EDITORIALE – Se il razzismo diventa intercalare
Di Aldo Macchi
Inizia il campionato con interessanti novità, anche a livello disciplinare, con un netto giro di vite circa il comportamento dei tifosi allo stadio in particolare a quei cori e striscioni razzisti che tanto male fanno a un ambiente che dovrebbe unire popoli di ogni colore intorno al credo dello sport e del suo spirito che, in tempi antichi, interrompeva addirittura le guerre per celebrarsi. Nelle prime giornate sono state chiuse le curve, tra le altre, di Inter e Milan, quest’ultima per i cori riservati agli ultras napoletani che spesso sono stati presi di mira all’interno dello stesso paese di cui fanno parte. Curva chiusa, grosse polemiche degli stessi tifosi milanisti e, incredibile ma vero, anche di quelli napoletani. E’ infatti andata in scena nella gara contro il Livorno una scena unica nel suo genere, con la curva partenopea intenta a fare del razzismo autoreferenziale, invitando poi Tosel a chiudere anche la curva partenopea per lo stesso motivo per il quale ha chiuso le altre (leggi qui).
ECCESSIVO RIGORE – Quello denunciato dal tifo napoletano è stato un eccessivo utilizzo del termine razzismo, affibbiato a cori e striscioni che con il razzismo non dovrebbero avere nulla a che fare, ma che anzi, secondo questi tifosi, sono solo semplici sfottò. Troppo moralismo dunque intorno al mondo del calcio, troppa cattiveria nei confronti di semplici tifosi che fanno il tifo per la propria squadra. Non è razzismo dunque, ma solo tifo, sano e appassionato. Non c’è discriminazione nell’invitare il Vesuvio a lavare Napoli col fuoco, e neppure a dire che i cani scappano per la puzza data dall’arrivo dei napoletani. Tutto nella norma, tutto corretto e ci si fa una bella risata. Non è lo stesso motivo per il quale, un anno fa, veniva sospeso dall’albo dei giornalisti l’autore di un servizio per il tg3, Giampiero Amandola, che aveva chiesto a un tifoso Juventino se a Torino i tifosi del Napoli li distingueva per l’odore. No perchè quello era fuori dallo stadio e quindi non era tifo, ma razzismo bello e buono.
IL RAZZISMO COME INTERCALARE – Dentro allo stadio d’altronde è tutto concesso, nulla è fatto in mala fede, le mamme di giocatori e avversari fanno tutte lo stesso mestiere, il più vecchio del mondo, e non c’è nulla di sbagliato nel sottolinearlo. Non è nemmeno sbagliato definire tutti i giocatori afro americani delle scimmie mangia banane, perchè tanto quel coro lo si fa a tutti, non a uno in particolare. Tifosi nerazzurri che giustificavano gli ululati dicendo “ma lo facciamo anche a Chiellini”, come per dire “sono tutte scimmie, non solo quelli neri”. Le espressioni razziste sono diventate proprie del gergo del tifoso, sono diventate addirittura parte integranti del supporto alla propria squadra, tanto da far offendere la parte lesa se si prende la sua difesa. Non si è mai visto un popolo discriminato auto discriminarsi per andare contro chi ha preso le proprie difese, mettendo così in difficoltà il sistema stesso.
PARADOSSO PERICOLOSO – Ora infatti il giudice sportivo è chiamato ad esprimersi a riguardo, per un discorso di coerenza che non prevede la variabile impazzita dell’auto discriminazione. L’invito della curva napoletana va colto al volo e si deve chiudere la curva per chiarire quanto il generalismo, il diffondere una cattiva abitudine, rendendola universale, non la fa diventare per forza una cosa giusta. Se tutti sbagliano, tutti devono essere puniti, maggiore sarà il malcontento, ma sarà a beneficio del rigore morale che si è scelto di inseguire. Che poi si debba stabilire con chiarezza cosa sia razzismo, per evitare di scadere in mero moralismo spiccio, è cosa assai giusta e doverosa. Ma fino a quando si chiede l’intervento di un vulcano per sterminare o meglio, disinfettare, un popolo intero, identificato per il suo odore, allora credo che ci siano pochi dubbi circa la natura razzista di tale coro. Qui di calcio non si vede neppure l’ombra, così come non si capisce di che squadra si stia facendo il supporto che dovrebbe essere l’unico scopo di una curva.
Oggi ho chiesto ad alcuni di voi il parere circa il comportamento del tifo napoletano, riscontrando, con un certo stupore, un sentimento di pieno sostegno nei confronti di una parentesi truce del calcio italiano. Nei giorni in cui ci si sdegna per il lutto nazionale in seguito alla strage di Lampedusa, il popolo italico si mostra solidale a difesa del razzismo, ma guai a dire che gli italiani sono razzisti. Non sia mai, “Napoli colera” è un gretto detto da eliminare, a meno che non sia dentro a uno stadio.