EDITORIALE – Una stagione qualunque
Di Giorgio Crico.
È paradossale come, ieri sera, a segnare l’ultimo gol in Serie A dell’Inter versione 2013/2014 sia stato Marco Andreolli (tra l’altro siglando il più classico dei gol dell’ex, imitato poi nel secondo tempo da Victor Obinna, il quale ha lasciato all’Inter il solo ricordo di un’impressionante incapacità di tirare i calci d’angolo). Paradossale perché potremmo quasi dire che la stagione dell’Inter è stata un una stagione “alla Andreolli”: senza nulla togliere al bravo difensore centrale nerazzurro, infatti, la prima annata di Mazzarri all’ombra della Madonnina è stata una stagione qualunque, fatta di luci e ombre, senza infamia e senza lode, un po’ come l’attuale numero sei della Beneamata; un giocatore sempre bravo a farsi trovare pronto ma che, fin da quando è stato acquistato, si sapeva che avrebbe fatto il sesto difensore centrale del reparto e giocato pochissimo.
Un anno comunque onesto, nel quale la squadra s’è impegnata (e questo s’è visto davvero), ha versato sudore sul campo a partire da Pinzolo fino alla partita con la Lazio di poco più di una settimana fa e nel quale si è cercato di porre delle basi per il futuro ma, certamente, non un’annata esaltante. Esattamente come il ruolo che Andreolli ha all’interno della rosa: al buon Marco non si richiede di avere la grinta e il carisma di Samuel, non si richiede l’impostazione dell’azione alla Nesta, non si pretende la garra e la leadership di Sergio Ramos ma solo di essere quello che è e cioè un difensore di buon affidamento dal quale non ci si aspettano giocate risolutive ma un mestiere semplice, senza fronzoli, possibilmente efficace. Come lui è stata l’Inter di quest’anno.
E del resto era anche prevedibile: la squadra era quel che è, si sapeva da agosto. Certo, con un mezzo miracolo si sarebbe potuto sperare nel terzo posto così come evitando tutta una serie di pareggi brutti e inutili si sarebbe potuti arrivare a superare la Fiorentina ma, se ci fosse stato anche solo uno di questo possibile doppio sorpasso sarebbe stato da imputare non solo a un’annata sopra le righe dei nerazzurri ma anche a una gentile cortesia di entrambe le avversarie che, quest’anno, hanno anch’esse lasciato per strada un buon numero di punti. Ma restano comunque decisamente più forti e attrezzate dell’Inter.
E allora è inutile urlare, strepitare e lamentarsi con Mazzarri e soprattutto di Mazzarri: il mister resterà in sella. Prima di tutto perché Thohir non è ancora abbastanza avvelenato dal tritatutto emozionale che è la Serie A e dunque onorerà il contratto (senza dimenticare che a libro paga ci sarebbe ancora anche il buon Stramaccioni… Il terzo contratto per una sola posizione sarebbe un po’ troppo) ma bisogna vedere cosa riuscirà a fare il tecnico di San Vincenzo in quello che si appresta a essere il vero anno zero dell’Inter post Triplete. Il progetto tecnico va portato avanti, non resettato arbitrariamente ogni estate semplicemente perché la stagione non ha esaltato. Anche perché quest’anno non avrà esaltato ma non ha nemmeno deluso da morire come quella passata (quest’anno tracolli interni tragicomici con Udinese, Lazio o Siena non si sono visti). Una solida base c’è ed è la ritrovata compattezza difensiva. Chiaramente anche lì si può ancora decisamente migliorare ma la strada, perlomeno in retroguardia, è tracciata.
Eppure dispiace più di quanto dovrebbe. E probabilmente dispiace così perché un po’ fa male salutare con un’annata grigia uomini meravigliosi, prima ancora che calciatori, come Walter Samuel, Diego Milito, Esteban Cambiasso e, naturalmente, Javier Zanetti. Forse queste vecchie glorie avrebbero meritato un’ultima gioia prima di salutare (una Coppa Italia, una qualificazione in Champions…) ma non ci si è riusciti. Questo ferisce più che altro per il miraggio di ciò che avrebbe potuto essere ma non è stato. E per per la consapevolezza che non sarà più. E fa male anche che se ne vadano così, con una sconfitta bruttarella anzichenò rimediata sul campo del ChievoVerona e non con una larga vittoria, magari con loro gol. Ma evidentemente così doveva andare. Eppure la sensazione che solo Zanetti sia stato celebrato a dovere resta… Ognuno dei quattro avrebbe meritato, preso singolarmente, una partita d’addio dedicata.
Posto che noi, da queste colonne, dedicheremo il giusto spazio a ognuno dei nostri argentinos che così tante soddisfazioni ci hanno dato, il velo di malinconia alla vista delle foto di quei quattro sotto la curva dei tifosi dell’Inter a Verona resta. Insieme con la consapevolezza che il cerchio è completamente chiuso. L’Inter gloriosa del periodo 2004-2011 è definitivamente finita, ora ne sta nascendo un’altra, esemplificando perfettamente il concetto secondo cui i giocatori vanno e vengono e la maglia resta, l’Inter resta.
E in fondo, pensiamoci: anche così, in un momento che non è certo il migliore della sua storia, l’Inter è comunque tanta roba.