EDITORIALE – Barbosa über alles
Il consueto editoriale del lunedì sera. Potevamo forse tacere della prima gemma regalataci dal nostro affezionatissimo Gabigol?Aaaaaaah, Gabigol. Maurizio Mosca se n’è andato troppo presto per poterlo – diciamo così – ammirare ma il tono con cui, tra ieri e oggi, ogni tifoso interista ha sospirato in maniera estremamente tenera ripensando al sapido 1-0 con cui il brasiliano ha steso il Bologna è esattamente identico a quello con cui il compianto Maurizio inaugurava il suo proverbiale: «Aaaaaah, come gioca Del Piero!».
Principalmente perché, non neghiamolo, quella del buon Barbosa è una bella storia. Se non fosse intriso di retorica un tanto al chilo, Leicester, Sassuolo e buffismi barocchi di ogni genere, si potrebbe quasi azzardare il sostantivo “favola”. E sarebbe calzante perché è la classica vicenda in cui lo zimbello della situazione diventa eroe ma senza perdere un ette della sua qualifica originaria. E il re zimbello, il re pagliaccio, il re nudo è un corto circuito meraviglioso che manda regolarmente in estasi chi ne è testimone, come dimostra l’epilogo della celeberrima I Vestiti Nuovi dell’Imperatore.
Gabriel Barbosa è lo zimbello, sì. I suoi ultimi mesi hanno coinciso con la sua trasformazione da prospetto interessante pagato carissimo a scemo del villaggio presumibilmente scarso pagato uno sproposito, qualcosa di persino peggio rispetto al classico ed elegante bidone. Hanno contribuito: una presenza sui social enormemente superiore a quella sul campo, l’alone di mistero verdeoro che circonda(va?) il suo effettivo valore nonché la sua prima parte di carriera e la crescente curiosità di vederlo in campo che è cresciuta esponenzialmente in qualsiasi tifoso via via che passavano i mesi. È diventato più di un oggetto misterioso, Gabigol è diventato lo scemo – anche se di culto – del villaggio globale nerazzurro. Do you remember Jonathan? Però peggio, vista le differenze di aspettativa e cartellino. Costato un rene (placcato in oro), la nuova sensazione del calcio brasiliano, una presentazione da colossal anni 50 con tanto di intercessore molto impegnativo (un certo Cristo, citofonare “Corcovado”) e la benedizione con corroborante sponsorship della Nike, di Pirelli e di PES. Però panchina ad libitum. Dai, fa ridere guardandola da fuori. Ma di gusto proprio.
E infatti il tifoso medio dell’Inter – capito che probabilmente il giovane brasileiro non è esattamente il nuovo Neymar – ha iniziato a ironizzare sulla questione per primo, dimostrando che, se vuole, un filo di autoironia salvifica è ancora presente tra i coronaricamente provati sostenitori del Biscione. E l’ironia s’è presto trasformata in un affetto estremamente sincero per Gabigol, creando un contesto simile a quello che si può ammirare in qualche classe delle elementari dove tutti vogliono bene al compagno vistosamente ancora indietro di cottura (come si dice a Milano), quello che ha fatto la primina nonostante sia magari di giugno e che è nettamente e visibilmente più piccolo degli altri.
Forse il buon Barbosa, adesso finalmente entusiasta di poter esibire il suo larghissimo sorriso, non ha mai capito perché sia così amato dai suoi tifosi. Così come forse non l’ha mai capito nemmeno il povero Jonny (ma, nel nostro cuore, sarà sempre Divino, ovviamente. E anche “quasi magico”). Francamente, spero che nessuno gli spieghi mai perché.