EDITORIALE – Prove di vera Inter
Quanta felicità si può provare a guardare undici ragazzi che corrono dietro a un pallone? Tanta. L’ambiente l’Inter se l’era un po’ dimenticato negli ultimi anni, complici risultati deludenti, giocatori non all’altezza e un gioco che, anche nei momenti migliori, stentava a decollare e guadagnare un minimo di continuità. Chiaro, si è ancora all’inizio del progetto di rilancio ma la (piccola) base costruita contro il Genoa è un bel segnale di risveglio.
Chiaramente bisogna ancora lavorare parecchio, le partite di calcio hanno il brutto vizio di durare 90′ e non “i minuti che i giocatori hanno nelle gambe” ma per adesso va benone così. Podolski, in particolare, ha dimostrato cosa significa avere un giocatore di vera classe a disposizione tra centrocampo e attacco: la gamba non sarà ancora la migliore possibile ma, a onor del vero, ogniqualvolta Prinz Poldi entrava in possesso della sfera lo stadio tratteneva il fiato, consapevole che da quel sinistro sarebbe potuto nascere qualcosa d’importante. Con l’ex Arsenal ha colpito molto anche la resurrezione di Fredy Guarin; fino a poco fa ci si chiedeva come avrebbe potuto essere davvero utile alla squadra, ieri il colombiano ha dimostrato che il suo spazio se lo può ritagliare eccome. E non ha intenzione di mollare un centimetro, a quanto pare. A completare il trittico di liete novelle nerazzurre ci ha pensato Nemanja Vidic: prestazione solidissima, gol risolutore, esultanza contenuta e polemica, quasi a confermare che, in questa squadra che sta rinascendo, vuole dire la sua anche lui (anche e soprattutto considerando il non proprio bel momento che stanno attraversando Ranocchia e Juan Jesus).
Qualche complimento, infine, non può non meritarlo mister Mancini: il tecnico del Biscione ha finalmente trovato la quadra del suo progetto, il 4-2-3-1 sarà il modulo da qui fino alla fine dell’anno per sua stessa ammissione. Adesso finalmente c’è un punto fermo tattico da cui poter iniziare, delle radici sulle quali coltivare l’albero della speranza interista dopo esperimenti audaci, soluzioni precarie e qualche cantonata innegabile – come per esempio la disposizione in campo dei giocatori nel primo tempo dello Juventus Stadium. Col salire di condizione di Shaqiri e Podolski, inoltre, il modulo potrà acquisire ancor più senso di quanto visto contro il Genoa, dove il Mancio è stato costretto a schierare fuori ruolo Hernanes (e il brasiliano non ha impressionato, anzi). Sembra peraltro rivitalizzato anche Palacio che, al di là del gol, può trovare una seconda giovinezza agendo da seconda punta e infilandosi tra le maglie delle difese allargate dai movimenti degli esterni e distratte da Icardi; un ruolo simile a quello di Thomas Müller nel Bayern, per intenderci. Incursore e rapace degli spazi nella trequarti avversaria: compito che ben si addice alle caratteristiche del Trenza, nonostante le sue condizioni fisiche precarie; un’ora a partita di gran livello, come contro il Grifone, è comunque nelle sue corde.
La sensazione è che una filosofia di gioco ci fosse già ma che, ora, con gli uomini giusti a disposizione e con parecchi tasselli al loro posto (forse tutti ancora no), l’Inter possa avere anche un’idea. Da elaborare, rifinire, automatizzare, ma un’idea c’è ora e questo è un segnale che fa ben sperare. Ora, però, serve continuità.
Avanti così, con rinnovata fiducia.