EDITORIALE – La spocchia nascosta
Di Giorgio Crico.
Parliamoci chiaro: ogni tanto perdere ci può stare. Una giornata storta, un calo di forma, il pallone che non vuole entrare e, banalmente, un avversario superiore. Perdere però non ci può stare e non ci starà mai quando si entra in campo semplicemente per contenere in maniera passiva l’avversario senza nemmeno pensare di attaccare. È questo che molti tifosi rimproverano a Walter Mazzarri, questo che non va giù al popolo nerazzurro, questo il principio creatore di quella spaventosa ondata di #MazzarriVattene che ha invaso Twitter nelle ultime 24 ore.
Una squadra rinunciataria, tonica solo da metà campo in giù (e neanche in modo perfetto e privo di pecche) e, dopo il gol di de Jong, timorosa anche nei confronti della propria ombra. Un insieme di uomini che ha fatto vergognare più d’uno proprio nel giorno in cui i riflettori d’Europa erano (quasi) tutti puntati sullo stadio Giuseppe Meazza in san Siro di Milano.
Tanti hanno analizzato i problemi tattici che hanno portato al successo rossonero, molti hanno scritto articolesse su articolesse per criticare Mazzarri e il suo stile di gioco/atteggiamento, altri ancora si sono indignati perché Javier Zanetti non ha giocato nemmeno un minuto nell’ultima stracittadina della sua carriera. Dopo il fischio finale probabilmente tutti avevano lo stesso sguardo a metà tra il costernato e l’incredulo di Diego Milito quando ha visto che il suo tentativo di torsione aerea su un lancio dalla destra non aveva prodotto alcunché se non un pallone che rimbalzava lontanissimo dalla porta di Abbiati.
Probabilmente nessuno, però, ha posto l’accento sul problema nascosto che l’atteggiamento di squadra pone e che, oggettivamente, stavolta è del tutto imputabile a Mazzarri. Stavolta il mister di San Vincenzo ha sbagliato in pieno e probabilmente lo sa meglio di tutti: l’approccio a tutta la gara dell’Inter trasudava una certa spocchia. L’apparenza remissiva (poi diventata anche sostanza nel giro di pochissimo) e il puntare sul contropiede come arma principale contro questo sgangheratissimo Milan la dice lunga sulla mentalità nerazzurra di ieri sera. Semplicemente, sulla falsa riga di quanto accaduto all’andata e considerata l’oggettiva pochezza dell’avversario, ancorché venisse da un ottimo momento, l’allenatore della Beneamata ha pensato bene di aspettarlo e contenerlo senza fare troppa fatica, per poi punirlo in ripartenza negli ultimi 20′, quando è notorio che il Diavolo cala vistosamente da un punto di vista fisico. Semplice, (teoricamente) indolore, efficace, della serie “badiamo a non prenderle che tanto, poi, un gol glielo facciamo”.
Un corno. Perché poi però è arrivato Nigel de Jong, non esattamente alto come una montagna, a mostrare in Eurovisione la falla del piano: se l’Inter va sotto non può recuperare. Non con un approccio così rinunciatario sin da subito, non con una mentalità così… si può dire scoglionata? D’altra parte non viene in mente altra parola quando si commentano zero (0!) tiri in porta dopo 90′. Nel derby.
La disperazione non è stata molla sufficiente a far scattare qualcosa: il Biscione è sembrato solo la pallida caricatura di sé stesso mentre affrontava il Milan più disastrato degli ultimi venticinque anni, una manifestazione di impotenza totale di fronte ad avversari che ormai, di trascendentale, hanno solo la bacheca dei trofei. In un derby che, tra l’altro, voleva dire poco e niente per la classifica e dunque si poteva giocare senza pressioni esagerate come invece è successo altre volte.
Se nel mese precedente alla débâcle di San Siro la Beneamata aveva dato segnali di risveglio e quasi di bel gioco arrivando a disputare un’ottima prestazione contro il Napoli, beh, il disarmante spettacolo di ieri sera ha invece fatto ripiombare morale e attaccamento alla squadra sotto diversi metri di terra. Ora però non c’è nemmeno il tempo di leccarsi le ferite perché sabato piomba a Milano la Lazio, diretta contendente per l’Europa League. Già, altra piccola notiziuola: l’Inter s’è anche complicata la situazione di classifica, perdendo il derby.
Dunque risorgiamo dalle nostre ceneri, anche questa volta, e in fretta. Vogliamo un futuro migliore del presente? Bene, il futuro inizia ora: niente spocchia, niente atteggiamento schizzinoso, questo è un giorno in cui essere interista è un dovere anche se bisogna sporcarcisi le mani.
Anche se a qualcuno non piace.