EDITORIALE – Un incubo da favola
di Gianluigi Valente
Napoli, 17 settembre 1989, ore 16 circa: sta per iniziare il secondo tempo di un Napoli-Fiorentina fino a quel momento amaro, che vede i viola in vantaggio di due reti e Maradona relegato tristemente in panchina. ‘El Pibe de Oro‘ viene da settimane complicate: a causa di serie divergenze con l’allora allenatore dei partenopei, Bigon, ha saltato tutte le prime gare della stagione e non ha affatto i 90′ nelle gambe. Ma la ripresa si apre con l’argentino in campo, pronto, nonostante un rigore sbagliato e una forma fisica approssimativa, a trascinare i compagni verso una rimonta memorabile: finirà 3-2 e saranno due punti pesantissimi per il Napoli, che trionferà sul Milan in campionato proprio grazie a due lunghezze. In due sole parole: una favola.
Milano, 20 gennaio 2013, ore 22 circa: dopo il triplete e i muscoli di cristallo, dopo tre mesi di tribuna, dichiarazioni e twitterate, dopo due settimane di tira e molla e un incontro risolutore col presidente Moratti, Wesley Sneijder saluta l’Inter per trasferirsi in Turchia, dove il Galatasaray lo aspetta con due bigliettoni. Uno, che vale sette milioni di euro più bonus, da recapitare alla società meneghina, l’altro, che di milioni ne vale quasi cinque, firmato e sottoscritto da e per Sneijder stesso. In tre parole: fine dell’incubo.
SPERANZA – Non vogliamo fare il giochino del ‘trova le differenze’, non siamo giudici e non vogliamo condannare solo Sneijder o solo la società, non vogliamo scrivere un memoriale delle gioie e dei dolori degli ultimi tre anni, né ricordare con le lacrime agli occhi le immagini di Madrid: siamo sicuri che ognuno, intimamente, vivrà il momento come vuole e come gli piace. Ma quando ieri mattina i giornali parlavano di un riavvicinamento dell’olandese ai colori nerazzurri, nel cuore interista di migliaia di tifosi qualcosa si è mosso: per tre mesi la speranza di vivere una storia non lontana da quella napoletana aveva pervaso l’immaginazione di chi ama l’Inter. Ora che la speranza è andata definitivamente e finalmente, aggiungiamo, delusa è doveroso, da parte di chi ha scritto tanto in merito alla questione, chiudere il capitolo. Vogliamo provare esclusivamente ad aprire la mente di chi legge e per farlo bisogna affrontare la delicata vicenda dopo aver fatto proprio un assioma: quando un essere umano, qualunque sia la sua posizione sociale e il suo livello culturale, vuole una cosa, fa di tutto per averla.
CAMBIO PROSPETTIVA: WES – La chiave di volta sta nel provare a porre l’attenzione non su quanto non è stato voluto: troppo semplice, crediamo, pensare che il giocatore e i vertici nerazzurri siano solo stati in grado di fare capricci, l’uno per non abbassarsi lo stipendio, gli altri nel non voler trattenere un giocatore con sei milioni di paga all’anno. Proviamo, invece, a concentrarci su qualcosa di attivo, su ciò che è stato desiderato da entrambe le parti. Perché la verità dovrebbe essere solo una? E perché dovrebbe stare solo agli estremi e mai nel mezzo? Nulla succede per un solo motivo. Riteniamo che la cessione di Wes sia il segno di una situazione ormai satura da più di tre mesi. Chi crocifigge l’olandese non tiene conto del fatto che un campione del calibro di Sneijder (e non si venga a dire che è stato grande solo l’anno del Triplete: quanto è stata grande l’Inter dopo’) possa anche non essersi sentito più nel suo ambiente ideale in un contesto in cui, in nemmeno un anno e mezzo, sono stati (s)venduti quasi tutti i migliori giocatori. Non bisogna essere bravi solo a comprendere le decisioni di chi non ci sta vicino (i Thiago Silva e gli Ibrahimovic di turno): in un calcio dove non esistono più bandiere, la voglia di cambiare ci può stare, eccome.
CAMBIO PROSPETTIVA: INTER – Chi crocifigge Branca e Moratti dimostra di non avere ancora compreso le esigenze societarie. Ed è grave, dopo ben due anni di austerity. Proporre a un dipendente milionario un adeguamento del suo contratto di lavoro è una facoltà di chi lo paga e di chi lo ha già fatto praticamente con la maggior parte degli altri dipendenti. E nel momento in cui la linea-guida è una e definita, non bisogna essere schiavi di chi, tutto sommato, ha gli stessi diritti e gli stessi doveri degli altri, a prescindere dalla precisione del piede o dalla genialità delle sue giocate. ‘Dura lex, sed lex‘: dopo Eto’o, Maicon, Julio Cesar, Lucio e Thiago Motta, qualcuno aveva dubbi sul fatto che la proposta di spalmatura dell’ingaggio potesse arrivare anche per Sneijder? Probabilmente toccherà anche a Cambiasso e a Milito, così come è già toccato a Chivu.
ERRORI – In tutto questo degli errori di stile sono comunque stati commessi da ambedue le parti. Il ridimensionamento in termini di spese va di pari passo con quello avvenuto in termini di competitività. Per le società di calcio con obiettivi d’eccellenza, come lo scudetto o l’Europa, il binomio grandi spese-grandi risultati è ormai inscindibile: non è un caso se i successi sono arrivati dopo aver speso miliardi su miliardi. Ma a questo punto perché non accettare i 25 milioni del City o dello United? E soprattutto perché tenere un giocatore in tribuna per tre mesi alimentando voci, chiacchiere e cattiverie? L’Italia dello sport è un popolo mediocre ed è ovvio che una situazione del genere può creare malintesi e contestazioni in gente già di per sé poco attenta all’informazione e alla riflessione. E Sneijder? L’olandese si è tradito da solo: siamo d’accordo col voler giustificare il disagio di un campione che si sente ormai il solo nel contesto-Inter; ma non ci sembra che il Galatasaray pulluli di top-players, né che ricchi sceicchi siano pronti ad acquistarli in massa, stile PSG. Ci dispiace ammetterlo, ma si tratta di pesanti autogol.
ROMANTICISMO – In tutto questo c’è lo spirito romantico di chi ha sempre sperato. Sarà che i valori di cui oggi si fa portatore lo sport sono distanti da quelli di venticinque anni fa; sarà che il caso-Sneijder è nato per motivi diversi da quelli per cui è nato, per esempio, il caso-Maradona; sarà che le favole sono merce sempre più rara; e sarà anche che l’affetto e la rabbia sono due sentimenti opposti ma che scaturiscono da qualcosa a cui si tiene abbastanza. Tutte importanti verità; ma se essa, come si è detto, è spesso composta da tante facce della stessa medaglia, crediamo che ci sia un solo caso in cui è unica e incontrastabile: nel momento in cui si chiudono gli occhi della mente e si aprono quelli del cuore, ogni individuo ricomincia a sognare. Forse i risultati di tutto questo intrigo di mercato verranno col tempo, che stabilirà torti, ragioni, delusioni e gioie. Ma resta il fatto che tutti si sarebbero augurati un ritorno in campo di Wes con la sua numero 10 nerazzurra. E questo non deve farci disperare: perché passano gli anni, passano i soldi, passano i giocatori, passano i tecnici, ma rimane intatta la nostra voglia di credere ancora alle favole.