EDITORIALE – Un centimetro più in là del vizio
Era il 26 marzo, era un lunedì post-match e, come settimana, qualcuno ci si accingeva a pubblicare un editoriale di commento alla situazione in casa Inter: i nerazzurri avevano appena perso punti e orgoglio a Torino, contro quella che ora è la candidata con più credenziali alla conquista dello scudetto; nessuno lo sapeva, ma quella nel capoluogo piemontese sarebbe stata anche l’ultima partita di Ranieri alla guida di Zanetti&Co. E’ trascorso un mese esatto da quell’editoriale che si chiudeva con un profetico: “I lupi si sa, il vizio non lo perdono mai“. Bene, il vizio si può intendere come l’insieme delle cattive abitudini che spesso guidano l’uomo, o quanto meno come la tendenza a fare di queste una ragione del proprio agire e, di conseguenza, anche del proprio essere.
Ora, si è sempre detto che in un mese è difficile che le cose possano cambiare radicalmente: i tedeschi, per esempio, ci hanno messo quarant’anni per buttare giù un muro, mentre la Sagrada Familia è ancora in costruzione dopo più di un secolo di lavori. Ma che ci crediate o no, da quel 26 marzo l’Inter non è mai uscita dal campo sconfitta nel punteggio e nell’onore, e per qualcuno sarà pure un caso o una questione di centimetri (prendiamo il rigore di Ljajic o il pallonetto di ieri di Sneijder), ma la realtà è che su 15 punti disponibili l’Inter è riuscita nell’impresa di totalizzarne ben 11. Ciò che più conta però è che, se per una volta i centimetri possono essere dalla tua parte, è innegabile che non bastano solo quelli per tirare avanti: lo sa Stramaccioni, lo sa Moratti, lo sa Wesley Sneijder.
Il primo si è dimostrato un personaggio molto coraggioso, fin dal primo momento della sua gestione: abbandono di un obsoleto 4-4-2 e lancio in pista del 4-3-3, di Guarin, di Obi, di Poli, addirittura di Zarate. StraMouccioni però, come lo soprannomina qualcuno, non ha avuto solo il coraggio di inserire, ma anche quello di escludere: è vero che la non convocazione di Forlan suona più come un voler rimandare a settembre il deludente discepolo che come una bocciatura definitiva, ma intanto è un segnale forte, di quelli di cui iniziavamo a sentire la mancanza. Una di quelle scelte che conciliano il tuo ideale di allenatore con la realtà che circonda la tua squadra: sta di fatto che è da circa un mese che i lupi hanno ripreso consapevolezza che il vizio fa ancora parte della loro storia.
Moratti, un po’ come il mister, è sempre sibillino sul futuro: appare, giustamente, più concentrato a gustarsi gli ultimi atti della stagione (comunque da ricordare, ma solo per evitare di ripeterla) che a ingarbugliarsi in quelle scelte che dovrà inevitabilmente prendere fra un mese. Sarà pure un “modo di dire”, come dice lui, ma in verità gli obiettivi contano, e si sa che un uomo passionale non può concedere la propria fiducia a chi, oltre ad affascinarlo, non gli dà qualche certezza. Staremo a vedere.
Infine lui, Sneijder, e quel piede fatato che tanto è mancato all’Inter e ai suoi giocatori d’attacco: perché con lui, nel posto giusto, è tutto più facile. E non lo diciamo perché a Udine è stato decisivo; chi ci segue sa che l’abbiamo sempre sostenuto. Non basta però la precisione chirurgica di quel fantastico pallonetto per tagliare il traguardo chiamato “Europa”. Una parola da non pronunciare, un concetto utopistico fino a un mese fa, una montagna impossibile da scalare e ora lontana solo tre punti e quattro partite. Anche qui, forse, qualche centimetro deciderà se sarà l’Europa che conta davvero o quella che vale di meno. Intanto ci accontentiamo di constatare che i lupi non perdono il vizio e che questo, a volte, per uno strano gioco del destino, può anche diventare virtù.