EDITORIALE – Meno due
Torna il consueto editoriale del lunedì sera per voi affezionatissimi e stavolta mette nel mirino le prossime due, fondamentali, partite. Una, però, è figlia dell'altra perché solo battendo il Sassuolo ha senso andare a sfidare la Lazio in casa suaMancano 180 minuti al termine della stagione e l’Inter ci sta arrivando carica, di volata e coi giri del motore belli alti. Negli ultimi due mesi, adesso si può dire, la squadra si è ritrovata alla grandissima sotto il profilo del gioco: il problema è che sono arrivati solo 18 punti in dieci gare. La media che deriva è facilissima da calcolare, 1,8 punti a partita, che non è male in assoluto ma che sarebbe dovuta essere decisamente più alta per entrare in Champions League con serenità. Ora però è inutile piangere sul latte versato – cioè sulla doppia sconfitta nei due incroci con le torinesi e sul pari del derby, partite in cui l’Inter avrebbe meritato molto di più del singolo punto raccolto – perché non è tempo di calcoli bensì tempo di vincere, come giustamente sostiene Spalletti. A prescindere da avversario, stadio, orario, tutto.
Segnatamente, non inganni nessuno la prospettiva di un Sassuolo già salvo di scena a San Siro: dopo un inizio da sparring partner involontari contro l’Inter nei loro primi passi in Serie A, oggi i neroverdi sono una delle squadre che più spesso sottrae punti al Biscione (hanno vinto cinque degli ultimi sei scontri diretti. La Juventus solo tre, per dire). Ne sia prova sufficiente anche solo la partita d’andata di questa stagione (se non altro, la bestia nera/match winner Falcinelli ha cambiato squadra). Gli emiliani non vanno affatto dati per morti, specialmente Politano – in forma come non mai e alla ricerca del decimo gol stagionale – e la vecchia conoscenza Berardi, recentemente risollevatosi e apparentemente on fire nell’ultimo paio di settimane come mai lo è stato nei precedenti due anni. Insomma, per farla breve, la partita contro la squadra di Squinzi è palesemente il più classico dei trappoloni: il Sassuolo sta giocando in questi ultimi tempi come non ha mai nemmeno dato l’idea di poter fare lungo il corso dei mesi precedenti. Presentarsi in campo convinti di vincere facilmente è uno degli errori più gravi che l’Inter potrebbe commettere.
Tuttavia esiste un centro di gravità permanente che lascia sperare che la rosa non si faccia prendere eccessivamente dall’entusiasmo per la vittoria su di un’Udinese capace di fare due punti nelle ultime quattordici partite. Si chiama Luciano Spalletti, non ha più tantissimi capelli ma ha ancora molte, molte idee su come tenere unita la squadra, come hanno confermato le parole di Andrea Ranocchia dopo la partita della Dacia Arena. Non ci si può girare attorno: l’allenatore toscano sembra possedere il termometro emotivo dei suoi ed è riuscito a mantenere compatto il gruppo anche quando nulla sembrava andare per il verso giusto. Ma proprio nulla.
Anche dal punto di vista tattico, pur con le poche risorse a disposizione (qualcuno della dirigenza/proprietà si senta pure chiamato in causa, a questo punto) ha provato a inventarsi più di qualcosa: l’idea di provare a far accentrare Candreva per lasciare la corsia a un Cancelo in enorme spolvero, il modo in cui Rafinha è chiamato a portare pressing e a decidere come investire il possesso di palla sulla trequarti avversaria (ma anche la sua libertà di movimento), le maggiori responsabilità di Brozović in impostazione, la difesa a tre e mezzo garantita da D’Ambrosio, etc etc. Niente di clamoroso o trascendentale ma pochi, piccoli accorgimenti per ora sempre azzeccati che, sul medio-lungo termine, hanno concesso alla squadra di ridisegnarsi in maniera tale da far gradualmente levitare il livello di gioco anche nonostante i risultati.
Dunque la strada è tracciata e la missione è chiara: non resta di augurare all’Inter di riuscire a essere spallettiana fino in fondo, fino al fischio finale che risuonerà all’Olimpico domenica 20 maggio. Ma, prima ancora, c’è il Sassuolo. E l’unico pensiero della settimana deve essere neroverde. Se no all’Olimpico tanto vale andare in ciabatte.