FOCUS – In buone mani: la solitudine di un numero primo
Focus Handanovic: in buone mani, comunque vada.
“La vita è fatta di piccole solitudini, quella del portiere di più“. Cosi Fabien Barthez, storico portiere francese protagonista di mille battaglie tra la propria nazionale e quella italiana, descrive il ruolo più difficile e per certi versi affascinante del ruolo del calcio.
Samir Handanovic ha lo sguardo di chi, nella solitudine pare trovare il proprio habitat naturale: 193 centimetri di roccia, neanche fosse un golem, sguardo glaciale, penetrante, fonte di sicurezza per i compagni e di timore per gli avversari. Lo sloveno sembra anche caratterialmente essere l’opposto del calciatore divo, lampadato e dal ciuffo ossigenato: talmente dedito all’arte del lavoro e della fatica sul campo da richiedere ai vertici nerazzurri di poter portare con sè il proprio preparatore ai tempi di Udine, quell’Adriano Bonaiuti divenuto un vero e proprio padre sportivo capace di seguire Samir nella sua costante e mai doma crescita sportiva. Dal Nogometni klub Domzale alla TOP 5 mondiale, più che un salto un’arrampicata sportiva su roccia.
D’altronde, quando difendi con costanza la porta di una squadra che negli ultimi due anni ha palesato evidenti limiti difensivi, è fisiologicamente impossibile non attirare gli sguardi dei principali club europei, costantemente alla ricerca di un elemento in grado di ricoprire un ruolo talmente delicato da poter contare sulle dita di una mano i pochi grandi e perfetti interpreti del vecchio continente. Thohir, da uomo d’affari ma anche da uomo sagace e lungimirante, pone il veto sulla cessione del numero uno, almeno per la prossima stagione, salvo clamorose offerte mai giunte negli uffici presidenziali. Il tycoon decide di ripartire dal proprio portiere, capo di un’ossatura che pian piano prende vita dalle proprie ceneri dopo la fine del ciclo Triplete, custodito gelosamente dai balzi felini di un altro estremo difensore storico nerazzurro, il brasiliano Julio Cesar.
Interessante è proprio il momento del passaggio di testimone tra i due: la rifondazione societaria impone una drastica riduzione del monte ingaggi, e la non più giovanissima età dell’ex Flamengo e l’esoso stipendio spingono gli uomini mercato nerazzurri a puntare sul più giovane e meno caro Handanovic. La pesante consegna della maglia numero uno, che pare imbottita di piombo, genera non pochi malumori tra i tifosi: i più scettici infatti, reputano lo sloveno un’incognita, una scommessa sportiva da non perdere visto l’importante ruolo e la già avanzata età dell’allora numero dodici Luca Castellazzi, non totalmente adatto a sostituire definitivamente il brasiliano in caso di annus horribilis del portiere di Lubiana. Anno orribile però non fu, ed il portierone ex Udinese conquistò tutti a suon di parate stratosferiche. Alcune partite Handanovic decise proprio di metterle in cassaforte tra i propri giganteschi guantoni: epiche rimarranno le parate su Balotelli in un derby e quelle nel caldissimo match di Genova contro la Sampdoria, dove parò pure un calcio di rigore al ferito Maxi Lopez. Già, i calci di rigore, la specialità del portierone nerazzurro: capace di ipnotizzare parecchi attaccanti del nostro campionato con un particolare metodo che lui stesso definisce “segreto”, vanta ben 21 rigori parati su 51 calciati contro la sua porta, numeri incredibili, per chi almeno una volta ha potuto testare dal vivo il quoziente di difficoltà presente nel respingere una conclusione dagli 11 metri. Nell’ultima stagione appena conclusa, le vittime dei guanti di Samir sono state ben tre: per primo Goran Pandev in un Napoli – Inter vinto comunque dai padroni di casa, secondo a farsi ipnotizzare è stato appunto il già citato Maxi Lopez e ultimo, non per ordine di importanza (anzi parliamo uno dei migliori rigoristi del campionato n.d.r.) l’ex compagno Antonio Cassano.
Altro aspetto impressionante dell’estremo difensore nerazzurro è legato all’incredibile completezza e all’assenza di veri e propri punti deboli: bravo sia nelle uscite alte che in quelle basse, tanto tra i pali quanto sui calci piazzati, abile con i piedi e coraggioso, un portiere quasi perfetto. Come ogni portiere che si rispetti, arriva qualche momento buio, capace di contraddistinguere e macchiare parzialmente il cammino di Samir durante la scorsa stagione: pesa infatti l’errore casalingo contro Parma e qualche disattenzione generica in più partite a cavallo tra febbraio e le prime gare di aprile. Handanovic, nemmeno a dirlo, si rialza, più forte che mai, pronto a riprendersi quell’Inter che dei suoi voli ha bisogno come il pane, e mostra la sua totale ripresa negli ultimi incontri del campionato, dove riprende ad erigersi come muro vivente dinanzi alle sortite offensive avversarie.
Ormai trentenne, il portiere della nazionale slovena è pronto a prendere per mano i compagni e portarli verso le vette che meritano i colori nerazzurri, sperando di poter vivere al meglio la propria solitudine in area di rigore, perché si sa, i numeri uno come Samir, riescono a dare il meglio da soli.