FOCUS – La stoffa del Comandante: come Felipe Melo ha conquistato l’Inter
“Il 2 agosto Felipe Melo diventerà un nuovo giocatore dell’Inter“. È stata questa, fino all’inizio dell’ultimo mese di calciomercato, la frase più utilizzata da tanti esperti di mercato riguardo al matrimonio tra la Beneamata e l’allora centrocampista centrale del Galatasaray. Sembrava una verità assoluta, tanto che buona parte dei tifosi, inizialmente contraria al suo arrivo, iniziava quasi a festeggiare quando, […]“Il 2 agosto Felipe Melo diventerà un nuovo giocatore dell’Inter“. È stata questa, fino all’inizio dell’ultimo mese di calciomercato, la frase più utilizzata da tanti esperti di mercato riguardo al matrimonio tra la Beneamata e l’allora centrocampista centrale del Galatasaray. Sembrava una verità assoluta, tanto che buona parte dei tifosi, inizialmente contraria al suo arrivo, iniziava quasi a festeggiare quando, alle 00.01 del 3 agosto il brasiliano si trovava ancora in Turchia. Molti, come chi scrive, non ritenevano quello di Melo un innesto necessario, probabilmente ricordando la brutta copia di Felipe nelle sciagurate stagione 2009-2010 e 2010-2011 della Juventus. Il problema, classico, è che spesso si tende a parlare senza sapere, a giudicare ancora prima di vedere e – peccato più grave – a non fidarsi di chi, come Roberto Mancini, ne sa più di noi. Il tecnico nerazzurro ha insistito con la società per essere accontentato con l’ingaggio del centrocampista che ben conosceva, avendolo allenato al Galatasaray, destando la sorpresa di tanti, ma non di tutti. Chi, infatti, segue il calcio turco ha sempre sostenuto la candidatura di Felipe Melo come nuovo fulcro del centrocampo nerazzurro, così come ha sempre ritenuto pronto per vestire la maglia nerazzurra Alex Telles, che ben sta figurando nelle sue prime apparizioni.
“F.C. Internazionale comunica di aver raggiunto un accordo con il Galatasaray per il trasferimento a titolo definitivo del centrocampista brasiliano Felipe Melo“. Così, dopo ventinove giorni da quel 2 agosto, dimostratosi un fuoco di paglia, il centrocampista trentaduenne passa dal Galatasaray all’Inter, per l’immensa felicità di Roberto Mancini. E il tecnico jesino non si fa problemi di nessun genere, facendo partire dal primo minuto il brasiliano addirittura nel Derby contro il Milan. Nemmeno Melo sembra porsi problemi, prendendo immediatamente in mano il centrocampo e, di più, agendo già da leader indiscusso, come se da anni bazzicasse nello spogliatoio nerazzurro. Oltre alla sua maturità tattica e a dei piedi che, per la sorpresa di molti, non dispiacciono assolutamente, è anche questo uno dei motivi per cui Mancini insisteva per averlo nella sua squadra. Non sono rari, già dalle prime partite disputate, fotogrammi di Felipe che incoraggia i compagni, spiega loro come muoversi e suona la carica alla squadra.
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Sbagliato pensare che Melo sia solo uno smistatore di palloni. Chi lo immaginava come una copia di Medel
ha dovuto ricredersi, in quanto non disdegna il gioco in verticale, quando possibile e utile per la squadra.
Certo, per potersi permettere questo ruolo e agire da vero leader, occorre che il personaggio in questione sia il primo a dimostrarsi irreprensibile in campo, quantomeno per la grinta e la dedizione alla causa. Anche in questo, Felipe Melo ha dimostrato di potersi permettere tale ruolo, leggermente macchiato dai due gialli nelle prime tre apparizioni ufficiali. Attenzione, però: credere a chi dipinge, su carta stampata, l’immagine di un Felipe Melo cattivo, che interviene sull’avversario per fare del male, dovrebbe essere consapevole di andar dicendo fesserie. Se il Comandante – legittimato ad autodefinirsi tale proprio per le sue doti, di cui sopra – commette un intervento ruvido, lo fa per necessità o, alla peggio, per eccesso di foga agonistica. Riguardando, ad esempio, l’intervento su Pazzini, appare chiaro come il centrocampista brasiliano stia provando a fermare l’italiano con il fisico, salvo poi perdere l’equilibrio e cadere sul suo piede. Oppure, tornando al suo esordio in Inter-Milan, è palese come il cartellino giallo rimediato per fallo su Balotelli arrivi da una situazione in cui Felipe cerca il pallone, riuscendo anche a colpire più la sfera che la punta del piede di Mario, il quale – e ha sempre fatto così – cade al minimo tocco, riuscendo a far ammonire un avversario che, con un altro nome e contro un altro giocatore, probabilmente non avrebbe ricevuto il cartellino.
Dal secondo replay è evidente il tocco del pallone, che non può prescindere da quello della punta
del piede di Balotelli, ma non si può dire che il fallo sia manifesto di cattiveria o voglia di fare male.
Per quanto riguarda i cartellini rossi, Felipe Melo ne ha collezionati cinque in quattro anni in Turchia, tra campionato e coppe, di cui soltanto due diretti e tre per somma di ammonizioni. Sicuramente un aspetto su cui migliorare, ma già l’ultima stagione al Galatasaray lo ha visto macchiarsi di una sola espulsione, nella Coppa di Turchia, per somma di ammonizioni. Un dato ancora più interessante, che fa da cornice positiva al difetto delle ammonizioni è quello sugli errori difensivi: leggendo il suo profilo su Squawka.com, si nota che il centrocampista brasiliano ha completato 20 azioni difensive (tra palle intercettate, giocatori fermati e palloni spazzati o portati fuori dalla zona di percolo), commettendo invece zero errori in difesa, a dimostrazione dell’utilità tattica dei falli che commette, oltre che della sua attitudine ala copertura e ad una discreta capacità nell’uno contro uno.
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Uno contro uno con Pazzini in Inter-Verona: Felipe Melo temporeggia alla perfezione e allunga la gamba
nel momento migliore, spiazzando l’attaccante e portandogli via la palla in maniera pulita ed elegante.
In conclusione, occorre ammettere che, così come non bastano tre giornate per bocciare un giocatore che inizia male la propria avventura con una nuova maglia, tale lasso di tempo non può essere sufficiente nemmeno per eleggerne a salvatore della patria un altro. Per il momento, però, possiamo goderci un leader assoluto, un calciatore intelligente e carismatico, con il solo neo di qualche cartellino di troppo (in parte giustificato), che si candida a diventare idolo dei tifosi anche per le risposte fuori dal campo. Sperando in un’Inter sempre aggressiva, cinica e intelligente nella gestione delle gare, proprio come il suo nuovo Comandante.