FOCUS – Ci vuole pazienza
di Michele Femminella.
Crea e disfa, costruisce e poi smantella: così a primo acchito potrebbe apparire il contraddittorio lavoro svolto in questo inizio di stagione da Andrea Stramaccioni, tecnico giovane (troppo secondo alcuni) che deve con ogni evidenza trovare ancora un proprio personale assetto stabile e organico all’idea di calcio che dovrebbe poi trasfondere alla sua Inter, evidenza testimoniata dai frequenti ribaltoni tattici che il nostro ha operato in queste prime settimane di calcio giocato; difatti se a detta di molti i moduli e i numeri che li compongono contano poco, in realtà piazzare sul terreno di gioco una squadra con la difesa a quattro piuttosto che a tre può significare stravolgere completamente l’intero sistema di gioco, con esiti difficilmente prevedibili a priori. In tal senso questa operazione pare essere riuscita almeno in parte al tecnico romano nella gara infrasettimanale contro il Chievo, in cui l’obiettivo ?solidità ed equilibrio? è stato parzialmente raggiunto, ma dove si sono al contempo evidenziate carenze fin troppo evidenti in fase di costruzione e finalizzazione della manovra d?attacco.
Via libera dunque ai detrattori dello Strama che, anche dopo una vittoria importante perché raggiunta su di un campo pur sempre complicato e perché foriera di tre punti che magicamente rilanciano l’Inter tra le pretendenti a posizioni importanti di classifica, hanno trovato abbondante acqua da portare ai mulini della critica a prescindere al tecnico e che, pur ancora non chiedendo a gran voce un cambio sulla panchina dell’Inter, mormorano nell’ombra attendendo come una sorta di liberazione il momento del paventato tracollo del romano.
Da parte sua mister Stramaccioni tra le tante virate tattiche cui sta sottoponendo la propria rosa dice di aver finalmente, con la difesa a tre, trovato il giusto compromesso tra offensività e solidità difensiva, e giura eterno amore al nuovo di zecca 3-5-2. I tifosi nerazzurri non possono che sperare in riscontri concreti di tali affermazioni ottimistiche, ma in realtà di lavoro da fare con questo modulo e con i suoi automatismi ne resta ancora tantissimo e d?altronde non c’è nemmeno troppo da stupirsene se è pur vero che un allenatore in quanto tale esiste ed è pagato anche e soprattutto per questo genere di cose.
Nel frattempo chi sotto sotto invoca un nome più altisonante per la panchina nerazzurra (o addirittura rimpiange Benitez) è probabile che non smetterà di criticare il tecnico e il gioco (non sempre eccezionale è pur vero) espresso dalla Beneamata, dimenticando però diversi aspetti: che, tanto per dirne una, è innanzitutto sbagliato paragonare questa Inter a questa Juventus. I bianconeri hanno impiegato anni per tornare a vincere qualcosa dopo le vicende legate a Calciopoli, e lo stesso Conte già dalla scorsa stagione ha avuto a disposizione una rosa molto competitiva e solo in minima parte strutturata su di un progetto mirato a rinverdire la squadra sotto il profilo dell’età (la carta d’identità di Pirlo dice qualcosa?). E proprio parlando di giovani è da tenere in considerazione che il programma di ringiovanimento della rosa perpetrato dalla società nerazzurra oltre ad abbassare l’età media della squadra ha provveduto a ridimensionare e di parecchio il monte ingaggi, obiettiv di non poco conto di questi tempi. Ciò si traduce in una squadra stravolta rispetto al ciclo vincente della grande Inter mourinhana, ancora con tante incognite, in attesa di essere plasmata in un corpo unico e armonico ma al contempo con prospettive di miglioramento molto interessanti.
La crescita dell’Inter in questo momento passa per quella di Stramaccioni, i due aspetti ora non sembrano scindibili: il fatto è che quando si cerca di risalire, quando non si è più al sicuro e stabili sulla vetta, il rischio di qualche scivolone è dietro l’angolo, e con un percorso non già segnato alle proprie spalle, ma al contrario in gran parte ancora da percorrere, è piuttosto scontato se non necessario ed utile prendere in considerazione strada facendo l’opportunità di cambiare qualcosa, di rivedere i propri piani di partenza, senza per questo considerare fallimentare o impropria l’idea di base che sorregge un progetto per molti aspetti innovativo e in divenire.
D?altronde cambiare in corsa significa rendersi conto dei propri errori ma al contempo avere il coraggio e l’intelligenza di porvi rimedio, anche se nel farlo si è inesorabilmente esposti a critiche. Stramaccioni finora ha creato e disfatto, costruito e poi smantellato, ma ha dalla sua il fatto che è all’inizio del proprio percorso, che la stessa Inter, come società e come squadra, ne ha appena intrapreso uno quasi del tutto inedito. E quando una storia è ancora tutta da scrivere, il minimo che può capitare per chi scrive è buttare nel cestino un bel po’ di fogli di carta, pieni di errori, sviste, brutture ma ognuno anche portatore di un tassello di preziosa esperienza in più. D?altra parte si sa: che si tratti di un romanzo, di una storia, di un progetto o di un allenatore, quando tutto ciò è ancora ?in erba?, muove i primi insicuri passi ma contemporaneamente mostra incoraggianti margini di miglioramento, l’unico atteggiamento costruttivo è pur sempre quello quello che invoca pazienza. Di questo sì, bisogna farsene una ragione.