13 Ottobre 2014

EDITORIALE – L’equivoco Hernanes

Sulla strada verso l’importante crocevia col Napoli la tensione in casa Inter è parecchia: Walter Mazzarri sa che deve giocarsi il jolly per non vedere insorgere la piazza intera contro di lui, la squadra deve dimostrare di essere compatta e pronta a dare tutto per spazzare via le critiche e la società deve preoccuparsi di sostenere fino all’ultimo tecnico e giocatori perché la sfida con gli Azzurri partenopei sarà difficile e delicatissima. Non proprio le condizioni ideali per preparare una gara così importante.

Tra tutti gli uomini in rosa, però, ce n’è uno che dovrà sfruttare al meglio l’avvicinamento alla sfida del 19 ottobre perché è anch’egli nel mirino di pubblico e critica: il Profeta Hernanes. A quasi un anno dal suo arrivo ad Appiano Gentile, gli echi entusiastici della firma del brasiliano sono già un ricordo lontanissimo e l’ex numero 8 della Lazio è già sotto osservazione dopo un inizio d’anno veramente poco illuminante e piuttosto deludente, soprattutto considerando l’imponente cifra spesa appena dieci mesi fa per prelevarlo (circa 16 milioni di euro). Spento, macchinoso e poco incisivo: questo il ritratto di Hernanes nelle otto gare giocate sin qui (due entrando dalla panchina), nelle quali ha fatto registrare un gol e un assist. Un giocatore decisamente involuto rispetto a quello ammirato alla Lazio fino a un anno fa e il sospetto che Lotito abbia venduto perché consapevole che il suo Profeta stesse attraversando una fase calante senza rimedio, pensando male, viene.

Eppure il centrocampista verdeoro ha solo 29 anni, non 35, e la possibilità che il meglio l’abbia già davvero dato (perlomeno da un punto di vista fisico/atletico) esiste ma è abbastanza remota, considerando che il giocatore ha sostenuto delle visite mediche atte a saggiarne la consistenza fisica nemmeno un anno fa. Diverso, invece, il discorso tecnico. L’Hernanes attuale ha poco a che spartire con il giocatore spesso decisivo che hanno ammirato in riva al Tevere, dove in tre anni e mezzo ha firmato 33 gol e otto assist. Che sia chiaro, il Profeta non ha mai fatto della continuità di rendimento la sua bandiera più riconoscibile, da subito è stato evidente (anche nei suoi anni migliori) che ci sono giornate in cui non ne imbrocca una e, in quei momenti, c’è ben poco da fare a parte guardarlo ciondolare in campo. Ma dieci gol di media a stagione (e l’abilità sui piazzati) sono stati un buon motivo, agli occhi dei vari Reja e Petkovic, per tenere in campo sempre il brasiliano, pur sapendo che a tratti non avrebbe reso come ci si poteva aspettare e che comunque i momenti di flessione sarebbero stati minoritari rispetto alle giornate di grazia e alle buone prestazioni prese nel complesso.

Il dubbio, presente fin dal suo acquisto, non è mai stato sulla validità del giocatore in senso stretto, infatti, ma sul suo essere adatto al gioco di Mazzarri e di questa Inter. Nel 3-5-2 del mister di San Vincenzo (e ancor più nel 3-5-1-1), il brasiliano è chiamato a svolgere diligentemente entrambe le fasi e, soprattutto, a dare il meglio quando si attacca, vista la vocazione offensiva delle mezz’ali nel credo dell’allenatore nerazzurro. In pratica, più ancora che finalizzare, Hernanes è stato preso come alternativa/contraltare di Kovacic in fase di ultimo passaggio e costruzione di gioco. Se in fase d’impostazione il Profeta ha fatto decisamente bene sin qui (soprattutto nella seconda parte dello scorso anno), è l’apporto in zona gol (appena tre reti in quasi un anno solare: nei tre anni precedenti ne ha sempre segnati una cifra vicina alla decina) e a livello di assist che per adesso non decolla come dovrebbe. O meglio, il numero di assist è in linea con quanto ha sempre fatto registrare in carriera: da quando gioca in Italia il suo carreer high è di cinque e, nell’Inter, ne ha già messi a segno altrettanti. Il problema è che non è abbastanza perché la squadra ne ha bisogno di più ed è perché sembrava avere un profilo che li potesse garantire che è stato comprato (proprio la sua abilità su angoli e punizioni, altre possibili fonti di gol, è stata spesso citata tra le ragioni dell’operazione), specialmente in quelle situazioni in cui serve una giocata isolata e decisiva, quando si fronteggia una squadra molto chiusa che blocca le fasce, abituale canale di successo interista.

Infine, come fare a non citare l’inconciliabilità di un giocatore lento, riflessivo e pensatore come Hernanes con la principale arma mazzarriana, il contropiede? Dopo il suo arrivo in nerazzurro non se n’è quasi più visto uno anche perché il brasiliano non è affatto adatto a quel tipo di soluzione, in quanto giocatore non propenso all’immediata “fiondata” in verticale o a delle corse col pallone tra i piedi.

Con tutti questi nodi al pettine, Walter Mazzarri dovrà porre il numero 88 al centro di lunghe riflessioni perché è chiaro che, al momento, Hernanes non ingrana. Ed è un peccato perché all’inizio della sua avventura milanese aveva dimostrato di avere una gran voglia di colpire il pubblico nonché qualche scampolo di gara in cui sembrava poter tornare a essere la miglior versione di sé stesso. Che sia un problema di natura tattica perché alla Lazio ha giocato spesso più da trequartista che mezz’ala? Che sia una questione di natura fisica perché il giocatore non è ancora riuscito a smaltire le tossine dei Mondiali e l’inizio in grande ritardo della preparazione? Che abbia un blocco psicologico di qualche natura che gli impedisce di esprimersi al meglio?

Qualunque sia l’origine del problema di un Hernanes poco in palla e spesso insufficiente la questione va risolta, senza se e senza ma. Perché sarebbe veramente triste se il primo investimento importante di Thohir nel settore tecnico (nonché l’unico, finora) si rivelasse un tremendo flop.