Il mese che attende l’Inter sarà un banco di prova che comproverà effettivamente sin dove la squadra di Antonio Conte potrà spingersi: l’essersi rimessi in carreggiata in campionato e il primo atto della semifinale di Coppa Italia che la opporrà alla Juventus questa sera sono aspetti che ovviamente calibrano al rialzo le aspettative di gruppo, società ed ambiente tutto, e che tengono fede alle potenzialità di un collettivo sicuramente ben assortito.
Proprio la maniera di aver riconquistato credibilità e terreno sugli avversari tramite la positività di gioco e risultati, è alla base delle speranze di un orizzonte luminoso a cui il pianeta nerazzurro aspira da oltre 10 anni e che già dalla partita di oggi potrebbe iniziare a scorgere. Indubbiamente, il fatto che Conte abbia smussato alcune delle sue credenze tattiche e che le scelte conseguite da questa inversione di rotta abbiano garantito la missione di riavvicinamento al Milan e di arrivare ancora a 180’ da un trofeo, è stato il fulcro attorno al quale è gravitato il recupero di fiducia e di personalità dei ragazzi agli ordini dell’allenatore leccese.
Fra i tanti, i maggiormente commentati e lodati sono stati – in ordine di reparto – Bastoni, Barella, e Lukaku, erti al rango di nuovi apostoli del mistero della fede interista e plasmati calcisticamente ad immagine e somiglianza del sergente salentino. Inoltre, seppur indirettamente – e forse senza nemmeno attribuirgli troppi meriti -, le idee dell’ex CT della Nazionale sono state manna anche per un elemento che, soltanto una settimana fa, sembrava un esubero sgradito e petulante, e che adesso invece ha assunto i ranghi di un titolare in potenza: scrivendo poemi di arte balistica con traiettorie sublimi e rievocando con i suoi piedi memorie di un Calcio romantico ed ormai rincoglionito da quattrini ed affari, Christian Eriksen si è riappropriato della scena e ha messo all’angolo l’intransigenza culturale di Conte.
Anche se è bene chiarire un punto, che deve essere necessariamente fermo: l’identità di un undici e l’impronta che la panchina garantisce a quest’ultimo non possono essere barattate con la classe di nessuno, ed è a fronte di ciò che la decisione di Conte di non continuare a forzare l’adattamento del danese ai suoi moduli è stata quella più pertinente e costruttiva. Ma come spesso accade a chi tratta il pallone al pari di una supernova d’emozioni – ed Eriksen è fra quelli -, e non riducendolo ad un semplice accessorio con cui ingrassare portafogli e capitali, occorre poco perché la storia di una stagione e magari di una carriera cambi verso e senso.
Basta riguardarsi l’arcobaleno di gioia della punizione spacca Derby della scorsa settimana e riascoltare le urla liberatorie ed affiatate di Eriksen e dei compagni, successive al gonfiarsi di quella rete: un momento che tutti, dalla Pinetina al ghetto più remoto del mondo nerazzurro, sognavano e volevano, affinché il biondo dal nordico sguardo glaciale e dall’acquisito aplomb britannico esorcizzasse definitivamente i demoni della inadeguatezza che ne avevano importunato l’approdo a Milano.
Ed ora è pensiero diffuso che anche la disposizione in campo non sia più una ragione di imbarazzo, per l’ex Tottenham in primis e per Conte in rapida successione: se l’impiego dietro le punte è parso non idoneo alle norme di aggressività e di spinta che l’allenatore pretende dagli interpreti del ruolo, così come un suo allineamento verso l’asse centrale non ha sconfinferato più di tanto, i compiti da regista e manovratore assegnategli nell’ultima uscita contro il Benevento sono stati ben eseguiti e lasciano intendere che Eriksen sappia svolgerli magistralmente.
Pur se agevolato dai ritmi blandi dei campani, il danese è stato in grado di non far rimpiangere Brozovic, che è tornato ad essere luce nel cuore delle geometrie nerazzurre. Proprio per il croato questa rigenerazione del fenomeno di Middelfart potrebbe rivelarsi decisiva per la creazione di un’alternativa, in quanto incasellarla nell’ottica di un dualismo fra i due diventerebbe stucchevole e fuori luogo.
Gli impegni topici incalzano e la tensione aumenta: affrontarli con un Eriksen in più che si immedesimi bivalentemente in opzione e soluzione, sarebbe il massimo. E siamo certi lo sarà.
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