EDITORIALE – L’importanza di chiamarsi Thohir
Di Aldo Macchi.
Non bastano le semplici smentite, quasi piccate, di Massimo Moratti a spegnere le voci sulla vicenda del possibile cambio di gestione in società per i colori nerazzurri. Non basta dire che troppe voci sono lontane dalla verità, per interrompere la caccia alla trattativa, al contratto, alla firma che sancisca l’ingresso di Erick Thohir nel mondo Inter.
SOLDI FRESCHI – La capacità economica è il principale punto di interesse verso l’Indonesiano che non può certo brillare per attaccamento alla maglia, o per cultura calcistica. Si vive di marketing al giorno nostro, in questo calcio moderno sancito dagli ordini degli agenti e non dei presidenti, dove il mercato latita senza i fondi senza fondo dei pozzi di petrolio d’Arabia. L’Inter soffre per un buco di bilancio che mettono a serio rischio la possibilità di entrare nell’Europa che conta nei prossimi anni, secondo quanto impartito dai dettami del Fair Play Finanziario. Per questo anche l’offerta di un magnate mai sentito fino ad ora nel panorama italiano, non può essere messo in secondo piano.
RISCHIO MATERIALISMO – Il calcio, almeno in Italia, ha sempre avuto il sapore di un romanticismo mai domo, con il calore del tifo, il mito delle bandiere, i simboli delle vittorie e le rivalità con le squadre avversarie. Passare il testimone a Thohir sarebbe mettere tutto questo davvero nello scrigno dei bei ricordi, ammettendo definitivamente la necessità di ragionare con il fine del marketing al primo posto. In questi giorni non si è parlato di fama e gloria, ma di valore del brand, e di necessità di liquidi. C’è chi addirittura si è messo a fare la formazione di Thohir e quella di Moratti, quasi come fosse un videogioco avere a che fare con questa Inter. Sarebbe la fine della poesia, Moratti lo sa ed è proprio il suo romanticismo e il suo amore per l’Inter che l’hanno portato a non firmare a scatola chiusa. Vuole garanzie, vuole certezze che affidare la sua Inter a un esterno possa portare vantaggi reali tangibili e duraturi a ciò che è prima di tutto un’istituzione. Inutile negarlo, questo è l’anno giusto per vendere, fuori dalle coppe il valore scende, ma non in prospettiva, perchè l’Inter è l’Inter. Rappresenta una sorta di saldo, un investimento in prospettiva, per riportare sul tetto del mondo il nome di una squadra che in Indonesia gode di una fama grandissima.
POSSIBILITA’ IRRIPETIBILE – Per questo rappresenta una occasione da valutare con molta attenzione, irripetibile appunto, quella di permettere al mondo orientale di affacciarsi sul calcio italiano. Lo stadio è importante, ma anche la vendibilità del marchio all’estero non è da mettere in secondo piano. Ma il quesito che tiene banco è sull’attendibilità di questo finanziatore. Le proprietà parlano per lui, ma non esiste un vero e proprio lavoro che giustifichi questo enorme potenziale economico. Il cuore conta, ma anche la mente vuole la sua parte, come in ogni rapporto d’amore degno di questo nome. Le prossime ore sono cruciali, il corteggiamento è palese, Moratti sta facendo il padre di famiglia che vuole conoscere chi chiede la mano della sua creatura, l’importante è che davvero si possa fare il meglio dell’Inter, la figlia che tutti corteggiano e che forse ora qualcuno può davvero portare all’altare. Nella speranza che non ci sia solo l’interesse del portafoglio, perchè ai tifosi piace la passione, PSG e Manchester City sono un fresco esempio di come spendere non basti per essere grandi, Bayern Monaco e Borussia Dortmund invece mostrano come la pazienza e il silenzio portano risultati duraturi e incoraggianti per il futuro.