FOCUS – Forti e giovani, anzi giovanissimi
Due successi in due giorni, prima l’Inter Primavera che trionfa nella Viareggio Cup e poi i Giovanissimi che si impongono addirittura 6 a 1 contro la Juventus (si proprio lei) e alzano la Coppa Carnevale a Gallipoli. Due vittorie da non sottovalutare, belle, anzi bellissime.
I giovani nerazzurri sono già noti al grande pubblico, causa infortuni e per merito di Roberto Mancini, uno che crede molto nei ragazzi, che rischia, che lancia sul grande palcoscenico giocatori acerbi cercando di valorizzare al meglio il proprio capitale in rosa. Puscas è con la prima squadra ormai stabilmente, Bonazzoli, autore di uno dei due gol dell’Inter nella finale contro il Verona, passerà alla Sampdoria da luglio, con il diritto di recompra in favore dei nerazzurri. Ceduto sì ma monitorato con grande attenzione, baby fenomeno di una squadra che sforna talenti da anni.
Vince tanto la Primavera, vincono tanto i Giovanissimi, i giocatori del domani e, siamo sicuri, gongola Thohir perché un progetto efficace parte dal basso e si basa su solide fondamenta. Una squadra in difficoltà economiche. per il periodo di crisi che sta attraversando il calcio italiano in genere, deve “fabbricarsi” da sola i propri campioni. Scovare i migliori talenti sin da piccini mettendo in moto la propria rete di osservatori è a dir poco decisivo per poter competere con i mostri fabbricamilioni europei.
Siano “neri” o siano bianchi questo poco importa, con buona pace di Arrigo Sacchi e della sua uscita infelice. Guarda caso Gyamfi, che regala sul finale il successo ai nerazzurri, è di colore e fa compagnia a tanti altri giocatori, italiani e stranieri. Se c’è del talento anche da altre parti del mondo, o se ormai, nel 2015, nascono persone di colore italiane al 100%, è naturale che una Primavera possa avere una percentuale di stranieri e la frase: “Siamo l’Internazionale, lo abbiamo nel Dna”, si badi bene, non è retorica o buttata lì tanto per.
Se sei italiano e sei forte giochi nell’Inter, se sei straniero e sei forte, contano il tuo comportamento e i tuoi piedi e non il tuo colore. La risposta a Sacchi come al solito l’ha data il campo, l’unione di un grande gruppo di giovani che vince e si diverte.
Il problema semmai è un altro ed è su quello che l’Inter e l’Italia intera devono lavorare: i giovani non hanno spesso tempo e spazio per potersi esprimere. Francobollati alla prima uscita in campionato come scarsi o forti a seconda di un passaggio sbagliato o di una giocata riuscita, sono subito messi con le spalle al muro, devono subito dimostrare tanto perché non avranno altre grandi opportunità. Il calcio è anche questo, interessi, fretta, risultati e smania di prevalere, la parola programmazione è difficile da deglutire e non si sposa con le ambizioni di una grande squadra, ma se hai un meccanismo ben oliato, dalla base delle Giovanili alla Prima squadra, se osi anche solo per un periodo, il tutto poi verrà naturale.
Tanti grandi giocatori sono passati dalla Primavera dell’Inter, tanti sono stati “bruciati” alla prima a San Siro, dalle poche apparizioni, dalla scarsa fiducia. Molti hanno subito i fischi dello stadio al primo errore, non hanno avuto a disposizione la prova di appello e sono stati bocciati dalla volontà popolare. Nei momenti bui di un giovane bisogna dare il massimo supporto, per la fragilità connaturata all’età e allo sviluppo e invece spesso si è preferito sacrificare un giocatore dal buon potenziale per un 1-0 da conquistare subito.
Questa è la mentalità che va cambiata, perché chi semina raccoglie, dopo dieci giorni magari avrà di che sfamarsi per un mese ma per sfamarsi una vita dovrà aspettare più a lungo e coltivare con maggiore cura e attesa i propri semi.