Editoriale-Luci (e ombre) della ribalta
Sono tornati e non aspettavano altro. I giudici dell’ultima ora, gli stessi che hanno tessuto le lodi di squadra e allenatore dopo novanta minuti hanno rivisto le loro considerazioni, riaperto il processo sospeso a metà novembre, riportando nelle loro arringhe passo passo tutti gli argomenti comodi a posteriori. La Beneamata ha lasciato di stucco i suoi tifosi, ha lasciato punti d’oro in quel di Lecce dove tutti avevano raccolto seminando magari meno di Milito & C. ha lasciato forse definitivamente il treno giusto per sognare in grande, quello che la matematica impietosamente vede allontanare. Eppure scorgere finalmente quel numero dieci nerazzurro alle tre di una domenica pomeriggio qualunque, perdipiù partendo dall’idea che non dovesse essere del match quantomeno dall’inizio ha dato se possibile, ancora maggiori certezze, scatenando la nostra illimitata fantasia su assist e soluzioni balistiche d’alta scuola. La concretezza del gruppo più la luce di Wes: nient’altro da desiderare. Ma se una cosa è la logica, tutt’altro è il pallone. Ci si dimentica dell’avversario, della qualità che una provinciale in giornata può improvvisamente mostrare fino a chel’insolito cinismo di Giacomazzi sotto porta rovescia giudizi e psicologia. Chi ha spento la luce? In fondo al sacco non è finita solo quella palla ma tutta l’Inter, improvvisamente vulnerabile e impaurita, spezzando il filo di un discorso che fino a quel punto sembrava inappuntabile. I nervi cedono improvvisamente, regna la confusione e il 4-3-1-2 improvvisamente si trasforma nella combinazione sbagliata per aprire una cassaforte non irresistibile. Il labbiale di Pazzini nei confronti di Sneijder consegna a quest’ultimo la fama di “ribelle” come se si trattasse del primo e unico caso su un terreno di gioco, i media si scatenano e in tempi di mercato fanno le loro considerazioni logiche e consequenziali. Fa sorridere l’immagine che vedrebbe il trequartista olandese dietro la lavagna in castigo per il suo atteggiamento poco disponibile nei confronti del gruppo ma c’è chi ha saputo ricamare pure su questo. In realtà il buon Claudio ha voluto ridare ai suoi il più lineare tra i moduli, quello che col calcio è nato: il 4-4-2. Apriti cielo! Wes incompatibile, nervoso, che succede, il caos! Tralasciando i fiumi d’inchiostro sprecati sulla storiella del ragazzo cattivo, il secondo tempo ha dimostrato che proprio l’imprevedibilità in un sol colpo è stata spazzata via dalla strada maestra, conosciuta sì a menadito dai nerazzurri, ma vien da dire, non solo da loro. Il buon Serse non aspettava altro che questo, le pedine avversarie lì, senza possibilità di guizzi e la buona sorte ha fatto il resto regalando a Benassi copertine e interviste insperate. Allora subito un summit di mercato nella burrascosa notte del dopo-Lecce: arriva Guarìn, rimane Motta, non smantelliamo la squadra, si riparte. A noi non resta che dimenticare in fretta le ombre di una giornata no, ben rappresentate da un Claudio Ranieri incappucciato a braccia conserte sotto il diluvio salentino, mesto come mai avrebbe potuto immaginare di trovarsi alle cinque del pomeriggio di una domenica qualunque di fine gennaio. Guardare avanti è l’imperativo di tutti ma occhio a non dimenticare per strada il presente, altrimenti potremmo incorrere in altri dieci cento Lecce proprio quando meno ce l’aspettiamo.