EDITORIALE – Tre cose belle
Una vittoria, finalmente; una vittoria che però è solo il primo passo – per quanto importante – verso l’uscita dal momento grigio che l’Inter stava attraversando da un po’ e, dopo tre sconfitte di fila tra campionato e Coppa Italia, la disfatta inflitta al Palermo è come un balsamo lenitivo soffice che viene gentilmente cosparso sulle ferite di un guerriero dolorante e ammaccato.
Una vittoria nel segno del numero 3 per svariati motivi. Prima di tutto il punteggio: un 3-0 secco e senza repliche che a San Siro non si vedeva dall’anno del Triplete e, più precisamente, dall’aprile del 2010 (la vittima di allora era il Bologna). Poi, ovviamente, i tre punti, bottino diretto garantito da una vittoria in campionato e tre punti che mancavano da quasi un mese, da quell’Inter-Genoa che sembrava l’inizio di qualcosa di positivo e invece era solo il principio di una preoccupante fase involutiva.
Tre come gli uomini a centrocampo schierati da Mancini: dopo la sfortunata ouverture di Napoli, ecco la conferma alla Scala del Calcio, contro un’avversaria più abbordabile dei partenopei – per quanto insidiosa e molto ben organizzata come il Palermo di Iachini: la prova sembra superata a pieni voti considerando il rendimento e la fluidità di gioco garantita dall’equilibrio tra Medel, Guarin e Brozovic (a proposito di tre: quanti minuti sono serviti a San Siro per amarlo?); ora bisogna solo augurarsi che il tecnico jesino non torni più sui suoi passi perché la conformazione con cui il centrocampo nerazzurro rende meglio è palesemente questa – che poi davanti si giochi con due esterni e un centravanti o un trequartista e due punte pare al momento ininfluente: quel che conta è conservare almeno un terzetto di giocatori là in mezzo. Tre anche come i nuovi acquisti messi in campo ieri da titolari e, non a caso, tutti autori di una grande prestazione: Santon (occhio, potrebbe essere che davvero il Bambino sia tornato), il già menzionato Brozovic e un ispirato Shaqiri, migliorato sempre più col passare dei minuti e decisamente più in palla avendo la possibilità di agire da trequartista puro.
Tre come gli uomini d’attacco, come sempre s’è visto ultimamente ma, come detto, con una disposizione diversa: Shaqiri stesso, l’Icardi ancora una volta a segno che mette d’accordo tutti e il “vecchio” ma sempre utile Palacio, abile a giostrare dietro al più giovane connazionale per allargare o stringere le maglie della difesa avversaria a seconda delle necessità. Non vedrà la porta spesso come lo scorso anno, ma la sensazione è che il lavoro del Trenza sia tutto tranne che inutile. Non ha abbastanza gamba, ormai, per giocare sempre? Nessun problema, c’è sempre Prinz Poldi in panchina (e, conoscendolo, non giocare di sicuro non gli fa piacere… Ergo la prossima volta che sarà chiamato in causa sarà carico a molla e pronto per fare del suo meglio): forse anche il campione del Mondo tedesco può trarre giovamento da una posizione più centrale e più vicina alla porta.
Tre come le azioni decisive nelle quali Fredy Guarin ha messo il piedone, nonostante fosse fresco fresco di contestazione dopo il Sassuolo (meglio ricordarlo visto che, chissà perché, il cono di luce dei media era solo su Mauro Icardi, una settimana fa. Forse perché fa più notizia?), ma veramente incontenibile per i giocatori rosanero: un gol di rabbia e potenza nonché due assist – il primo in coabitazione con Palacio, a dire il vero. Se questo è il reale valore di Guarin, il colombiano al suo meglio, bisogna pensarci due volte prima di cederlo, la prossima estate. Certo, un pizzico in più di continuità sarebbe gradito (anche se, in generale, il Guaro è uno di quelli a cui la cura Mancio ha fatto decisamente meglio). Infine arriviamo all’argomento più “caldo”: i tre gol di Icardi.
“Come” si dirà, “ma non ne ha fatti solo due?”. Nella porta del Palermo senz’altro sì. Ma quello realizzato dopo il fischio finale, nel parcheggio di San Siro, a colloquio coi tifosi, è quello che forse vale di più: una pace fatta e siglata dal giocatore col suo pubblico, un rilassamento ambientale che serviva non poco al carrozzone della Beneamata che, già avendo parecchi punti interrogativi sul piano tecnico, certo non abbisognava enormi dubbi – soprattutto in prospettiva futura – anche a livello comportamentale di uno dei giocatori più decisivi dell’intera compagine. E ora chissà: Maurito, appianate le divergenze con la curva, senz’altro non ha particolari problemi nel rimanere a Milano e chissà che ora non si assista a un risvolto ulteriormente positivo, dopo che appena una settimana fa sembrava segnato il suo destino.
Insomma, tante note liete dopo la gara col Palermo, un buon viatico per continuare a lavorare per costruire l’Inter del futuro e, si spera, della fine di quest’anno. Ripartendo da tre.