FOCUS – Inter, la storia si ripete ?
Mancano quattro giornate alla fine di questo torneo logorante per noi tifosi nerazzurri. Quattro giornate da vivere con ansia, una compagna di viaggio abitudinaria per noi interisti. La speranza di un posto in Europa League si mescola al terrore che quell’ impegno possa farci ripetere una stagione come questa. Divisi, insomma, tra la speranza di agguantare l’ultimo obiettivo rimasto o lasciarsi andare e cancellare il prima possibile un? annata infelice puntando tutto sulla prossima dove, senza impegni europei, mirare al campionato diventerebbe un obbligo.
CORSI E RICORSI STORICI – Per vedere un’ Inter così giù in classifica bisogna tornare indietro di 14 anni. Era il campionato 1998/99 terminato con un ottavo posto sinonimo di fallimento. Strano a dirsi, ma tra questa annata e quella cosi lontana nel tempo sussistono alcune similitudini. Nel 1998 la squadra che iniziava il campionato era l’Inter ferita e segnata dallo scontro Ronaldo-Iuliano, scippata di un titolo che sembrava suo. Poteva essere un anno buono vista la rabbia, la voglia di rivincita. Moratti nel mercato estivo aveva regalato ai tifosi Baggio e Pirlo che insieme al Fenomeno avrebbero dovuto fare la differenza. Dopo 16 giornate (ad 1 giornata dalla fine del girone di andata) l’ Inter era al terzo posto a pari punti col Milan che poi avrebbe vinto lo scudetto. Ma nelle successive 18 giornate i nerazzurri riuscirono a fare 24 punti in meno dei cugini; una situazione, questa, che ricorda l’attuale campionato, che ha visto precipitare la squadra di Stramaccioni proprio nel momento in cui, dopo aver vinto a Torino, sembrava vicina alla vetta. Contrariamente al presente però, la crisi di gioco e risultati del 98-99 portò al cambio continuo di allenatori: si cominciò con Luigi Simoni, che venne cacciato da Moratti stanco di un Inter mai brillante e spesso in difficoltà. Poi arrivò Mircea Lucescu che, dopo il 4-0 di Genova contro la Sampdoria, venne esonerato per affidare la squadra nerazzurra a Luciano Castellini allenatore dei portieri. Bastò una settimana per collezionare una disfatta casalinga con l’Udinese e quindi cedere la panchina a Roy Hodgson. Come ciliegina sulla torta, si riuscì persino a perdere lo spareggio per l’ accesso in Uefa contro il Bologna. Il pesante fallimento dell’ Inter partita come pretendente allo scudetto e finita fuori da tutto provocò una tempesta mediatica. Il Presidente Moratti fu duramente contestato per i vari cambi di allenatore e decise quindi di dare le dimissioni dall’incarico di Presidente a maggio, salvo poi ripensarci e tornare al suo posto a Luglio.
Oggi come allora la società sente il mirino puntato su di sè. Il mercato fallimentare, la gestione bizzarra di alcune cessioni e gli incomprensibili acquisti riportano i vertici a essere imputati ancora una volta della débâcle contemporanea. La precarietà del bilancio forse ha salvato Stramaccioni e risparmiato al pubblico un continuo avvicendarsi di tecnici ad Appiano. Tuttavia speriamo che la storia passata abbia insegnato qualcosa al Presidente, ammettere i propri errori e riconoscere le colpe non è segno di debolezza, ma il primo passo per ricostruire e diventare migliori. L’attuale stagione ha dato dei segnali evidenti sulla rosa, sul tecnico e su quel progetto tanto sbandierato alla stampa quanto invisibile ai tifosi. Dopo Benitez, Leonardo, Gasperini, Ranieri e Stramaccioni, serve un uomo di riferimento in panchina e un cambio di rotta anche sui collaboratori in società. I vari Branca, Fassone e Ausilio sembrano frastornati ed in difficoltà nel lavorare con le attuali ristrettezze economiche. Facile fare mercato quando per disponibilità finanziarie ed appeal mediatico i giocatori ambiscono alla maglia nerazzurra; più difficile farlo ora, dove bisogna trovare talenti economici e calciatori affidabili. E? tempo dell’ennesima rivoluzione in casa Inter, ma questa volta deve partire dall’alto. Vedremo quindi se Moratti dalla storia avrà imparato qualcosa o si limiterà a riscriverla.