EDITORIALE – Il lato umano delle stelle
Su tutto puoi scavare: tempo, speranze, passioni. Ma non sulle forme pure della vita. Queste le parole di Pier Paolo Pasolini nel suo celebre Pianto della Scavatrice, uno dei poemetti più belli di uno dei più amati intellettuali italiani che avrebbe compiuto oggi novant?anni. Il pianto della scavatrice simboleggia la trasformazione della città e il rimpianto della semplicità del passato, quello fatto di ricordi e grande umanità senza però cadere nell’arcaico o nel bucolico. Come la scavatrice pasoliniana, anche l’Inter sta lentamente distruggendo il proprio passato per creare un nuovo futuro e il cambio Cambiasso-Poli con il conseguente pianto dell’argentino è una fotografia destinata a rimanere per sempre nell’album della storia nerazzurra.
La partita di ieri oltre a sviluppare finalmente interessanti novità tecniche, verrà ricordata per le lacrime di Cambiasso e il discorso col cuore in gola di Julio Cesar nello spogliatoio, segni questi del lato umano delle stelle. Trecentotrentotto presenze, quarantadue reti, cinque Scudetti, quattro Coppe Italia, quattro Supercoppe Italiane, una Champions League e un Mondiale per Club con la maglia nerazzurra. Numeri questi che fanno venire i brividi e che hanno portato un giovane argentino scartato dal Real Madrid sul tetto del mondo. Fischiare Cambiasso è come sputare sulla maglia nerazzurra e una dimostrazione di come anche nei casi meno opportuni il pubblico di San Siro si distingua più per le critiche verso i propri giocatori che per il sostegno nelle situazioni più difficili. Cambiasso viene etichettato come rottame da due anni dimenticando che la scorsa stagione ha fatto il record di gol e che nella attuale abbia giocato tutte le partite di campionato. Se poi qualcuno andasse a vedere la carta di identità e si accorgesse che El Cuchu ha in fin dei conti ancora 31 anni ed è più giovane di centrocampisti come Pirlo, forse cambierebbe la propria opinione sulla presunta quanto menzognera inutilità del centrocampista.
Vi è da ricordare poi che nel derby e contro il Marsiglia, ossia le due più importanti partite della stagione, Cambiasso è stato tra i migliori in campo, dimostrazione questa come sia tutt?altro che un giocatore finito. L’argentino ha giocato trentacinque partite e oltre tremila minuti nonostante siamo appena all’inizio di marzo ed è normale per qualunque giocatore non reggere questi ritmi forsennati, non capiamo perché non lo debba essere anche per lui. Il cambio con Poli ha portato la linfa necessaria che serviva al centrocampo ma questo non vuol dire che è Cambiasso il caprio espiatorio a cui additare tutti i mali della squadra. La colpa nell’ostinarsi a tenere in campo sempre e comunque un giocatore che dopo trentacinque partite di fila ha bisogno di riposarsi e lasciar fuori giovani in rampa di lancia come Poli è di chi fa la formazione e quindi dell’allenatore. Anche ieri più di un tifoso nerazzurro è rimasto confuso dalle scelte del tecnico come quella di mettere Nagatomo a destra su Gomez e capire solo dopo aver subito anche il secondo gol che era meglio spostare il più esperto Zanetti su quella fascia. Se ieri il Catania avesse avuto la malizia di chiudere definitivamente la partita si sarebbe commentata l’ennesima sconfitta meritata e il fatto che a dare la svolta siano stati gli uomini simbolo come Julio Cesar rappresenta la situazione confusionale in cui vive Ranieri che però ? e gli va riconosciuto ? ha avuto finalmente il merito di provare nuove idee tattiche. Nonostante tutto l’Inter ha dimostrato di essere allo stato attuale una squadra inferiore al Catania che solo per la frivolezza degli attaccanti avversari e della mediocrità di Carrizo non ha portato a casa i tre punti. C’è poco da gioire.
Il cielo nerazzurro è pieno di stelle, forse cadenti ma sicuramente umane, e questo le rende ancora più luminose. Ma una stella anche quando cade lascia una scia luminosa ed è compito dell’allenatore fare tesoro della loro esperienza con una gestione sapiente delle forze senza cadere in un?ossessiva quanto dannosa riconoscenza, ed è dovere dei tifosi non fischiare chi li ha fatti piangere di gioia per tanti anni nelle sere di maggio. Per delle stelle che cadono ce ne sta una che invece è salita in cielo e che di nome fa Lucio Dalla. Inevitabile un personale ricordo di chi come me avendo trascorso i più begli anni della propria vita a Bologna ha avuto anche la fortuna di incontrare il cantante. Non è mia intenzione scrivere l’ennesimo epitaffio e pertanto mi limitò a ricordare la sua gentilezza e umanità immaginandolo scomparire sorridendo e cantando come sempre. Una vita che finisce ma un canto che ricomincia, non un triste finale a sfumare ma un allegro ritornello. Allegro proprio come lui e la sua Bologna.
Buon viaggio Lucio