EDITORIALE – Tra Mourinho ed Herrera, questa è l’Inter di Stramaccioni
di Aldo Macchi
Arrivato a sorpresa ha saputo conquistare uno degli spogliatoi più caldi del mondo, sembra essere riuscito a fare un gruppo solido pur avendo messo alla porta molti protagonisti dell’Inter che è riuscita a vincere tutto. Il soggetto della frase non può che essere Andrea Stramaccioni, il volto del nuovo che avanza con la giusta dose di irriverenza accompagnata da una grande cultura calcistica. Un uomo più giovane di alcuni dei suoi giocatori che, malgrado questo, ha conquistato squadra e società.
L’ESTATE DELLA RICOSTRUZIONE – In estate ha dimostrato di avere coraggio, esprimendo chiaramente quali erano i giocatori che non sarebbero più rientrati nel progetto Inter, fondamentali per le vittorie del passato ma non sufficienti per tornare a vincere. Acquisti non illustri ma “funzionali al progetto” questo è stato il credo del mercato nerazzurro, con la ciliegina rappresentata dalla scommessa Cassano che, ora, sembra vivere di nuovo il calcio col sorriso. Una squadra che dopo le difficoltà iniziali, le sconfitte contro Siena e Roma, non si è scomposta, ha saputo catalizzare le critiche e ripartire su nuove certezze. Anche in questo Stramaccioni è stato bravo, facendo una mossa alla Mourinho, mostrare i denti sulla difensiva proprio dopo una vittoria, per lasciare tranquilla la squadra.
I PARAGONI – Come sempre accade, il panorama calcistico mal digerisce le novità e cerca sempre di inquadrarle all’interno di paragoni più o meno calzanti, magari ad effetto o a volte addirittura sminuenti. Inizialmente il primo paragone ha visto il confronto fra i due tecnici romani dell’Inter: Stramaccioni appunto con Ranieri. Un confronto inadatto e abbastanza ironico perchè fatto tra due uomini che in comune hanno solo l’accento e la panchina dell’Inter. Subito dopo ecco comparire, piano piano ma con sempre più convinzione, il paragone con Mourinho, stessi atteggiamenti, stesso modo di stare in panchina, di vivere lo spogliatoio e ora anche di successi in campionato e per una differenza unitaria non c’è l’uguaglianza di punti in classifica. Ma ecco che, più Stramaccioni cerca di allontanare questo paragone, più ne spuntano di nuovi, come quello che mette il giovane tecnico interista con la sua Inter sullo stesso piano di quella di Herrera del 1961. Il motivo è semplice, le 7 vittorie consecutive. Un altro confronto illustre, altra pressione ancora più aspettative. Tutti ora usano Mourinho come modello e punto di riferimento, dimenticando che quando il portoghese era sulla panchina nerazzurra, continui erano i paragoni con Mancini, il suo predecessore, un paragone che mandava su tutte le furie il tecnico di Setubal, perchè le squadre erano diverse così come le situazioni. Più o meno le stesse risposte che da Stramaccioni che dipinge la sua Inter come una squadra ancora in costruzione ma che è riuscita a fare un buon solco su cui poggiare le basi della rinascita.
UN’IDENTITA’ PROPRIA – Dunque anche il modo di rispondere ai paragoni è lo stesso di Mourinho, ma questo non significa che i due siano simili, anzi. Il rifiutare i paragoni, il difendere la squadra, l’attirare su di sè l’attenzione e l’invocare i tifosi è proprio non di un emule di Mourinho, bensì di qualsiasi allenatore capace di fare il proprio mestiere e consapevole dell’importanza che un buon rapporto con l’ambiente porta all’interno della squadra. Conquistare l’amore dei tifosi anche nei periodi di difficoltà, avere il coraggio di cambiare formazione a vantaggio della concretezza e a danno dei risultati immediati, porta Andrea Stramaccioni ad essere il paragone di sè stesso. L’unico riferimento che deve avere è con la persona che una mattina è stata chiamata da Moratti per sedersi alla guida dell’Inter. Con il lavoro e la dedizione che sta dimostrando proseguirà in questo cammino, nella speranza che la sua identità venga riconosciuta prima di vederlo su un’altra panchina e prima che il suo successore venga posto in relazione a quanto sta facendo lui ora.