EDITORIALE – Undefeated
Il consueto editoriale del lunedì sera per voi affezionatissimi, che stavolta prende spunto da come l'Inter - fino a ora - si sia dimostrata assolutamente incapace di perdere. Certo, la strada è ancora talmente lunga che sembra infinita ma, come sa bene chi ci ha preceduto, per combinare qualcosa di buono in campionato, non perdere può essere un buon inizio...Quaranta punti al dieci dicembre, frutto di dodici vittorie e quattro pareggi in quindici giornate nonché otto punti nelle partite di cartello giocate fin qui, tre delle quali – le più ostiche a livello ambientale – pure in trasferta. Nessun gol subito contro il Napoli al San Paolo, nessun gol subito contro la Juventus a Torino, la miglior difesa in coabitazione con la Roma (che però ha giocato una partita in meno) e lo stesso Napoli, il terzo miglior attacco dopo i partenopei, i bianconeri e la Lazio dello scatenato Immobile; il cannoniere più prolifico della Serie A in rosa, ovviamente Icardi, accompagnato sulle fasce dai due migliori assist-men del campionato, Perišić e Candreva. Per l’ultima volta in questo 2017, alzi la mano chi avrebbe mai immaginato che l’Inter potesse essere a questo punto in questo momento della stagione.
Questa cosa del far alzare la mano a chi era effettivamente convinto che l’Inter potesse fare un girone d’andata così positivo prima che iniziasse la Serie A ha oggettivamente stancato ed è un luogo comune talmente logoro da non poterlo nemmeno devolvere in beneficenza alla Caritas, è verissimo, ma più si pensa a tutti i traguardi – per carità, parziali – che Spalletti e i suoi hanno raggiunto in questo primo scorcio dell’annata, più il senso di meraviglia e stupore cresce perché tutti hanno ben presente il cumulo di macerie fumanti che era la squadra a fine maggio. Ormai è un paio di mesi che l’Inter stupisce. E stupisce ancora adesso il fatto che non smetta di stupire mentre, beh, stupisce. E stupisce vincendo o, tutt’al più, pareggiando, senza mai perdere.
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È una massima che i nostri padri e i nostri nonni hanno sempre ripetuto fino allo spasmo: i campionati si vincono battendo con estrema regolarità le piccole e perdendo meno partite possibili. Vero è che questo principio da vecchio saggio del pallone in coppola e sciarpa di tweed meglio si adattava ai formati a sedici o diciotto squadre però l’essenza rimane invariata, basti vedere il ruolino di marcia della Juventus negli ultimi sei anni. Per inciso, la Vecchia Signora diede il via al suo filotto clamoroso di campionati vinti proprio con un torneo in cui concluse con un bello zero sotto la voce “sconfitte”. Ora, l’Inter non deve nemmeno vincerlo, questo benedetto campionato, e quindi, a maggior ragione vista la folta e agguerritissima concorrenza per un posto al sole nella massima competizione europea, mettere più fieno in cascina possibile senza mai fermarsi pare effettivamente un’ottima idea. Certo, se poi ad aprile la Beneamata stazionasse ancora nei pressi della sua piazza odierna qualcosa si potrebbe anche tentare di combinare qualcosina, visto che l’occasione fa l’uomo ladro.
Del resto il Biscione non possiede affatto i mezzi necessari per vincerle tutte: non ha una rosa abbastanza profonda, non vanta un gioco consolidato negli anni (di qualunque schiatta sia), non ha in rosa dei leader carismatici di livello tale che riescano a mantenere sempre altissima la concentrazione del gruppo e il focus sulla vittoria così come i suoi giocatori non sono sufficientemente esperti o vincenti per sapere davvero come comportarsi una volta che ci si sobbarca il peso dei favori del pronostico o di una lunga militanza in testa alla classifica. D’altro canto, però, può impegnarsi allo stremo per non perdere mai.
Spesso si dice che una squadra matura è in grado di vincere quelle partite in cui non meriterebbe i tre punti ma quest’assioma si può ribaltare e rileggere anche nel senso opposto: una squadra matura è in grado di non perdere anche se subisce per novanta minuti. Il Chelsea di Di Matteo poi vinceva anche ma questa è un’altra storia.
Per ora non perdere mai basta e avanza.
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