FOCUS – Il gelo ferma l’Italia, la morte l’Egitto
E’ finito il calciomercato, tempo di bilanci, aspettative, sogni infranti e ambizioni che si riaccendono. Dopo un mese di trattative l’Inter delle grandi spese è ufficialmente andata in pensione, e ciò che rimane è una squadra pressochè invariata con gli innesti del giovane brasiliano Juan Jesus, non incluso nemmeno in lista Champions, il veloce ma infortunato Guarìn e il regista italiano Palombo, chiamato a sostituire il partente Thiago Motta attratto sicuramente dal progetto degli sceicchi del PSG.
GIOCATORI NUOVI, VECCHI PROBLEMI – Guarìn resta una bella scommessa perchè, se torna il giocatore della scorsa stagione, l’Inter ha davvero fatto il colpo del mercato invernale. Juan arriva in un momento dove quasi tutti i giovani della rosa dell’Inter rischiavano di fare le valigie. Castaignos è rimasto per motivi ignoti, tanto che non è stato inserito in lista Champions, Coutinho è emigrato in Spagna per non perdere la convocazione in nazionale per le Olimpiadi di Londra e Alvarez sembra essere l’unico ad essersi guadagnato la fiducia di Ranieri. L’allenatore romano sembrava aver risollevato le sorti di una stagione partita in modo tragico. Ottimo stratega, si era detto, arriva la fine del calcio mercato che per i buoni risultati ottenuti ha convinto Moratti a rimanere fedele al suo progetto di Fair play finanziario. Ed ecco che qualcosa si è rotto, il freddo ha scosso le idee del mister che contro il Lecce spegne la luce della sua squadra sostituendo a metà gara Sneijder per Alvarez che non è ancora ai livelli dell’olandese. Passano 3 giorni ed ecco l’assenza di Samuel, in tribuna, Ranocchia in campo 90 minuti, e ancora cambi inauditi. Sostituito di nuovo Sneijder per Obi, e Milito, autore di un poker epico, con uno svogliato Zarate (la sua faccia prima di entrare in campo diceva già molto di come avrebbe giocato i 10 minuti a disposizione). E così le vittorie si sono interrotte per una sconfitta (la prima del Lecce in casa) e il primo risultato utile del Palermo a San Siro dopo anni e anni.
GELO E MORTE – C’è da dire che Palombo, entrato nel secondo tempo, ha dato il là per il gol del momentaneo 4-3, e col tempo potrebbe davvero diventare importante per la causa nerazzurra. Ma il pareggio di ieri ha riportato i nervi dei tifosi piuttosto tesi. Critiche, anche piuttosto aspre, hanno portato addirittura il capitano Javier Zanetti a zittire un tifoso, che non aveva niente di meglio da fare che insultare un giocatore nerazzurro. Il calcio è una fucina di emozioni, crea legami inscindibili, patti di sangue per la propria squadra e spesso diventa una vera e propria fede. La fama e l’importanza di tale avvenimento l’ha spesso portato a diventare più di uno sport. Socrates utilizzava il suo calcio per diffondere un ideale democratico nel suo paese dilaniato dalla guerra, oggi il Barcellona, squadra più vincente al mondo, porta l’Unicef come sponsor sulla maglia. La partita di San Siro ha messo in mostra la difficoltà di gestire una partita con un le precipitazioni nevose che hanno coinvolto tutto il bel paese. La FIGC è ora alle prese con proposte che non facciano perdere la domenica calcistica ai tifosi, soprattutto quelli a casa sui divani abbonati a uno dei pacchetti proposti per i decoder digitali o satellitari. Quello italiano non è però l’unico campionato che rischia lo stop: anche l’Egitto rischia una sospensione ma purtroppo non è a causa della neve. Ancora una volta il calcio ha fatto parlare di sè non per i suoi contenuti sportivi. Una partita di pallone si è trasformata in battaglia, e gli spogliatoi in obitori. Il campo vedeva sfidarsi l’Al Ahli, squadra del Cairo, e l’Al-Masri, che ha visto vincere gli ospiti per 3-1. Durante la partita, iniziata in un clima tranquillo, ogni rete era seguita da invasioni di campo, con l’epilogo finale che ha visto la squadra di casa scappare dai suoi stessi tifosi, trovando nella porta degli spogliatoi l’unico rifugio sicuro. Da lì in poi è stata guerra: contro i tifosi avversari, contro la polizia. Morte, fuoco, rabbia, disonore per uno sport e per un popolo fin troppo dilaniato dalla guerra. Le forze dell’ordine ci vedono una rivolta politica, uno scontro che esula dal calcio e che vede una rivolta di quelli che sono i sostenitori dell’ex guida dell’Egitto Mubarak. Intanto la federazione egiziana ha sospeso i campionati e i giocatori vivono momenti di terrore, come Fabio Junior che ai microfoni di Sporttv ha detto che “Penso che il calcio in Egitto chiudera’ per questa violenza, per la mancanza di sicurezza negli stadi. I tifosi qui sono fanatici, ma non come in Brasile, dove c’e’ violenza, ma non ci sono tanti morti come qui. La gente qui aggredisce per uccidere. Ho avuto paura, ho pensato soprattutto alla mia famiglia. Grazie a Dio non mi e’ successo nulla. Noi giocatori eravamo negli spogliatoi con i tifosi che volevano entrare. A volte ho paura di vivere in un paese come questo, e se le cose continuano cosi’, e’ meglio tornare in Brasile. Ho scelto di venire qui per dare un futuro migliore alla mia famiglia, ma non posso vivere con questa violenza. Ho intenzione di tornare in Portogallo o in Brasile.” All’alba del terzo millennio la civiltà ha ancora molto lavoro da fare per potersi davvero definire tale, troppa gente muore per quello che è, resta, e sempre sarà, uno sport. Lo sport è divertimento, è gioia, dolore per la sconfitta, felicità per la vittoria, è sfottò con gli amici delle altre squadre, è ambizione, è amicizia e rivalità. Per alcuni può anche essere la vita, un mestiere, ma per nessuno dovrebbe essere morte.