EDITORIALE – L’irrecuperabile Geoffrey
Il buon Kondogbia si comporta da ragazzino e la vendita è all'orizzonte. Una storia triste di cui non c'era bisogno che occupa il consueto spazio dell'editoriale del lunedì seraFare i capricci e puntare i piedi quando non si riesce a ottenere immediatamente ciò che si desidera è tipico dei bambini. I calciatori spesso e volentieri sono giovani ma, con le dovute eccezioni al limite del patologico, si tratta sempre di adulti. Anzi, come diceva il buon Frank de Boer quasi un anno fa, girati i ventun anni un calciatore non è più nemmeno giovane, ma anzi un professionista ormai formato. Guarda un po’, quella frase venne pronunciata relativamente allo stesso giocatore che, negli ultimi giorni, è stato protagonista dei maggiori titoli dedicati all’Inter, se si esclude l’arrivo di Dalbert.
Geoffrey Kondogbia è ancora una volta nell’occhio del ciclone, infatti. Allenamento disertato, Spalletti amareggiato e pubblicamente espostosi per manifestare la sua delusione, la stampa in subbuglio, i tifosi a indignarsi e chiederne la testa. Come diceva qualcuno, badabum badabum cià cià. Non manca nulla a questa moderna sagra del grullo.
Il problema è che adesso la situazione è veramente irreversibile. Il ragazzo vuole andar via ma ha scelto il modo peggiore per farlo (e sarebbe molto sorprendente scoprire che è tutta farina del suo sacco e non del suo agente). Modo peggiore perché, dopo questo simpatico siparietto, chiunque sa che l’Inter deve cedere il francese – senza però che possa rimetterci, visti gli accordi UEFA – ma anche Kondogbia passa per un atleta non professionale, sicché nessuna delle parti in causa ne esce indenne. Tra l’altro, poiché è il Valencia la destinazione che pare adesso più probabile, il buon Geoffrey non pare nemmeno particolarmente attento alle destinazioni possibili, vista la situazione non proprio rosea in cui si barcamenano i Pipistrelli da ormai qualche stagione. Detto in francese antico, andare adesso al Valencia significa lasciare una casa nobiliare un po’ diroccata (l’Inter) per buttarsi dentro un cascinale di campagna che si regge ancora in piedi per miracolo. Contento lui…
In realtà, dover commentare ulteriormente questa faccenda è mortalmente noioso. Questo tipo di beghe vanno bene per sparare giù due o tre titoloni ma non c’è sostanza: la questione si chiuderà solo con una cessione – qualunque sia la forma – e Kondogbia finirà in quel tritarifiuti che molti tifosi gli augurano già da un anno e mezzo, incarnazione definitiva di quello che avrebbe dovuto essere l’Inter 2.0 di Mancini e che non è stata praticamente mai a eccezione del famoso trimestre di fine 2015. Punto.
Si possono fare mille e un peana sull’argomento e anche tutti molto moralistici ma non sarebbero poi così interessanti, anzi. Probabilmente chiunque preferirebbe farsi asportare un polmone piuttosto che leggere l’ennesima articolessa insopportabile sui calciatori viziati o sul fatto che “solo all’Inter” succedono queste cose.
La deprimente morale finale di tutto ciò è che la situazione è veramente molto, molto triste e non ci guadagna nessuno, nemmeno il Valencia. Specie se ci sforziamo di ricordare cosa avrebbe invece dovuto significare l’approdo di Geoffrey Kondogbia da Nemours all’FC Internazionale di Milano.