EDITORIALE – Chi ben comincia…
Uno studio di quel che manca a questa Inter per alzare il livello rispetto a quanto visto contro l'Atalanta nell'esordio stagionale di ieri sera…è già a metà dell’opera, dice il proverbio. E chi ha scritto questa massima non era un tifoso di calcio, evidentemente: qualsiasi pallonaro del globo sa perfettamente che vincere alla prima giornata non è mai risolutivo, il campionato è troppo lungo per entusiasmarsi sulla scorta di soli 90′, i primi della stagione peraltro. È però altrettanto vero che è molto meglio cominciare con tre punti che, nel dubbio, male non fanno e che possono – quello sì – fungere da balsamo per il morale, specialmente dopo una pre-season non proprio indimenticabile: quel che alcuni giocatori dell’Inter stanno pensando adesso, probabilmente, è qualcosa del tipo “visto che poi non facevamo così schifo?” e, concedetecelo, hanno anche ragione. Un po’ perché il calcio estivo conta davvero relativamente, come non ci stancheremo mai di ripetere, un po’ perché il Biscione era palesemente un cantiere ancora aperto la cui natura finale si scorgeva con molta difficoltà: trarre giudizi un mese fa (come alcuni hanno fatto lo stesso) era un po’ come dichiarare di vedere il risultato finale di un affresco guardando al solo bozzetto preparatorio su cartone. Un filo pretenzioso, no?
Qualcosa che però non è stato del tutto nascosto dalla vittoria finale sull’Atalanta c’è ed è l’evidente problema dei nerazzurri a creare trame di gioco efficaci, conseguenza diretta del fatto che l’Inter è tuttora un cantiere aperto (al netto della condizione fisica che è crescente ma non ancora sufficiente, come nel 99% dei casi tra le varie squadre di Serie A, Juventus in primis). Vero è che gli orobici si sono difesi in undici prima e in dieci poi, occupando tutti gli spazi da manuale senza lasciare spiragli – l’unico che s’è creato è stato sfruttato alla grande da Jovetić – ma è apparso altrettanto evidente che la rosa della Beneamata non è ancora sufficientemente completa per poter garantire prima di tutto una tenuta a lungo termine fino alla fine del campionato e, in secondo luogo, manca una fonte di gioco “bassa” che possa ovviare al problema di un trequartista avulso dal gioco, che sia per una marcatura diretta asfissiante, per una giornata storta del giocatore chiamato a interpretare quel ruolo o qualsiasi altra ragione.
Inutile girarci ancora attorno, con la cessione originariamente imprevista (poi diventata irrinunciabile a causa dell’offerta fuori mercato) di Kovačić, manca un regista credibile alla rosa a disposizione di Mancini. Gnoukouri è troppo giovane per occupare quella posizione in pianta stabile e Medel – s’è scritto più volte e da più parti – è bravo a difendere e a leggere le situazioni di pericolo, molto meno a proporre gioco: urge quindi prendere in squadra un elemento che possa sopperire alla latitanza di geometrie che un centrocampo muscolare come quello visto contro l’Atalanta denuncia. Appare quindi conseguente che un Felipe Melo non basterebbe a tappare il buco, in quanto il brasiliano non ha quelle doti d’impostazione di cui il club meneghino abbisogna e, a dirla tutta, anche il fallimento alla Juventus di cui l’attuale giocatore del Galatasaray si rese protagonista qualche anno fa ebbe origine dallo stesso equivoco: Melo non è un regista bensì un buon mastino abile a coprire le spalle a una fonte di gioco vera. Il club bianconero puntò invece su di lui prendendolo per un metronomo e il progetto allora di Ferrara (poi di Zaccheroni e Delneri) naufragò miseramente, schiavo della sua inconsistenza.
Certo, ci sarebbe anche un modo per bypassare il problema, cioè decidere di rinunciare a uno sviluppo di gioco centrale e basarsi su una strategia che chiami fortemente in causa la spinta degli esterni ma anche qui la rosa dell’Inter (allo stato attuale) ha dei limiti strutturali per cui questo piano B non può essere attuato: con l’eccezione del lungo degente – probabilmente anche lunghissimo – Biabiany, di fatto mancano proprio giocatori adatti a ricoprire quel tipo di ruolo ed è palese che il solo, peraltro ottimo Perišić non potrebbe fare granché, senza un dirimpettaio. Inoltre il mercato chiuderà a brevissimo: salvo sorprese, è difficile pensare che possano arrivare i due esterni che servirebbero per mettere in pratica questo tipo di manovra.
Come se non bastasse, poi, c’è poi un altro elemento che fa pensare che una sterzata decisa verso un gioco basato principalmente sulle ali è impossibile: il possesso-palla continuo che vuole Mancini. Senza un profilo capace di smistare al meglio il pallone verso qualunque lato del campo, l’unica possibilità di sviluppare il gioco quasi esclusivamente in fascia è adottare una strategia contropedista, non proprio quello che il Mancio ha mostrato di volere, anzi, tutto l’opposto.
Dunque non si scappa: per continuare nel solco dell’idea di gioco che il tecnico jesino ha deciso di inculcare nei suoi ragazzi fin da quando è tornato ad Appiano Gentile serve un giocatore che sappia impostare. Certo, si può anche correre il rischio di rimanere senza ma bisogna allora considerare la possibilità che l’Inter rimanga in qualche modo monca e incompleta finché il “buco” non venga colmato e assistere a diverse altre gare in cui il pallone circoli in orizzontale senza che si trovino sbocchi verso la porta avversaria, senza che si creino pericoli. E non sempre c’è un Carmona che si fa espellere ingenuamente o uno Jovetić che trova il giusto varco.
Per valorizzare quanto di buono s’è visto ieri sera a San Siro e per continuare a crescere come collettivo, dunque, la Beneamata ha bisogno di ultimare (finalmente) il lavoro cominciato lo scorso giugno e chiudere il cantiere, perché i tre punti ottenuti contro i bergamaschi sono un’ottimo modo di iniziare la stagione così come il gol trovato in pieno recupero ha sottolineato la voglia del gruppo di non mollare mai e di cercare il risultato pieno fino alla fine nonostante le inevitabili gambe pesanti e la scarsa lucidità tipiche di fine agosto. Ma non può sempre bastare la buona volontà o l’iniziativa individuale per cogliere i tre punti, occorre arrivare a chiudere il cerchio dell’identità di squadra coerentemente con quanto è stato fatto durante tutta l’estate, terminando il puzzle con i pezzi giusti, quelli in grado di alzare il livello della rosa nelle posizioni giuste.
Anche perché, a ben vedere, sia la stagione agonistica sia il calciomercato sono iniziati bene, con una vittoria da un lato e con degli acquisti di primo piano dall’altro; le basi – quindi – ci sono, resta solo da completare l’opera. Al meglio, magari.