EDITORIALE – Lasciamoli lavorare
Il consueto editoriale del lunedì sera, stavolta orientato a proteggere una squadra che non se lo meriterebbe che, però, è guidata da un uomo che merita fiducia incondizionata. Per le speranze e i sogni, però, le sedi sono altre...All’interista l’autoflagellazione piace. O, quanto meno, si sente in dovere di praticarla almeno un po’, periodicamente. I motivi possono essere i più disparati ma niente innesca maggiormente il processo di falsa speranza – disillusione – disperazione – tetraggine mortale – autopunizione pubblica quanto il calciomercato. Quest’anno, come sappiamo, una cattiva interpretazione dello slogan in stile Twitter #InterIsComing unita ai proclami dei media cavalcati poi da più di un volto nerazzurro hanno generato un’aspettativa monstre nei confronti di un mercato che è, è già stato e palesemente sarà molto normale, al limite quasi del banale. Da qui ai presagi di pestilenza, morte e distruzione sui social il passo è stato brevissimo.
Il punto è che, più che l’Inter in sé (per quella che ha in mente Spalletti bisognerà aspettare almeno ottobre-novembre), per ora è arrivato il campo, con le prime amichevoli. Che, come sempre, non significano assolutamente niente. Ma niente niente niente – questo punto dev’essere cristallino. Però hanno avuto l’enorme merito di distrarre l’interista dal (mancato) mercato dei sogni, rispostando l’asticella dell’attenzione all’analizzare ciò che avviene sul campo da gioco che, persino a luglio, resta comunque un’occupazione più assennata che non il morire male dietro alle spifferate di Di Marzio o ai retroscena di Pedullà (degli insider da social non vale nemmeno la pena di parlare, ovviamente).
Il motivo è banale: la curiosità di avere delle anteprime – per quanto parzialissime – di ciò che aspetta il pubblico nerazzurro fino a maggio 2018 è ovviamente enorme e vince sempre su tutto, persino sullo scambio di persona tra Nainggolan e Vecino. E, in realtà, vedendo i giocatori della Beneamata sgambettare sui campi di patate inguardabili della tournée cinese, viene il dubbio che la cosa migliore da fare sia lasciarli lavorare in pace, ‘sti ragazzi. Il che (attenzione!) non significa non lamentarsi del mercato o del fatto che, a ora, promesse e voli pindarici siano stati sostanzialmente retorica mai seguita dai fatti ma, invece, lasciare tranquilli quelli che già ci sono. Esuberi compresi.
Chiariamoci: Jovetić resta l’incompiuto che è, Brozović non si trasforma in un esempio di stoicismo solo perché adesso c’è Spalletti, Éder non si risveglia Neymar. Però – per citare un altro hashtag che ai tempi ebbe discreto successo – #SiamoQuesti. E non c’è molto da fare, apparentemente. Dunque bisogna fare l’omelette con le uova che sono a disposizione, per citare un grande portoghese che, all’Inter, qualcosa ha dato, in effetti. E Spalletti merita che gli si dia la possibilità di mettere le mani ovunque e con la massima fiducia: un po’ per quanto ha dimostrato in carriera sin qui, un po’ perché è stato scelto appunto per far tutto ciò. In segno di rispetto soprattutto per lui, il lavoro in sé che la rosa nerazzurra, a prescindere da chi sia composta effettivamente, sta facendo va protetto, rispettato e incoraggiato al massimo.
Certo, se poi arrivassero anche un paio di campioni…