EDITORIALE – Il colpo di coda del biscione
“Colpisce sempre la palla in una maniera tale per cui è sempre bello vedere i suoi gol. E poi ne fa tanti: speriamo continui così”. Le parole al miele sono del patron Massimo Moratti: gli brillano sempre gli occhi quando si tratta del Principe, gli brillano come a Madrid o negli Emirati Arabi, e fa un po’ specie pensare che ieri, dopo una “normale” vittoria casalinga nel freddo di gennaio, gli siano luccicati allo stesso modo. In realtà il gol segnato ieri da Milito ha un sapore tutto particolare, diverso da quelli del passato; ma la sua eredità è stata un retrogusto di quelli intensi, del quale è difficile spiegare l’essenza perché tutt’ora spiegarsi certe cose non è facile. E’ stata una reazione improvvisa, un flash nel buio, di quelli che non t’aspetti, un fulmine a ciel sereno, o meglio, vista la situazione, un raggio di sole in una tempesta di pioggia: il colpo di coda della solita Inter.
La partita con la Lazio non passerà agli annali per lo spettacolo che (non) ha offerto: primo tempo difficile contro una squadra vivace e al contempo ordinata; secondo tempo con idee confuse, ma edulcorato dalla buona prestazione dei vari Sneijder, Nagatomo, Lucio e Zanetti e dal gol di Pazzini. Una rete da interpretare più come il favore di una ???? (sorte) benevola che come la logica conseguenza di una trama a lieto fine. Tutto nella norma del resto, o quasi, visto che si parla di Inter. I detrattori avranno materiale per riempire pagine e pagine, dal gioco poco spettacolare alla solita fortuna passando per i presunti favori arbitrali. Ma, come ci insegna il buon Claudio, pensare a se stessi e ammettere le proprie mancanze è il miglior modo per convincere gli altri che non saranno loro a cambiare le carte in tavola. Ranieri l’ha fatto pochi minuti dopo il fischio finale, anticipando tutti, tifosi ed esperti opinionisti, quasi a ribadire: “Siamo coscienti dei nostri problemi, ma a noi ci pensiamo… noi”.
Proprio così. Se il prezzo da pagare per veder rinascere come un’araba fenice le speranze e le ambizioni riposte delicatamente in un cassetto a settembre (ma mai sepolte del tutto!) dev’essere resistere alle accuse provenienti dall’esterno e ammettere di non essere perfetti, belli, imbattibili e scintillanti, allora siamo pronti per un minuto a chiudere le porte del cuore e ad aprire quelle degli occhi per confermare le impressioni dei più: l’Inter è una squadra con margini di miglioramento ampi quanto sono le lacune, strutturali e non, che spesso mostra in campo; ieri ne abbiamo avuto un’ulteriore conferma, e ne siamo coscienti. Ma non esprimeremo mai questa nostra consapevolezza se non accompagnata dalla soddisfazione di chi, come si diceva qualche settimana fa, vede il ritorno della primavera dopo l’inverno: soddisfazione e consapevolezza, a braccetto, come due vecchi amici che si rispettano l’un altro e che si sostengono per non cadere.
Per ora l’equilibrio regna sovrano, nonostante ci sia chi prova a destabilizzarlo. Alla fine ringrazieremo mister Ranieri, ringrazieremo un Principe già dato per finito, ringrazieremo un capitano che più passano gli anni più diventa la Storia, ringrazieremo anche un presidente che parla ancora con gli occhi lucidi quando si tratta della sua Inter. E spereremo, spereremo di non cadere o, se proprio dovessimo, di farlo solo per un colpo di coda del biscione.