EDITORIALE – Quando la morte vale meno del calciomercato
Di Aldo Macchi.
Questo non vuole essere un editoriale in fotocopia a quello fatto a suo tempo per la morte di Simoncelli, non voglio con le mie parole cercare la commozione di chi le legge o la frase ad effetto per strappare qualche condivisione. Oggi quello che più mi preme affrontare è l’atteggiamento etico di chi si dice promotore di informazione. L’etica è uno dei principi a cui si deve attenere chi svolge il lavoro giornalistico, è sì vero che dovrebbe essere un dogma dell’essere umano, ma visto che non viviamo nella società dell’utopia, che almeno chi è chiamato a seguirla per lavoro lo faccia.
MORTE IN DIRETTA – Morire per uno sport, per la propria passione è un avvenimento tragico: già la morte di per sé rappresenta uno scoglio duro da superare nell’esistenza di ognuno di noi. Spesso un tabù, ma farlo a 25 anni correndo in moto, sotto gli occhi dei tuoi famigliari, tocca davvero l’animo anche dei più cinici. Per ovvia natura del genere umano la caccia al colpevole spinge alle analisi di una gara che per molti non andava affrontata. La prima cosa lampante è il sollevare da responsabilità Zanetti, che con la sua moto ha travolto Andrea Antonelli al primo giro della gara di Supersport disputata ieri a Mosca. Innocente per tutti, meno che per lui che ha vissuto quel momento che interrotto la vita del suo collega. Le immagini hanno riportato alla memoria quelle di Marco Simoncelli, altra giovane vita spezzata dalla corse. Ma colpire ancora di più è stata la voce rotta dal pianto da parte del dottore della clinica Massimo Corbascio. Perché certe cose sono difficili da digerire anche se sei stato formato per affrontarle. Perché se sei il medico di una clinica mobile, sai che questo può succedere, ma certi avvenimenti vanno oltre il tuo lavoro, toccano la tua umanità e le lacrime sono ciò che più di ogni altra cosa evidenzia il nostro essere umanamente vivi.
VERGOGNA GIORNALISTICA – La tragedia è stata riportata da tutti i media, cartacei, virtuali e radio televisivi, occupando uno spazio nelle prime pagine di tutti i quotidiani, tutti tranne uno: il Tuttosport. Inutile sottolineare il paradosso di una testata che si dichiara nel suo nome un organo di informazione su tutto lo sport, salvo non trovare spazio in prima pagina per questa notizia. Perché non è la notorietà di Antonelli, sconosciuto ai più prima di ieri, a dovergli far trovare un posto in prima pagina, quanto piuttosto all’accaduto in sé. Perché non è Andrea Antonelli in sé ad aver fatto cinicamente notizia, ma la morte che è tornata ad essere protagonista nello sport. In un periodo come quello estivo dove l’aria fritta riempie spesso le pagine di giornale, una notizia simile ha il diritto e anzi il dovere di avere voce in prima pagina. Perché è cronaca, è realtà, vita vissuta. Puoi anche aver dedicato 20 pagine all’interno del tuo quotidiano, ma se in prima pagina non fai nemmeno trapelare un segno dell’accaduto, preferendogli una notizia su un film sulla Juventus, sulle dichiarazioni di Conte su una: ?Juve da duri!? e su voci di mercato, allora davvero è il caso di farsi un esame di coscienza, chinare il capo e cambiare il nome al proprio giornale con un più coerente ?TuttoJuve, e se c’è spazio, qualcos?altro?.
CIAO ANDREA – Chiedo dunque scusa a tutti i tifosi interisti che si aspettavano il consueto appuntamento con l’editoriale a tinte nerazzurre, ma oggi credo che ci sia altro che meriti più attenzione, qualcosa che superi anche la passione per i colori che amiamo. Perché oggi un ragazzo di soli due anni in più di chi vi scrive non potrà più fare nulla di ciò per cui lottava fino a ieri. Oggi restano le lacrime sui volti di chi gli ha voluto bene, oggi resta il dolore e il vuoto, un grande vuoto, che preferisco riempire con parole a lui dedicate, piuttosto che con una bomba di mercato che non si concretizzerà mai.