EDITORIALE – Si infrange il sogno azzurro, così come quello interista
Una settimana che ha tenuto i tifosi italiani con il fiato sospeso. La meravigliosa cavalcata degli azzurri ci ha portato a rivivere le emozioni che 6 anni fa ci avevano portato sul tetto del mondo. Così come nel 2006, quando le gioie calcistiche avevano attenuato lo sdegno per lo scandalo di calciopoli, anche oggi Balotelli e compagni ci hanno donato un sorriso e un sogno da raggiungere in un periodo di crisi finanziaria e scandali per il calcio scommesse.
L’AZZURRO CHE UNISCE – Quando la nazionale ottiene vittorie, ognuno si sente in diritto di salire sul carro dei vincitori. I critici definiscono il calcio “soltanto uno sport con una palla che viene presa a calci su un prato”, ma quella palla è stata capace di riunire sotto il tricolore più persone di quante non ne abbia racchiuse la celebrazione del 150° anniversario dell’unità d’Italia. Questa non è una polemica, nemmeno un’esaltazione dello sport, è solo un dato di fatto: gli italiani si sentono veramente uniti solo quando la propria nazionale si gioca un titolo. In queste circostanze non si smentisce, confermandosi un popolo di commissari tecnici, facendo formazioni e osannando i calciatori criticati fino al giorno prima. Le tifoserie, quelle non fanatiche, annullano i colori della maglia, vedendo solo l’azzurro. Spicca così la forte affermazione di Abete, con il suo sdegno e vergogna per chi “non tifa Italia.” A differenza di 6 anni orsono, il sogno italiano si è infranto sul muro spagnolo. Una sconfitta su più aspetti, quello calcistico e quello della filosofia d’azione.
UNA SCONFITTA PER RIPARTIRE – Le 4 reti delle furie rosse infatti sono il simbolo di una nazionale nata dalla forza dei suoi giovani, dalla scelta vincente di investire sui prodotti dei vivai, aiutati da annate di classe sopraffina che sono state formate da allenatori sapienti. Artisti che hanno permesso a dei validi blocchi di marmo di diventare opere d’arte. Prandelli ha denunciato l’indifferenza della voce della nazionale durante l’anno, serve un cambio di mentalità, occorre ritrovare l’orgoglio nazionale che sembra risvegliarsi solo quando il tetto d’Europa e del Mondo sembra ad un passo. I sassolini di Prandelli sono macigni su “un paese per vecchi”, come l’allenatore ha definito l’Italia. Serve un sistema che costruisca le squadre in ottica della nazionale, non solo dei successi personali. Questa è quindi una sconfitta dai due volti: quello umiliante del gap che ancora ci separa dalla Spagna, e quello positivo del fatto che in finale ci siamo arrivati e che quindi sono buone le basi su cui lavorare.
L’ALBA DI UNA NUOVA ERA – L’appello di Prandelli è stato anticipato dalla nuova apparente politica dirigenziale interista. Se la prima squadra ha deluso, dalla primavera fino ai pulcini, le squadre a tinte nerazzurre hanno sbaragliato gli avversari, assicurando alla società di via Durini un roseo futuro su cui costruire l’Inter che verrà. Se il lavoro giovanile offre molti giocatori interessanti, urge trovare chiarezza tra i grandi. L’opera di svecchiamento necessaria sta prendendo forma, ma la figura che ne sta emergendo è più quella di un maniscalco maldestro che di un artista lungimirante. Il comandamento di Moratti è stato “vendere per poi comprare”, seguito dalle doverose “scelte dolorose” annunciate da Branca. Ne è seguita la rescissione consensuale di Lucio e quella imminente di Forlan. Un’onda che sta per raggiungere anche Julio Cesar, Maicon e Stankovic, anche se per gli ultimi due si parla di probabili cessioni. Svecchiare o almeno ridurre il monte ingaggi, una politica che giustifica gli addii di giocatori che si dicono innamorati dell’Inter, ma forse più dello stipendio che della maglia. Lucio ne è un esempio, avendo scelto di andare a giocare nella squadra che gli avrebbe assicurato lo stesso stipendio percepito in maglia nerazzurra. Vedremo se Julio Cesar, una delle icone degli ultimi anni, sceglierà di cambiare aria o di aggiustare il contratto al ribasso come da esigenze societarie. Si chiude così il sogno interista che aveva portato i campioni sopra citati a dominare il mondo, conquistando il titolo di icone intoccabili a cui rendere sempre onore. Il subbuglio che queste rescissioni hanno portato è stato amplificato dalla decisione di Lucio di andare alla Juve, con un accordo che è quasi imminente. Il popolo interista è esploso, accusando la società di inettitudine e incapacità, dimenticando la possibilità da parte dei giocatori di rifiutare le squadre che si fanno avanti, cosa che fanno molto bene quando si cerca di trovargli una migliore sistemazione. Il mercato è iniziato ufficialmente da 1 giorno, ma la stagione nerazzurra inizierà molto presto, per questo serve dare un’identità a quello che ora è solo un insieme di progetti e idee che si cerca di portare avanti in qualche modo. Serve l’aiuto di tutti, compreso quello dei tifosi, chiamati a non fischiare il giovane promettente su cui si è puntato per il futuro. Ma serve anche un progetto chiaro e coerente della società che non dovrà tornare sui suoi passi alla prima difficoltà, cercando magari di far mercato con i propri giocatori, considerando anche la parola “guadagnare” e non solo quella del “risparmio.” Serve sentirsi una cosa sola, come gli Europei appena conclusi ci hanno permesso di riscoprire, per poter ricominciare a sognare al più presto.