EDITORIALE – Non facciamo diventare Pioli un pirla
Il consueto editoriale del lunedì sera. In difesa di Pioli perché, alla fine della fiera, anche lui può sbagliare. Non solo per cortesia o educazione ma, soprattutto, perché se n'è guadagnato il dirittoSì, ieri sera l’Inter ha perso male contro una diretta concorrente per i primi tre posti. E no, non è la sconfitta con la Roma che al 99,99% impedirà alla Beneamata di arrivare in Champions League a fine anno, bensì la partenza con handicap fatta registrare nelle prime battute della stagione (del resto, si sapeva che per avere un minimo di speranza bisognava tenere una media stratosferica. Quel che ci si aspettava di meno, magari, è che le squadre davanti facessero bene tanto quanto o addirittura meglio).
Certo, i tre punti dati ai giallorossi fanno due volte male perché non solo si incappa in un nuovo stop dopo quello dello Juventus Stadium ma, in più, non si riesce a sfruttare al meglio il ko interno che il Napoli ha dovuto subire per mano dell’Atalanta e, quindi, ora i nerazzurri bergamaschi vanno giocoforza considerati come una rivale non solo per l’Europa League – ammesso e non concesso che si voglia sul serio conseguire perlomeno la cosiddetta “Europa minore” – ma anche per le residue speranze di rincorsa alla Coppa dei Campioni. Tuttavia non si può piangere sul latte versato e, anzi, bisogna tornare quanto prima a fare ciò che la gestione Pioli ha mostrato di avere pienamente nelle proprie corde: mettere assieme più punti possibili senza pensare troppo alle conseguenze. Perché qui ci si esalta in un attimo così come ci si spegne altrettanto rapidamente ma non bisogna dimenticare che il tecnico emiliano resta quello capace di vincerne nove delle ultime undici, condizione essenziale affinché la gara di ieri sera avesse senso come ne ha in effetti avuto.
Il problema, però, è che – pur avendo indubbiamente il favore delle contingenze, visto che l’ex allenatore di Lazio e Bologna ha sbagliato le scelte di formazione ieri sera – c’è già chi sta provando a far passare Pioli come l’ultimo dei deficienti nonché, vista la sconfitta con la Roma, già un dead man walking. E non è nemmeno marzo.
La verità è che Pioli non è un pirla oggi così come non era un genio ieri: Stefano Pioli è semplicemente un buon allenatore, capace di avere ottime idee e tutto il contrario di quel risultatista senza costrutto che in tanti invocavano dopo la dipartita professionale di de Boer. Può sbagliare lui come possono sbagliare i suoi uomini in campo ma non per questo va sminuito. Del resto, che lui avesse un difetto palese proprio nella gestione dei big match era notorio fin dalla sua esperienza alla Lazio, dove ha raccolto 21 punti nell’arco di 21 partite giocate contro Inter, Juventus, Roma, Milan, Napoli e Fiorentina lungo l’arco della sua gestione. Considerando anche il suo periodo all’Inter (dove ha raccolto 4 punti in 5 partite “di cartello”, confermando sostanzialmente la sua media in biancoceleste), saliamo a un bottino di 25 punti in 26 partite, per una media complessiva di 0,96 punti per singolo big match. Non un dato particolarmente confortante. Se poi a questi numeri aggiungiamo anche la curiosità che 12 lunghezze su 25 (praticamente la metà) sono arrivate dai soli scontri con la Fiorentina, il quadro risulta completo.
Il nocciolo del discorso, però, non è sottolineare un difetto di Pioli che, anzi, nel complesso sta svolgendo un ottimo lavoro a Milano, bensì dimostrare che come abbiamo messo in fila due numeri noi, chiunque altro poteva serenamente fare altrettanto. Cioè: l’Inter sapeva di questo aspetto perfettibile del nuovo mister e lo ha comunque scelto, un po’ perché le alternative sul mercato non erano molto convincenti, un po’ perché l’ex tecnico della Lazio ha dalla sua un’indiscutibile capacità di dare un’identità di gioco forte alle sue squadre.
Paradossalmente, però, ieri non se n’è vista traccia, al contrario di almeno metà della partita contro la Juventus e, più in generale, rispetto a quanto s’è visto nell’ultimo mese e mezzo. Per certi versi, è sembrata la riproposizione della gara del San Paolo contro il Napoli. Non un bello spettacolo. Ciò nonostante, denigrare oggi il mister dell’Inter è quanto meno ingeneroso visto che è pur sempre in panchina da nemmeno quattro mesi e ha già fatto compiere diversi salti di qualità decisivi a questo gruppo. Tra questi il più importante è senz’altro quello della continuità di risultati e, spesso, prestazioni.
Il pregresso di questi mesi, quindi, al netto dei due ko contro Juventus e Roma, deve non solo essere il dato di fatto “grezzo” per capire quanto è stato buono il lavoro fatto ma anche fungere da base di credito di cui l’attuale allenatore nerazzurro è giusto che possa godere presso i suoi tifosi (le pressioni esterne continueranno per forza, almeno internamente sarebbe carino evitare di creargli aspettative inutili). In soldoni: Pioli si è legittimamente guadagnato il diritto di non avere seccature dai propri tifosi fino a fine stagione. E, perché no, la chance di migliorare il suo personale score e magari invertire addirittura la tendenza nelle partite di cartello.
Anche perché nulla di quanto successo fin qui lascia presagire che il mister emiliano non possa mettere in discussione le sue convinzioni in futuro e quindi correggere da sé i propri errori, cercando di trovare l’Assetto Oggettivamente Definitivo™ per la sua Inter e, magari, strappare sulla base della qualità del gioco espresso anche la conferma per la prossima stagione. Del resto, solo i pirla non cambiano mai idea e Stefano Pioli – al netto di qualche errore umano che chiunque avrebbe potuto commettere – pirla non è.