EDITORIALE – L’incubo della cessione di Perišić
Il consueto editoriale del lunedì sera, stavolta troppo occupato a scervellarsi su scenari che, a conti fatti, restano ipotetici. Ma che, soprattutto, perdono di vista il focus della questione...Sgombriamo subito il campo da ogni ragionevole dubbio: il problema non è vendere Perišić. O meglio, il problema non sarebbe vendere Perišić. Il problema è, come è sempre stato, con chi lo sostituisci.
Ma facciamo prima il consueto passo indietro per chi, nel caso, abbia vissuto su Marte (onestamente non senza qualche ragione) dal fischio finale di Inter-Udinese a oggi. Da settimane sembra che l’Inter, per chiudere definitivamente il discorso sul fair play finanziario, sarà costretta a cedere l’esterno croato, unico in rosa a poter garantire l’incasso di una cifra uguale o superiore a quei trenta milioni di euro che pare ballino nell’accordo con la UEFA. Di sicuro, l’unione di quella mezza frase di Vecchi (poi prontamente smentita un’oretta più tardi) e del saluto del numero 44 al pubblico nerazzurro in un San Siro semivuoto poco dopo la conclusione dell’ultima partita stagionale sembrano costituire una prova innegabile del fatto che l’ex Borussia Dortmund non proseguirà a Milano il suo percorso professionale.
Contemporaneamente, prosegue l’intrigo – che forse non è troppo intrigante, in realtà – dell’allenatore: tutte le fonti più autorevoli sono d’accordo che sarà Spalletti ma proprio oggi è uscita la notizia secondo la quale il tecnico toscano dovrebbe andare fino in Cina per firmare il contratto e, da lì, tornare in Italia per la presentazione. Si stima che il fresco ex allenatore della Roma possa essere ufficializzato nel giro di una settimana, giorno più, giorno meno. Peraltro è di qualche giorno fa la voce per cui proprio il mister di Certaldo avrebbe cercato di porre un veto alla cessione di Perišić, da lui considerato uno dei migliori elementi della rosa (e fin qui ci voleva poco).
Intanto, ovviamente, il pubblico nerazzurro ha ricominciato a praticare quella sottilissima arte nella quale eccelle da più di un secolo: l’autoflagellazione. Le fazioni si sono presto create: tra chi preferirebbe dare via il proprio primogenito piuttosto che l’ala croata; chi spera di dare un segnale forte alla rosa del tipo “non ci sono intoccabili” vendendolo; chi per più di 30 milioni si offre non solo di portarlo nella nuova squadra ma anche di fargli personalmente la pedicure. E così via, come al solito, con la sempiterna guerra civile che non porta a nulla e che non serve a nessuno. Toccando anche qualche punta particolarmente cruenta a causa della freschissima crisi d’astinenza dal calcio giocato che, come sappiamo, acuisce ogni discorso idiota.
E quindi si ritorna alla premessa iniziale. Non è vendere, il problema. Quanto più il sostituire, il comprare. Come sempre è stato, in realtà, particolarmente in questi ultimi e decisamente turbolenti anni. Il nocciolo della questione, però, è che l’Inter non ha ancora nemmeno annunciato l’allenatore e, onestamente, c’è la sensazione che un progetto tecnico vada ancora abbozzato. Si fa presto a parlare di Bernardeschi – giocatore che peraltro più diverso non potrebbe essere da Perišić – ma la verità è che va capito cosa vorrà fare il nuovo mister, prima di blaterare di acquisti. E, forse forse, anche se pare incredibile, di cessioni.
Del resto, l’unico requisito che possiamo immaginare voglia Spalletti sul mercato e, più in generale, dai suoi calciatori, è che siano «uomini forti». Perché, come dice lui, non c’è altra strada.