EDITORIALE – Mancini (o Suning) scelga
L'editoriale del lunedì si sposta straordinariamente di un giorno per mettere meglio a fuoco il caos scatenatosi attorno al Mancio. Il rapporto tra il tecnico e Suning sembra sempre di più un duello western à la Sergio LeoneQuante cose possono cambiare in una settimana abbondante? Tante, troppe, specialmente nel mondo del calcio. Lunedì scorso ci interrogavamo sulla reale entità dei dolori gastro-esofagei di Roberto Mancini da Jesi, oggi sappiamo che qualcosa c’è per davvero e non pare nemmeno un problemuccio di poco conto. Il Mancio non è contento della situazione e l’ha reso palese lui stesso nelle dichiarazioni a margine dell’amichevole persa col PSG di un paio di giorni fa.
«Non c’è nulla da chiarire. (…) Non è cambiato nulla rispetto a due giorni fa, vedremo». Ecco, in quel “vedremo” c’è tutta la sua insoddisfatta frustrazione. La situazione attuale non lo sfagiola e non lo manda a dire, così come ha asserito che nulla va chiarito perché – probabilmente – la società conosce già perfettamente i suoi desiderata ma se ne fa un baffo, ergo non c’è nulla da “chiarire” bensì qualcosa da “accettare”. Che però non viene accettato.
I problemi che tutto ciò comporta sono diversi. Il primo è che, avendo messo la questione in piazza, chiunque ora sa in che stato versano i rapporti interni dell’Inter. E non va granché bene. Ancora peggio, poi, che Mancini faccia terrorismo psicologico via etere per forzare la situazione affinché si proceda secondo la sua volontà. Una tattica che riesce tendenzialmente odiosa al tifoso medio e che sa tanto di ricerca di attenzione e supporto (mancando di parecchio il bersaglio) come compensazione di una sostanziale assenza di fondamento. Un po’ come ha fatto anche Wanda Nara relativamente alla questione del rinnovo di suo marito, tra l’altro. Esporre tutto alla mercé dei media non è praticamente mai una scelta vincente perché prima di tutto si costringe il pubblico a schierarsi e poi si fa la figura dei capricciosi, dei viziati, dei preziosi. E va ricordato che il Biscione non viene esattamente da anni di trionfi, tutt’altro.
Ciò nonostante Mancini ha pubblicamente messo in dubbio la sua stabilità della sua posizione al club a fine luglio, a bocce sì ancora ferme ma con davvero poco spazio di manovra da qui all’inizio del campionato. Una situazione soprattutto tecnica che – qualunque sia l’epilogo – rischia di diventare troppo spinosa da gestire, sia per il Mancio stesso qualora rimanesse, sia per un eventuale sostituto. Certo, sempre meglio che un ipotetico avvicendamento abbia luogo ora e non a stagione in corso ma per il successore non si prospetterebbe un impiego facile, anzi.
L’altro problema enorme, vero e proprio elefante nella stanza dei bottoni nerazzurri, è che Mancini si lamenta e prova a sfruttare tutto ciò che è in suo potere per far invertire la rotta alla società ma non prende nemmeno in considerazione l’idea di dimettersi, per adesso. Se non per smuovere un po’ le acque a mezzo stampa, ecco. Di fatto, così facendo, sta condannando la Beneamata a vivacchiare in un limbo d’incertezza che oscilla tra la conferma a denti stretti, la proposta di rescissione consensuale, l’esonero e – chissà – magari anche il nascondere la testa sotto la sabbia senza fare nulla, sperando che la tempesta passi da sé.
Le voci riportate dagli esperti del settore parlano di trattative sulla buonuscita, di una ricerca di confronto serio e produttivo, di muri contro muri, della volontà di ricomporre la frattura dopo un braccio di ferro che ancora deve avere luogo. Ovviamente contraddicendosi perché è impossibile che tutte queste eventualità si stiano verificando contemporaneamente.
Quel che adesso servirebbe all’Inter più di ogni cosa è che sia la società, sia Mancini si spicciassero a prendere un’unica, netta e irremovibile decisione. Possibilmente compatibile. Se il mister non è soddisfatto della situazione prenda armi e bagagli e fugga via, lontano da una dirigenza che non si spreca nemmeno a parlargli, non cincischi ancora senza costrutto come ha fatto nelle ultime settimane, contraddicendosi e cambiando nervosamente idea ogni due giorni. Allo stesso modo, se la proprietà cinese non è contenta dell’allenatore e del suo atteggiamento lo cacci. Non mandi Thohir a cercare di blandirlo e calmarlo per tenerselo buono in nome di chissà che proiezioni future. Roberto Mancini è il nome che Suning vuole al timone? Sì: faccia di tutto per ricompattare la situazione. No: se ne liberi subito.
E invece niente, si sta perdendo un sacco di tempo prezioso. Si gioca a nascondino e ci si guarda in cagnesco prima di estrarre le colt talmente a lungo che non passano nemmeno più le palle di sterpi di fronte a quel saloon confuso che è adesso l’Internazionale Football Club. Sempre che uno dei due contendenti abbia voglia di estrarla davvero, la colt.
La nostra paura è proprio questa, cioè che si tratti di un’interminabile lotta tra sordi mentre le pistole sono lì che marciscono nelle fondine, con le canne che si limitano a brillare in modo sinistro mentre riflettono il sole rosso che volge al tramonto. Che il Cielo ce ne scampi, se possibile.