s’è preso di forza la scena, trascinando letteralmente i compagni. Quattro gol e un assist in altrettante partite, il bottino di gol personali aritmeticamente raddoppiato rispetto a tutto il periodo che è andato da agosto a marzo e animi dei tifosi riscaldati dopo un inizio di 2016 terrificante che aveva messo a dura prova le coronarie dei cuori nerazzurri.
Al momento Perišić sta vivendo la fase più luminosa della sua esperienza interista dopo aver attraversato ben più di un’ombra, non sempre e non solo per colpa sua. Dalle sue prime uscite in cui ha dovuto adattarsi in una posizione in cui non giocava dai tempi del Brugge (lasciato nel 2011, una vita fa calcisticamente parlando) al ritorno nella sua collocazione ideale, largo a sinistra col beneficio di inventare e svariare, dopo essere passato anche da delle occasionali sortite sull’out di destra – nel solito gioco dell’inversione delle ali che piace tanto a Mancini e a tanti allenatori attuali – e da un continuo spostamento qualche metro più avanti o indietro nel gioco dei moduli che il Mancio spesso ha provato durante l’anno (può sembrare una differenza minima ma i compiti degli esterni cambiano parecchio dal 4-4-2 al 4-2-3-1 passando per il 4-3-3).
L’ex Wolfsburg ha probabilmente patito i continui mutamenti di contesto tattico, così come non lo hanno aiutato i tanti rimescolamenti di formazione del suo attuale tecnico che, seppur tenda ad adoperarlo molto spesso come titolare, non sempre ha ritenuto il croato strettamente imprescindibile. Dopo aver faticato, però, il buon Ivan ha deciso di dissipare in prima persona i dubbi di Mancini esibendo un rendimento talmente alto che al mister jesino, ormai, non resta che farlo giocare sempre e comunque. Del resto Perišić ha dimostrato di avere delle qualità pressoché uniche all’interno della rosa, unendo una capacità di inventiva, un facilità di tiro e un senso del gol che esulano da un immaginario “Manuale del perfetto esterno”. A tutto ciò si può tranquillamente unire la sua bravura nell’interpretare il suo ruolo in modo più scolastico ed ecco ultimato il cocktail esplosivo che rende il numero 44 un giocatore unico (senz’altro nell’organico dell’Inter ma probabilmente anche a livello di Serie A).
Infatti Perišić possiede e coniuga piuttosto bene delle peculiarità più tipiche del centrocampista (la disponibilità al sacrificio in ripiegamento, il fondamentale del cross, l’ambidestria, la creatività in fase di suggerimento alle punte) con altre che invece farebbero pensare più a un attaccante (il tempismo negli inserimenti, il modo in cui “sente” la porta, la capacità di leggere le situazioni prima dei difensori avversari): probabilmente è proprio questo suo essere ibrido, quasi anfibio, a renderlo potenzialmente devastante nonché di difficile contenimento per le retroguardie avversarie.
Oltre a tutto ciò, può essere servito nello spazio, sulla corsa, ma non si perde in un bicchiere d’acqua se gli si chiede di portare il pallone a lungo in attesa che si aprano dei varchi per i compagni. Non un incompiuto che non ha ancora capito dove deve stare, dunque, ma un miscuglio riuscito bene di tante qualità che a un esterno moderno servono come il pane più qualcosa che normalmente non è in dotazione ai pari ruolo. Non che le sue qualità fossero in discussione anche prima dell’approdo in nerazzurro: per farlo stare a suo agio negli schemi della Nazionale croata e non dover rinunciare a lui Kovač costringeva il vecchio Olić a parecchio lavoro extra sulla fascia destra e il Wolfsburg stesso lo acquistò per farne un pilastro (assieme ad altri quattro o cinque) del progetto – poi realizzato – di crescita futura, raccogliendolo da un Borussia Dortmund dov’era chiuso da tanti altri giocatori per valorizzarlo e responsabilizzarlo. Manco a dirlo, Perišić ha soddisfatto nel modo migliore le esigenze dei Lupi sassoni, alzando il suo livello di gioco man mano che crescevano le ambizioni e i ris , sempre di più.
Tuttavia è anche vero che solo adesso tutto il valore di Ivan il Terribile sta emergendo in Serie A in maniera inoppugnabile e i tifosi stanno finalmente iniziando a capire quanto può essere importante un Perišić decisivo e in palla. Specialmente adesso, con Jovetić e Icardi fuori uso. Il croato, infatti, non va considerato una sorta di ciliegina sulla torta ma una pietra angolare del nuovo nucleo che l’Inter avrà nei prossimi anni (e, del resto, lui stesso muore dalla voglia di imporsi in nerazzurro facendo un ulteriore salto di qualità confermandosi quel leader tecnico che, al Wolfburg, è stato per troppo poco tempo).
Dunque lo attendiamo al varco, aspettando con fiducia che il vessillo del 44 si alzi ancora sopra tutti gli altri. A patto che, ovviamente, il Mancio continui a schierarlo sempre e nel ruolo dove si esprime al meglio…