EDITORIALE – Le crisi capitano. All’Inter si creano
L'editoriale del lunedì, che arriva puntuale come le tasse. E come una crisi all'InterÈ già arrivato quel momento dell’anno in cui bisogna affrontare una delle celeberrime #crisiInter. Il problema è che stavolta è vera, non è solo un’invenzione dei media.
I fatti li conoscono tutti a memoria, ormai: Icardi pubblica la sua autobiografia in cui riporta alla luce i fatti di Reggio Emilia di due anni fa (lancio e rilancio della maglia con gli ultras eccetera) senza risparmiare i dettagli delle sue uscite infelici, la Curva Nord si sente punta sul vivo e lo accusa sostanzialmente di falsa testimonianza disconoscendolo come capitano e ripudiandolo in nome di un non meglio precisato “bene dell’Inter”, Zanetti & Ausilio – a margine della partita di ieri – promettono un faccia a faccia e dei provvedimenti a riguardo, lasciando intendere che la società potrebbe togliergli la fascia e multarlo. Dulcis in fundo – anche se sarebbe meglio dire in cauda venenum ma poi lo scivolamento nel territorio di Lotito sarebbe manifesto – la curva contesta Icardi per tutto il match, esulta al suo errore dal dischetto e fa ciò che può per metterlo in difficoltà con striscioni e cori, venendo fischiata dal resto del pubblico.
Oggi abbiamo avuto la risposta finale da parte della società nerazzurra: la fascia resta sul braccio tatuato di Maurito anche se il centravanti argentino dovrà comunque pagare una multa per aver infranto il regolamento interno dell’Inter. Come corollario al tutto, Icardi ha comunque rilasciato delle dichiarazioni in cui chiede scusa, pubblicate assieme al comunicato ufficiale presente sul sito del Biscione.
Provare a mettere mentalmente ordine in tutto questo caos non è facile perché ne sono successe di ogni e in un lasso di tempo molto breve, la possibilità di fermarsi e riflettere quasi non c’è stata. Eppure qualche considerazione a margine di una bufera così grossa – che ha peraltro già valicato i nostri confini nazionali – è d’obbligo e va fatta. L’epilogo odierno, però, getta una certa qual luce di verità su tante letture che prima erano solo probabili, fermo restando che tutto quel che trattiamo oggi è figlio di quanto emerso negli ultimi giorni ed è di dominio pubblico.
Prima questione: gli ultras
Chiunque sa perfettamente che tipo di posizione hanno assunto i tifosi organizzati nerazzurri rispetto all’autobiografia di Icardi e cosa (e come) gli contestano. Al di là dei discorsi morali che si potrebbero fare sul pessimo gusto di alcuni striscioni inneggianti a rese dei conti sommarie e barbare, la Curva Nord ha perso un’occasione per stare zitta. Prima di tutto perché Icardi stesso stigmatizzava il suo comportamento di Reggio Emilia e le frasi veramente infelici da lui pronunciate al riguardo solo una o due pagine dopo il racconto dell’episodio incriminato (e sarebbe bastato leggerlo ma evidentemente è meglio indignarsi solo per ciò che fa comodo). In secondo luogo, appellarsi a un fantomatico “bene dell’Inter” e poi riservare al proprio centravanti un trattamento che nemmeno i peggiori arcirivali hanno mai subito a San Siro un po’ stride, francamente. Anche perché il tutto ha chiaramente danneggiato il giocatore e la squadra, inficiandone parzialmente la prestazione, altro che “bene dell’Inter”. Esultare perché il tuo attaccante migliore sbaglia un rigore è oltre il tafazzismo, è evirarsi per far dispetto alla moglie.
Il dubbio che il comunicato dei tifosi organizzati avesse come primo obiettivo riportare le luci dei riflettori sulla Nord effettivamente viene, alla fin della fiera. Basta rifletterci su: negli ultimi anni, tutto ciò che la Nord ha sponsorizzato non solo non si è realizzato ma – anzi – è quasi sempre successo il contrario. Pensiamo alla volontà della curva di andare avanti con Mazzarri, prontamente esonerato, o quando gli ultras si scagliavano contro i fischi a fine gara, inutilmente, o – ancora – quando la contestazione (civilissima, quella volta) a Moratti si risolse nel nulla assoluto. Sono ormai anni che ciò che chiedono i tifosi organizzati non ha più alcun peso, né sulla società né – tantomeno – sugli altri appassionati, che invece reagiscono sempre più spesso in modo difforme dalla curva, talvolta anche fragorosamente.
Comprendiamo la frustrazione ma reclamare il proprio posto e riaffermare la propria importanza in modo così autolesionistico è semplicemente assurdo, soprattutto considerando cos’è accaduto, in passato, quando la Nord ha rotto con questo o quel giocatore. Piccolo suggerimento per i più smemorati: non è mai finita bene. L’Inter è più importante di tutto, si dice spesso da quelle parti. Beh, allora lo è immensamente di più anche di una sola (ricordiamolo) branca del tifo organizzato, fasce o non fasce, insulti o non insulti.
Seconda questione: Icardi
Che il centravanti argentino abbia sbagliato a dire ciò che ha detto è evidente, perché abbia anche deciso di a scriverlo per chissà che “desiderio di completezza” poi è un mistero. È ovvio che mettere insieme un’autobiografia così giovane fa sì che il materiale scarseggi e l’episodio del Mapei Stadium è un evento notevole nella sua finora breve carriera. Però si poteva anche glissare su alcuni aspetti della questione e non rivangare proprio tutto tutto. Icardi probabilmente l’ha fatto per sottolineare la sua immagine da maschio alfa, per la voglia di dimostrare di essere tutto d’un pezzo o per scagionarsi per sempre da chi allora lo ha considerato solo un bimbo viziato. Non lo sapremo mai, un’ipotesi vale l’altra.
Quel che è certo, conoscendo un minimo il personaggio e seguendo le sue vicende, è che Maurito non ha timore a mettere in piazza più o meno la qualunque, con tutti i pro (?) e i contro che questo tipo di approccio alla vita pubblica comporta. Qualunque tifoso nerazzurro sa bene che il capitano attuale della Beneamata ha anche un certo gusto per l’ostentazione e ama sicuramente fin troppo le dimostrazioni di virilità: l’inserimento con tutti quei dettagli e i toni usati per raccontare dell’episodio contestato è in linea col personaggio e ce lo si poteva pure aspettare. Tanto premesso, la scelta di includere quelle pagine nell’autobiografia e la narrazione lì contenuta sono entrambe in buona fede perché Icardi non sembra una persona che si attardi a pensare troppo alle conseguenze delle sue azioni, il che lascia intendere che lui abbia scritto quel che ha scritto perché è uscito di getto. Peraltro era forse convinto di “spegnere” facilmente gli ardori che avrebbe potuto scatenare il racconto sconfessandosi da sé a margine del racconto dei fatti (repetita iuvant).
Attenzione, scrivere tutto è stata una leggerezza, lo ribadiamo. Un errore che però è stato ingigantito dalla follia della Nord e che – confrontato con quanto successo in estate tra Wanda Nara e Twitter – non poteva in alcun modo costargli la fascia, sarebbe stata una punizione clamorosamente esagerata. Se proprio lo si voleva degradare, andava fatto in estate. Punto.
Terza questione: la società
Che è forse il punto più doloroso, per un interista. Perché il club non ha agito affatto bene, è inutile negarlo: non ha protetto Icardi in un momento in cui tutte le valutazioni erano gioco forza da rimandare al termine dei 90’ e, anzi, per bocca di Zanetti, ha addirittura messo il carico da undici immediatamente prima del match. È stato palese che nessuno si fosse preoccupato di cosa fosse scritto nel libro prima della sua uscita (insensato cercare di capire di chi fosse colpa a livello gerarchico: la macchia è condivisa da tutti) e le uscite pubbliche – più di Pupi che non di Ausilio, in realtà – sono state troppo dure, specie considerando invece la morbidezza ascoltata in estate.
Che Icardi rappresenti un concetto di capitano troppo lontano da quello incarnato da Zanetti quando giocava? Può darsi, specie considerando che l’indimenticabile 4 nerazzurro ha stigmatizzato anche l’uso dei social network, un elemento stavolta del tutto assente dalla vicenda. Ciò fa pensare che, forse, quest’ultima storia con protagonista il 23enne argentino sia un po’ stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso metaforico di Pupi, che ha approfittato dell’occasione per tirare le orecchie una volta per tutte al suo erede nei gradi. Inoltre bisogna contestualizzare ogni singolo atto: il gusto un po’ tamarro del centravanti e alcune sue uscite da social infelici degli ultimi anni sono innegabili ma queste ultime ormai appartengono solo al passato; è un po’ ingiusto attaccarsi a un pretesto tutto sommato futile per richiamarlo con questa forza. Per giunta pubblicamente, per giunta a mezz’ora dal fischio d’inizio di una gara fondamentale.
Altro peccato mortale di Saverio è stato l’ergersi a protezione dei tifosi: l’arringa di Zanetti sembrava tesa a difendere la totalità del pubblico nerazzurro che, invece, era in larga maggioranza a favore di Icardi. Si capisce che una società abbia la necessità di rimanere in buoni rapporti col tifo organizzato, ci mancherebbe altro, ma alzare in questo modo i toni è stato perlomeno esagerato, per non dire grottesco. La Curva Nord non rappresenta tutti i tifosi e non è nemmeno detto che ne rappresenti la corrente di pensiero maggioritaria; Pupi ha sbagliato a parlarne come se fossero gli unici interisti al mondo, non c’è santo che tenga.
Infine la conclusione di oggi: fascia che resta a Maurito, multa d’ordinaria amministrazione e il desiderio quasi infastidito di mettersi tutto alle spalle il prima possibile, sconfessando parzialmente le profezie di inflessibilità di ieri, che lasciavano presagire chissà che ribaltoni. L’Inter non ne esce bene, anzi, e questa faccenda non fa altro che alimentare lo stucchevole dibattito sulla lontananza della proprietà, sulla debolezza della società e compagnia bella. Di fatto, da adesso in poi qualunque sbavatura nerazzurra potrà servire da scusa per mettere sotto la lente Suning, i suoi rappresentanti e i dirigenti della Beneamata. Che noia.
Ad aumentare l’amarezza, c’è anche il fatto che sarebbe bastato pochissimo per evitare qualsiasi scivolone di fronte alle telecamere. Sarebbe bastato abbozzare e dire qualcosa come: “Adesso non è il momento di parlarne, Mauro deve giocare a breve e non va disturbato. Faremo le considerazioni opportune a tempo debito”. Sarebbe bastato pochissimo.
Per concludere
In sintesi: Icardi commette un errore, la Curva Nord dà i numeri e la società minaccia un pugno di ferro che poi non esercita. Alla fine il capitano argentino dell’Inter finisce per l’ennesima volta nell’occhio di un ciclone provocato da lui stesso, accrescendo ulteriormente la sua fama di personaggio complesso e difficile da gestire; la Nord perde un’occasione per tacere e ricorda a tutti perché negli ultimi anni ha avuto meno credito di Cassandra presso i concittadini troiani di fronte al celebre cavallo e il club rimedia una figura barbina che denuncia un’inadeguatezza gestionale veramente inquietante e a cui andrà posto rimedio prima di subito.
Sarebbe bello poter scrivere che da domani si volta pagina e che questa storia assurda finirà quanto prima nel dimenticatoio. Se non fosse che qui si parla di Inter e, francamente, è lecito aspettarsi che i detriti lasciati da questa bufera colpiscano e feriscano ancora il club per chissà quanto tempo. Purtroppo.